giovedì 8 ottobre 2009

Michele Ainis: Lezione alla politica

da la Stampa

8/10/2009

Lezione alla politica





MICHELE AINIS

Lì alla Consulta avranno bisogno di un ombrello. Sentenza politica, ha subito osservato il sottosegretario Bonaiuti. La Corte è ormai al tramonto, non è più un organo di garanzia, risponde a logiche partitiche anziché costituzionali, ha aggiunto di rincalzo il costituzionalista Gasparri. E intanto Bossi, tanto per sedare gli animi, evoca i rumori della piazza. Prima d’avventurarsi in un commento a caldo su questa calda decisione, sarà bene perciò mettere nero su bianco due premesse.

Uno: ogni sentenza di costituzionalità ha carattere politico. Lo capirebbe anche un bambino, dato che le pronunzie costituzionali hanno sempre una legge per oggetto, e dato inoltre che la legge rappresenta il veicolo della decisione politica. Due: non è la piazza a decidere i principi che regolano la nostra convivenza. Se lo Stato di diritto s’affida a un corpo di custodi, è perché la piazza a suo tempo mandò a morte Gesù per salvare Barabba, perché la stessa piazza durante il secolo ventesimo acclamò feroci dittatori, perché insomma le Costituzioni liberali presidiano un sistema di valori, e li sottraggono al dominio delle folle.

Meglio posare l’occhio, dunque, sulle ragioni giuridiche di questa decisione. E sia pure con qualche approssimazione, dato che fin qui ne abbiamo in mano l’osso, non la polpa. Difatti in ogni sentenza - e specialmente in una sentenza di legittimità costituzionale - è la motivazione che illustra gli argomenti di cui si nutre poi il dispositivo. È la motivazione, quindi, il metro di misura che ci consente d’esprimere un giudizio ponderato, una critica, un plauso a mani aperte. Noi però non la conosciamo, perché non è ancora stata scritta. Conosciamo un comunicato di tre righe, che ci informa sull’invalidità del lodo Alfano per contrasto con gli articoli 3 e 138 della Costituzione. Il primo enunzia il principio d’eguaglianza; il secondo detta il procedimento di revisione costituzionale. Che significa questo doppio richiamo?
Significa anzitutto che la Consulta ha respinto soluzioni pasticciate, che molti davano per certe nei corridoi dei palazzi romani.

Dalla prima all’ultima parola
No, il lodo è illegittimo dalla prima all’ultima parola, non c’è spazio per interventi di restauro. Ed è illegittimo non tanto per ciò che dice, bensì per come lo dice. Non perché elargisce una speciale immunità alle maggiori cariche istituzionali del Paese, bensì perché confeziona il dono in una legge ordinaria, anziché in una legge costituzionale. Tale massima si poteva già vedere in controluce nel più diretto antecedente della pronunzia sul lodo Alfano, ovvero la sentenza n. 24 del 2004. Ma averla posta a fondamento di quest’ultima decisione ha un valore straordinario, e per almeno due ragioni.
In primo luogo, perché riafferma il primato del principio d’eguaglianza sulle volubili scelte del legislatore. Le immunità della politica infliggono altrettante deroghe all’eguaglianza di tutti i cittadini, ma la deroga è ammissibile purché sancita dalla Costituzione stessa o da una fonte normativa equipollente. Vale per i parlamentari (art. 68), per i consiglieri regionali (art. 122), per il governo (art. 96), per il Capo dello Stato (art. 90). Solo il procedimento di revisione costituzionale può introdurre un limite alla parità fra i consociati: può farlo perché è un procedimento che coinvolge anche le opposizioni, e perché quando si modificano le regole del gioco devono essere d’accordo tutti i giocatori.

L’insegnamento di Hans Kelsen
Non la sola maggioranza, dunque; o altrimenti non senza interrogare gli elettori attraverso un referendum, come stabilisce per l’appunto l’art. 138 della Carta. Risuona qui, del resto, l’insegnamento di Hans Kelsen, il più grande giurista del Novecento: ogni vizio materiale della legge (derivante dal suo contenuto) è in realtà un vizio formale, dipende dalla scelta della legge ordinaria anziché costituzionale.
E c’è poi una seconda ragione, forse ancora più importante della prima. Gli avvocati del presidente Berlusconi avevano puntato tutte le fiches sull’espansione del suo ruolo in questo torno d’anni: un primus super pares, secondo l’immaginifica espressione di Pecorella. Se dunque nella Costituzione materiale ormai abita un Premier, la Costituzione scritta è diventata carta straccia. E se il Premier ha tutt’altro spessore rispetto ai vecchi presidenti del Consiglio, serve un’immunità tagliata su misura. Ma che cos’è la Costituzione materiale? Una nuvola che cambia forma a ogni soffio di vento, un fantasma che nessuno può toccare con le dita. Rigettando quest’impostazione, la Consulta ha altresì affermato la supremazia della Costituzione scritta, della legge scolpita su tavole di bronzo. E ha infine impartito una lezione - questa sì, non scritta - alla politica: rispettate la Costituzione, o altrimenti correggetela nelle dovute forme.

michele.ainis@uniroma3.it

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