domenica 4 gennaio 2009

L'esercito dei "flessibili"

Da Aprile

L'esercito dei "flessibili"
Red, 03 gennaio 2009, 22:25

Lavoro Alla fine del mese di settembre hanno raggiunto quota 2.812.700. Sono il 12 per cento del totale degli occupati in Italia. Dal 2004 al settembre scorso sono aumentati del 16,9 per cento. Ben 5 volte di più dell'incremento registrato dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che sono cresciuti, nello stesso periodo, del 3,1 per cento. Il Mezzogiorno è la macro area dove sono più numerosi: ben 940.400 pari al 33,4 per cento del totale nazionale. Stiamo parlando dei lavoratori atipici


Sono aumentati del 16,9% dal 2004 a settembre 2008 . Alla fine del mese di settembre hanno raggiunto quota 2.812.700, sono il 12% del totale degli occupati in Italia: sono i lavoratori atipici, più comunemente chiamati "precari", secondo le stime della Cgia di Mestre. Dal 2004 al settembre scorso i precari sono aumentati del 16,9%, 5 volte di più dell'incremento registrato dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che sono cresciuti, nello stesso periodo, del 3,1%.
Il Mezzogiorno è la macro area dove sono più numerosi: ben 940.400 pari al 33,4% del totale nazionale.
La Cgia ha analizzato il mercato del lavoro nazionale concentrando l'attenzione sul mondo dei cosiddetti flessibili costituito da dipendenti a tempo determinato (che include anche gli ex lavoratori interinali), da lavoratori assunti con collaborazioni coordinate e continuative a progetto e da prestatori d'opera occasionali.

A sorpresa è il Sud la ripartizione geografica che ne conta di più. "La maggior presenza di precari al Sud- commenta Giuseppe Bortolussi della CGIA di Mestre - è dovuta al fatto che in quell'area sono più diffuse che altrove le attività stagionali che per loro natura richiedono contratti a tempo determinato come l'agricoltura, il turismo, la ristorazione e il settore alberghiero. Non va nemmeno dimenticato che una buona parte di questi precari sono assunti nel pubblico che nel Mezzogiorno continua ad essere un serbatoio occupazionale ancora molto significativo".

Se i 940.400 precari occupati nel Sud costituiscono il 33,4% del totale nazionale, a Nordovest sono 692.600 (pari al 24,6% del totale), nel Centro 606.000 (21,5%) e nel Nordest 573.700 (20,4%).

L'analisi della CGIA di Mestre si è soffermata anche sull'orario medio settimanale di alcune di queste figure. Se un co.co.pro.
mediamente ogni settimana lavora 31 ore, un prestatore d'opera occasionale è occupato per 23, contro una media settimanale di un operaio assunto a tempo indeterminato pari a 37 e di un impiegato sempre con il posto fisso pari a 35.

"La cosa interessante - conclude Bortolussi - è che tra gli impiegati e gli operai con un posto di lavoro stabile oltre il 50%, cioè 7.669.000 occupati su un totale di 15.181.000, lavora effettivamente più di 40 ore settimanali contro una media delle due categorie messe assieme pari a 36. Almeno in linea teorica ci sono le condizioni, per alcuni settori produttivi, di ragionare sull'ipotesi di introdurre la settimana corta in funzione anti-crisi".


"I dati della Cgia di Mestre confermano l'emergenza precarietà e indicano un aumento, negli anni, di questa forma di lavoro. Questo problema è stato al centro delle politiche del mercato del lavoro del governo Prodi". Lo dice Cesare Damiano, vice ministro del Lavoro nel governo ombra del Pd in una nota osservando che "non a caso lo sconto sul costo del lavoro, la cosiddetta diminuzione del cuneo fiscale che produce risparmi strutturali pari a 5 miliardi di euro su base annua a vantaggio delle imprese, agisce come incentivo esclusivo per il lavoro a tempo indeterminato". Lo stesso significato era legato, spiega, "alla scelta del credito d'imposta per l'incremento del lavoro femminile nelle aree svantaggiate, soprattutto nel mezzogiorno. Queste iniziative - accusa - sono state contraddette dalle scelte del governo Berlusconi che ha nuovamente allargato il ventaglio dei lavori flessibili e non applicato il credito d'imposta. Oggi, di fronte alla crisi, si pone il problema di estendere gli ammortizzatori sociali alle piccole imprese e al lavoro precario".

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