domenica 11 gennaio 2009

Pier Paolo Pecchiari: le idee non sono in saldo!

... Ed è per questo che fare acquisti in libreria oggi mi ha alleggerito il portafoglio.
Ma credo ne valesse la pena, perciò vi segnalo le cose che leggerò. Questa segnalazione, beninteso, non è scritta per fare sfoggio di cultura, ma per verificare se qualcuno è interessato a discutere di democrazia partecipata, o ha conoscenza diretta di esperienze di democrazia partecipativa.
E per avviare una discussione sul tema - anche se immagino già il disinteresse e il fastidio che proveranno i guardiani dell'ortodossia partitica, quanti vedono nella critica ai partiti una minaccia alle loro (spesso mal riposte) ambizioni, e quanti a letture "impegnate" preferiscono la divinazione di elenchi di presunti iscritti, operazione essenziale per la preparazione di eventi quali l'assemblea condominiale o il congresso di un partito.

Da estremista, peraltro, osservo che l'appello di Volpedo - che auspica il superamento dei partiti nazionali in favore di un soggetto politico transnazionale - non può dirsi "completo" se non definiamo gli strumenti e le finalità dell'azione politica svolta a livello locale.
Il tema è scabroso, perché riguarda il rapporto tra realtà di base - in genere poco inclini a farsi mettere la briglia - e quelli che dovrebbero esserne i partiti politici di riferimento.
Personalmente, però, ritengo che i partiti organizzati gerarchicamente e dominati da burocrazie professionali o semi-professionali abbiano fatto il loro tempo. Non è più possibile rispondere alle esigenze di una società "liquida" con la farraginosità di strutture cristallizzate.

Ha ragione Pierfranco Pellizzetti (del cui lavoro "La quarta via", tanto per cambiare, darò una lettura estremista): i partiti oggi sono contenitori vuoti, e le burocrazie di partito sono come il clero di una divinità da tempo defunta, le cui litanie e liturgie mascherano il vuoto più assoluto di ideali e, soprattutto, di idee e progetti che rispondano con coraggio e immaginazione alle sfide del nostro tempo.

Immagino invece che possano essere molto più efficaci nella battaglia politica e nel restituire un senso alla partecipazione attiva alla vita democratica del Paese delle reti di soggetti, ciascuno specializzato nell'operare in uno specifico ambito o su un singolo tema, che uniscono i loro sforzi per raggiungere un obiettivo comune, limitatamente ad un'orizzonte temporale di breve o medio periodo. Se volessimo usare il linguaggio dell'organizzazione aziendale potremmo parlare di strutture a matrice, o di strutture ad hoc che operano per progetti.

Per queste ragioni ritengo che i temi trattati in questi testi siano di estremo interesse.

Tra l'altro il Rosselli sta mettendo in cantiere un'iniziativa proprio sulla democrazia partecipata, per cui qualunque osservazione o suggerimento sul tema sarà molto apprezzato.



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"Dopo la Politica" - a cura di Duccio Zola, Edizioni dell'Asino.
Crisi della politica e futuro della democrazia come partecipazione. L'analisi del declino del sistema della rappresentanza e dei partiti alla luce degli scenari possibili di riforma della politica e del ruolo delle minoranze attive per il cambiamento. Il libro contiene numerosi interventi tra cui quello del filosofo tedesco Jurgen Habermas sul rapporto tra politica e disobbedienza civile, di Luigi Bobbio sulle virtù del sorteggio, di Carlo Donolo sulle aspettative deluse della democrazia rappresentativa, del politologo tedesco Ekkehart Krippendorff su come far politica "senza essere governati", di Giuseppe Cotturri sul rapporto tra politica e sussidiarietà, dì Giulio Marcon sul rapporto tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa e infine un contributo dì Donatella Della Porta sul ruolo dei movimenti sociali nella costruzione di una nuova politica dal basso.


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Paolo Michelotto - "Democrazia dei cittadini" - Troll libri
Un viaggio tra gli esempi di democrazia diretta e partecipativa che si sono sviluppati e che funzionano con successo ne mondo: la democrazia diretta in Svizzera, la democrazia diretta in California e in 23 stati degli USA, lo strumento della revoca degli eletti in Svizzera, USA, Venezuela e Colombia, le assemblee cittadine (Town Meeting) delle piccole città della costa est degl USA, l'introduzione della democrazia diretta in Baviera nel 1995 ad opera dei cittadini, l'introduzione della democrazia diretta ad Amburgo, l'acquisizione da parte dei cittadini delle reti elettriche tramite referendum nella città di Schoenau, la scrittura ex-novo di uno statuto comunale da parte dei cittadini a Chelsea (USA), la lunga marcia di Iniziativa per Più Democrazia di Bolzano per realizzare una legge sulla democrazia diretta efficace, il referendum autogestito della Val Pusteria, i referendum per abolire il quorum dai referendum a Rovereto e a Vicenza, la storia e il funzionamento del Bilancio Partecipativo, come realizzare un PRG con la partecipazione dei cittadini, la legge sulla partecipazione della Regione Toscana, il Debat Public sulle grandi opere in Francia, il Dialogo con la Città di Perth, le caratteristiche innovative del voto postale e del voto elettronico, i sistemi per coinvolgere i cittadini nelle scelte con metodi deliberativi, l'assemblea dei cittadini per la riforma elettorale del British Columbia (Canada), le innovazioni nelle consultazioni, le giurie dei cittadini, i sondaggi informati, le consensus conferences, le barriere alla partecipazione effettiva, i difetti della democrazia rappresentativa.


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E infine un testo illuminante: Drew Westen, "La mente politica". L'autore è uno psicologo , ma è anche consulente elettorale del partito democratico. Forse riusciremo a spiegarci fenomeni come Veltroni e Berlusconi (una storia di successo la seconda, una storia penosa la prima).
Le note dell'editore spiegano: "Drew Westen non ha dubbi: da sempre democratici e progressisti parlano alla parte sbagliata del cervello. Mentre repubblicani e conservatori sanno, fin dai tempi di Nixon, che la politica è soprattutto una "questione di racconto". L'idea della mente dell'elettore che decide come un freddo calcolatore, scegliendo sulla base di dati razionali, non coincide con il modo in cui lavora davvero il cervello. In politica, quando ragione ed emozione si scontrano, immancabilmente è l'emozione a uscirne vittoriosa. Per questo le elezioni vengono decise al "mercato delle emozioni", uno spazio dove si negoziano valori, immagini, analogie, convinzioni morali e performance retoriche, dove alla logica è riservato solo un ruolo secondario. Non si eleggono i leader in base alla valutazione razionale dei programmi, ma si scelgono ponendosi domande di carattere esclusivamente emotivo: "Cosa provo verso un partito?"; "Quali sono le mie impressioni sulle sue qualità personali?"; "Che sentimenti provo verso le sue posizioni?". I consiglieri di Bush l'hanno capito perfettamente e l'hanno proposto come baluardo nella lotta al terrorismo e a difesa dei cittadini quando, a partire dal 2001, il popolo americano è precipitato nell'ossessione per la minaccia alla sicurezza nazionale. Un viaggio tra psicologia e neuroscienza, ripercorrendo le più importanti campagne elettorali degli ultimi cinquant'anni - da Reagan a Barack Obama - Westen mostra come le campagne elettorali riescono o falliscono".

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