domenica 11 gennaio 2009

Cefisi: Manifesto PSE

Turci: Le elezioni europee, occasione decisiva per il PS. »09

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2009
Cefisi: Manifesto PSE, proteggere i posti di lavoro e il potere d’acquisto
Scritto da: admin in Documenti, tags: Luca Cefisi, manifesto, Manifesto PSE, partito socialista, PSE
Il numero di gennaio de Le Ragioni del Socialismo, in edicola domani con il Riformista, pubblica un’ampia sintesi del Manifesto del PSE per le prossime elezioni europee, con commenti di Philip Cordery e di Luca Cefisi, che anticipiamo qui di seguito.

Si è placata la geremiade sulla “crisi della socialdemocrazia”, proclamata da una folla di dotti, medici e sapienti. Sì, globalizzazione e finanziarizzazione rampante del capitalismo avevano ridotto lo spazio per l’intervento statale, e quindi messo in crisi quella prassi consolidata, nota in Europa come socialdemocrazia (di teoria, nella socialdemocrazia, non ce n’è mai stata troppa: pace e giustizia sociale, e la sacrosanta convinzione che convenga bilanciare a favore della maggioranza i vantaggi che il mercato offre ai pochi detentori di capitale). Le diagnosi più funeste giungevano dalle cattedre dell’egemonìa ideologica neoliberale e neoconservatrice: proclamata la fine delle politiche sociali, della redistribuzione, della solidarietà, finanche di scuola e sanità pubbliche, una stucchevole retorica del merito ha esaltato i vari Lapo, tutti meritevolissimi per nascita, e criticato la pigrizia dei poveri, tutti rovinati dall’assistenzialismo statale. Era tornata in auge anche la guerra, in nome di un campo occidentale definito nella sua essenza dal libero mercato, con l’accessorio di una qualche democrazia politica. Questa sbornia di valori vittoriani sembra alla fine: perchè, essenzialmente, i banchieri di tutto il mondo hanno dovuto correre dai governi con il cappello in mano. Abbiamo uno strumento nella globalizzazione: l’Unione Europea. La collaborazione tra governi ha acchiappato il sistema bancario sull’orlo del baratro. Ora, la socialdemocrazia è qualcosa di più dello statalismo; se i Tremonti e i Sarkozy son già prontissimi a rimanere in sella passando al capitalismo assistito, il compito socialista è certo più ambizioso: imporre regole solide ai mercati, proteggere posti di lavoro e potere d’acquisto.
Occorrono politiche di riconversione ecologica lontane mille miglia dall’orizzonte di Berlusconi e Marcegaglia, occorre un’estensione mondiale dei diritti umani, sociali e sindacali (altro che Dio-Patria-Famiglia). La sinistra italiana appare, come d’uso, fuori tempo e fuori forma per la sfida: il partito democratico di Veltroni non esce dal suo provincialismo, tra nuovi dipietristi e vecchi democristiani, i radicali, dopo tanta transnazionalità, sono arruolati nel vecchio liberalismo europeo, i socialisti di nome e di fatto sono pochi ed emarginati: il rischio è che il messaggio, forte e innovativo, del Manifesto del PSE non giunga neppure alle orecchie degli elettori. E questo non sarebbe un male per i socialisti, ma per l’Italia

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