Dal sito Bella Ciao
giovedì 8 Gennaio 2009 (13h47) :
Partigiani e deportati come le truppe di Salò
Partigiani e deportati come le truppe di Salò
di Gemma Contin
Un progetto di legge, numero 1360, e un colpo di mano che metterà il Parlamento di fronte alla scelta di equiparare i partigiani che combatterono contro il fascismo e il nazismo, contro la guerra praticata da Benito Mussolini a fianco di Adolf Hitler, per la liberazione dell’Italia da un’infame dittatura interna ed esterna, con i miliziani della Repubblica di Salò, le truppe irriducibili che volevano continuare a tenere il Paese a ferro e fuoco, quelli che consegnarono migliaia di ragazzi italiani nelle mani dei rastrellatori tedeschi e gli ebrei del ghetto di Roma, di Venezia, di Torino, di Milano, nelle mani dei loro torturatori e di chi li avrebbe avviati ai lager e ai forni crematori.
Il progetto di legge - firmato in sostanza da parlamentari del "Popolo delle libertà" come Nicola Cristaldi, ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana, o dal vicesindaco di Milano Riccardo De Corato, noti eredi del Fuan, del Movimento sociale italiano e di Alleanza nazionale, ma anche da qualche esponente (che poi ha ritirato la firma) del Partito democratico di dubbia memoria storica come Paolo Corsini, ex sindaco di Brescia, che pure ha scritto il libro Da Salò a Piazza della Loggia ed è stato presidente del suo gruppo in Commissione Stragi - è in discussione ora, al rientro dalle vacanze natalizie, al primo punto dei lavori in corso alla Commissione Difesa della Camera dei deputati, il cui presidente Edmondo Cirielli (sì, proprio lui, anch’egli proveniente dai vertici irpini di An, nonché dall’alta formazione militare dell’Accademia della Nunziatella) ne è anche il relatore. Tanto per dire quale rilievo e importanza venga attribuito a una tale proposta dal centrodestra, più precisamente dall’"ala nera" del centrodestra, suscitando peraltro molti dubbi e distinguo, espressi in Commissione, tra le file della Lega.
Si tratta infatti di un nuovo capitolo di quel processo di omologazione (tutti ugualmente buoni oggi, tutti ugualmente cattivi ieri, o tutti eroi posti sullo stesso altarino), di ricostruzione di una verginità ideologica e di "revisionismo storico", ovvero di riscrittura della realtà storica per come quelli di noi che hanno un po’ più di sessant’anni hanno vissuto e ricordano assai bene e con molto dolore, cui hanno contribuito non poco le prese di posizione, in nome di una presunta "memoria condivisa" e declamata "riconciliazione nazionale", molti rappresentanti "al di sopra di ogni sospetto" del centrosinistra, come l’ex presidente della Camera Luciano Violante, ma anche il lavoro di ricerca e riedizione (o di pentimento e confessione, sulla via di una laicità trascesa al misticismo in nome della "verità" ex post) di esponenti dell’intellighenzia che si è sempre detta vicina al centrosinistra: prima al Psi di Craxi, poi al Pci di Berlinguer, adesso al Pd di Veltroni.
Sta di fatto che l’Associazione nazionale partigiani italiani (Anpi) e le altre organizzazioni che rappresentano gli ex internati (Anei), gli ex deportati (Aned), i perseguitati politici (Anppia) e l’Associazione nazionale famiglie italiane martiri caduti per la libertà della patria (Anfim), sono in forte allarme. Innanzitutto perché il primo firmatario del progetto di legge numero 1360 è quell’onorevole Lucio Barrani, ex sindaco di Aulla e di Villafranca in Lunigiana, che ha fatto erigere nella piazza principale di Aulla la statua a grandezza naturale di Bettino Craxi in marmo bianco di Carrara e ha apposto a Villafranca una lapide commemorativa che dice: «In ricordo di Benito Mussolini, ospite in questo borgo nel triste gennaio 1945, quando reduce dalle retrovie della linea gotica s’avviava al tragico epilogo della sua vita avventurosa».
Si tratta dello stesso sindaco che, dopo aver dichiarato il suo comune "dedipietrizzato" ai tempi di Tangentopoli, ha deliberato la posa in opera in tutto il territorio municipale di cartelli stradali che indicano e impongono il "divieto di prostituzione".
Ma l’allarme vero delle associazioni partigiane, raccolto da alcuni parlamentari, storici e giuristi, che martedì prossimo ne discuteranno nella Sala del Cenacolo di Vicolo Valdina a Roma, in un confronto su «Totalismo e democrazia» presieduto da Armando Cossutta, riguarda proprio il contenuto della proposta di legge che, partendo da un antefatto "nobile" quale la costituzione dell’Ordine di Vittorio Veneto, che prevede il riconoscimento dei meriti e dei diritti dei combattenti e reduci impegnati sui due fronti della Grande Guerra, vorrebbe adesso istituire in parallelo il cosiddetto "Ordine del Tricolore" (e il nome è già un primo indizio) nonché il conseguente «adeguamento dei trattamenti pensionistici di guerra» (secondo indizio ben preciso e mirato).
Il senatore Cossutta ci ha detto che «già nelle ultime legislature era stata avanzata analoga proposta. Siamo però sempre riusciti a impedirglielo. Ma adesso si prepara un vero e proprio colpo di mano, inaccettabile sotto il profilo morale e politico, oltre che da un punto di vista giuridico e storico, che equipara quelli che facevano i rastrellamenti per conto dei tedeschi a chi è stato internato nei campi di concentramento e a chi ha fatto la Resistenza».
Assieme a lui ne discuteranno lo storico Claudio Pavone, il vicepresidente vicario dell’Anpi Raimondo Ricci, la deputata del Partito democratico Marina Sereni, il presidente emerito della Corte costituzionale Giuliano Vassalli, «per cercare di avviare un campagna di informazione e di chiarificazione», perché i proponenti, nella presentazione della proposta di legge, scrivono: «L’istituzione dell’Ordine del Tricolore deve essere considerata un atto dovuto verso tutti coloro che impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della "bontà" (sic, con tanto di virgolette!) della loro lotta per la rinascita della Patria».
L’articolo 2 prevede che tale onorificenza (e quello che ne consegue) sia conferita: «A coloro che hanno prestato servizio militare per almeno sei mesi, anche a più riprese, in zona di operazioni, nelle Forze armate italiane durante la guerra 1940-1945 e che siano invalidi; a coloro che hanno fatto parte delle formazioni armate partigiane o gappiste, regolarmente inquadrate nelle formazioni dipendenti dal Corpo volontari della libertà, oppure delle formazioni che facevano riferimento alla Repubblica sociale italiana; ai combattenti della guerra 1940-1945; ai mutilati e invalidi della guerra 1940-1945 che fruiscono di pensioni di guerra; agli ex prigionieri o internati nei campi di concentramenti o di prigionia, nonché ai combattenti nelle formazioni dell’esercito nazionale repubblicano durante il biennio 1943-1945». Che poi sarebbero quelli che dopo l’8 settembre 1943 fecero la guerra ai partigiani, all’esercito di liberazione, ai militari agli ordini del generale Badoglio, alle forze armate alleate sbarcate in Sicilia e ad Anzio e alle truppe che combatterono contro l’esercito tedesco in ritirata. Insomma, quelli che fino all’ultimo furono i fiancheggiatori dei nazisti e i torturatori delle popolazioni civili che resistettero alle Squadre Speciali in fuga.
E per essere sicuri che le benemerenze siano "equamente" assegnate e ripartire, l’articolo 4 che definisce la composizione dell’Ordine del Tricolore precisa: «Il Capo dell’Ordine è il Presidente della Repubblica. L’Ordine è retto da un Consiglio composto da un tenente generale o ufficiale di grado corrispondente che lo presiede, da due generali, di cui uno dell’Aeronautica militare, e da un ammiraglio, in rappresentanza delle Forze armate; dal presidente dell’Associazione nazionale combattenti della guerra di liberazione inquadrati nei reparti regolari delle Forze armate italiane che hanno partecipato alla querra di liberazione; dal presidente dell’Associazione nazionale combattenti e reduci; dal presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia e dal presidente dell’Istituto storico della Repubblica sociale italiana, nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del ministro della Difesa».
Si prevedono, tra le altre cose, «200 milioni di euro l’anno, a decorrere dal 2009», di «adeguamento pensionistico», compreso quello per l’«assegno supplementare spettante alle vedove». E siccome tali risorse non erano previste né nel dispositivo di bilancio di quest’anno né nella legge finanziaria triennale che resterà in vigore fino al 2011, si dà mandato al ministro dell’Economia e delle Finanze di «apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».
Ci assale un forte dolore al centro dello sterno, non solo per tutte quelle creature "passate per il camino" che sarebbe bene continuare a elencare una per una in nome di quella pretesa "memoria condivisa", ma per un ricordo preciso: quello di 31 ragazzi tra gli 11 e i 25 anni impiccati agli alberi del corso centrale di Bassano del Grappa il 26 settembre 1944. I responsabili, tedeschi e italiani, non sono mai stati processati.
L’immagine è tra le più raccapriccianti nella storia degli eccidi compiuti in Italia non solo dai nazisti ma anche da italiani contro italiani, al comando del vicebrigadiere delle SS Karl Franz Tausch, il boia di Cornaiano.
Trentuno corpi di giovani senza vita che penzolano dagli alberi del lungo viale di Bassano. Un impiccato per ogni albero, con i piedi che strisciano a pochi centimetri dal suolo, le mani legate dietro alla schiena, sul petto un cartello con la scritta "bandito". Lasciati lì, appesi per un giorno intero, senza diritto alla sepoltura, impedendo la riconsegna dei corpi martoriati alle famiglie, in segno di spregio e per terrorizzare la popolazione. Amen per tutte le anime morte, colpevoli e innocenti.
Nessun commento:
Posta un commento