mercoledì 7 maggio 2008

Segnalazione: lettera di un amico che non ha votato

e che avevo bonariamente rimproverato, attraverso l'invio di un' "amaca" di Michele Serra

e che avevo bonariamente rimproverato, anche tramite un' "amaca" di Michele Serra

Risposta a Michele Serra

Caro Giovanni,

non è possibile rispondere al commento di Serra usando argomenti razionali (anche se lo fosse, credo che per la saccenteria con la quale è solito esprimere i suoi giudizi non credo che lo meriterebbe): il suo è infatti uno sproloquio verbale emotivo, dettato dalla rabbia per la perdita delle elezioni della sua parte politica e quindi della mammella che nutre la stampa che ospita le sue letterine da vecchia zitella. Non è basato nemmeno sulla logica, dato che usa un falso sillogismo, tacendo, come si fa spesso in politica, la premessa maggiore: quella della netta differenza della parte avversaria, sulla quale presume che tutti debbano essere d’accordo. Di gente che sostiene idee simili a quelle dei “perdenti” (?) di oggi e intende attuare pratiche politiche identiche a quelle della sua parte (sfruttamento parassitario dei ceti produttivi, rapacità insaziabile, demenziale e continua alluvione legislativa, partitocrazia onnipotente, smania di regolamentazione, schiavitù burocratica, abbattimento dei confini fra politica e amministrazione, con conseguente debordare della prima) ne sono state elette una legione nella parte che lui contrasta.
A commento emotivo, risposta emotiva: altro che non andare a votare! Se non fosse perché la rappresaglia sarebbe molto dura e sproporzionata e le conseguenze intollerabili (impossibilità di uscire dalla gabbia dell’UE) avrei già fatto l’“obiezione di cittadinanza”, stracciando quell’orribile passaporto di stile neo-sovietico che ci hanno assegnato, degno di questo Paese e dell’URSE (Unione delle Repubbliche Socialiste Europee, come le chiama Vladimir Bukovskij, che conosce i suoi polli…), optando piuttosto per la cittadinanza libanese, anche perché sempre più spesso le aristocrazie arabe sono più in armonia con la volontà delle proprie popolazioni: basta pensare a quanto hanno contato le opinioni pubbliche di Gran Bretagna, Italia, Spagna e Polonia nella decisione sulla “guerra democratica” in Iraq…
Il giornale di Serra si è ben guardato dal pubblicare notizie sull’appello all’astensione di Franco Cardini o di far conoscere la sua serrata argomentazione, che pur si limitava ad esprimere giudizi (molto fondati anche se ignari del fatto che è sempre un’oligarchia a scegliere i candidati) sulla sola legge elettorale!... Se si dovesse prendere in esame in blocco il sistema politico di questo disgraziato Paese, le ragioni espresse da Cardini verrebbero centuplicate. Siamo circondati inoltre da convinzioni totalmente infondate sull’utilità del Parlamento. Mill riteneva che il problema maggiore dell’epoca contemporanea fosse proprio quello di porre un argine al potere del Parlamento, che in Italia è diventato dittatura assembleare, dominata da un branco di approfittatori che ha il solo fine di guadagnare e allocare le risorse che lo Stato dà loro sottraendole ai contribuenti, autentici “lavoratori forzati” ridotti a gonzi inebetiti che credono alle promesse dei politicanti dediti solo alla gestione dl potere, dei privilegi propri e dei propri clienti, mascherati da “bene pubblico e nazionale”.
Che il nuovo governo sia molto pericoloso non c’è alcun dubbio. Ma non lo sono certo di meno schiere di conservatori parolai (che si autodefiniscono “riformisti”!...), figure impresentabili uscite da enti statali, parastatali o dai sindacati che non solo sono totalmente compartecipi del disastro di questo Paese, ormai quasi integralmente “afro-balcanico” (come diceva Gianfranco Miglio), ormai ridotto a un aereo in picchiata, nonostante le sue continue virate a destra e a sinistra, ma che si stracciano anche istericamente le vesti su una Costituzione, quella ancora vigente, che come quella di Weimar ci espone a rischi anche peggiori e che non hanno nessuna intenzione di toccare. E corruzione, ruberie e parassitismo sono conseguenze proprio di quegli ordinamenti, ritenuti intoccabili.
Fra la peste e il colera non c’è scelta, ma per il cittadino inoffensivo e isolato dalla statalizzazione moderna, solo il disperato tentativo di difendersi curandosi come può. A ogni tornata elettorale c’è un solo sconfitto sicuro: colui che deve pagare interamente il prezzo di questa gestione del potere concentrato nelle mani di consorterie di livello morale e culturale sotto lo zero. Anche i “perdenti” avranno le loro prebende di nomenklatura, delle quali i portaspada vedranno solo le briciole, ma delle quali si accontenteranno, prendendosela con quelli che non hanno conferito maggiore potere ai loro padrini e protettori.
Questo sistema politico grottesco e antiquato nasconde a monte una tirannide sostanziale di proporzioni inaudite, che intellettuali in malafede continuano a fingere di non vedere, ma che prima o poi diverrà evidente a ceti sempre più larghi. Tutta la letteratura sui regimi tirannici, elaborata nel corso di secoli, contiene impressionanti riscontri nel sistema politico italiano. Il discorso qui sarebbe troppo lungo. La realtà è che la classe dei professionisti della politica di questo malridotto Paese (che potrebbe essere uno dei migliori e dei più ricchi del globo terracqueo, se solo si togliessero dai piedi) ha trovato un bel modo di infinocchiare la gente comune con il suo stesso consenso e di farsi mantenere per il solo scopo di comandarla dettando legge, corrompendola con microprivilegi e voti di scambio (oggi in vertiginoso aumento), che ne distruggono il senso di libertà e di dignità, traendone da questa attività tutti i vantaggi materiali connessi.
Dal punto di vista logico l’astensione di fronte a un regime tirannico gestito da una banda di approfittatori lasciati operare indisturbati da cittadini vili è pienamente legittima: come scriveva Herbert Spencer, coloro che sostengono che il popolo è l’unica fonte legittima di potere – che l’autorità legislativa non è originaria ma delegata – non potrebbero negare il diritto di ignorare lo Stato senza rinchiudersi in un’assurdità. Fra l’altro persino Norberto Bobbio ammetteva che l’unica vera opinione è quella di coloro che non votano, perché hanno capito che dove predominano gli apparati di partito, sono loro che decidono chi deve essere eletto: il voto di opinione, quello veramente libero, non pesa nulla rispetto al voto organizzato da queste consorterie oligarchiche (dei peggiori: che hanno molti più privilegi delle aristocrazie storiche, senza averne le qualità e gli obblighi) che in Italia sono diventate inamovibili associazioni a delinquere.
Invece che ironizzare sulla “barba di Bakunin” (di certo più vicino alla mentalità di un uomo libero degli scrittori politici ai quali lui si è abbeverato), Serra farebbe meglio a pensare alla barba che fanno venire gli intellettuali spocchiosi e di limitata cultura della sua risma, sempre sulla breccia e incollati alle categorie politiche della Rivoluzione francese (“destra-sinistra”, “dittatura-democrazia”, “conservazione - progresso”) e totalmente incapaci di leggere la realtà della politica che si manifesta sotto il loro naso.
Un amico che non ha votato