venerdì 9 maggio 2008

Pescati nella Rete: Pasini e Fanfoni

Dal sito www.formazionepolitica.org


Nicola Pasini, Alessandro FanfoniIl punto/ 1. Un governo del premier 2. Della contendibilità
1. Un governo del premier, nato per governareUn governo nato per governare e che ha nell’inquilino di Palazzo Chigi il suo vertice assoluto? Un Berlusconi decisionista, ormai vaccinato dalle mille trappole, incertezze, mediazioni della politica di palazzo? Lo speriamo vivamente, non tanto per il Cavaliere ma per il bene del paese. Di certo, è un Berlusconi consapevole di giocarsi l’ultima occasione, consapevole di dover rispondere direttamente all’ansia di cambiamento (?) e di sicurezza degli italiani più che agli appetiti dei propri alleati; infatti, si tratta di un esecutivo che non ha tra le sue fila personalità in grado di disturbare il manovratore. Queste sono le premesse di un governo che è stato presentato irritualmente al capo dello Stato un istante dopo aver ricevuto l’incarico di formarlo, come ulteriore dimostrazione che per Berlusconi il tempo stringe. Un premier, un esecutivo, una maggioranza, che potranno vantarsi di ogni successo, ma che non avranno alcun alibi per i propri fallimenti.Eppure, nonostante il 1994 ci appare così vicino, mentre il 2006 - con l’infausta vittoria dell’Unione (sinonimo di frammentazione) - sembra così lontano, la terza affermazione di Berlusconi si presenta con un programma di legislatura alquanto diverso rispetto a quello di tre lustri fa: meno liberismo e liberalismo, più protezionismo (e se è il caso anche statalismo), voglia di comunitarismo e di paternalismo. Segno dei tempi o metamorfosi della nuova offerta politica del centrodestra? Staremo a vedere, ma noi auspichiamo che qualcosa cambi affinché l’Italia cambi, ben consapevoli che nel paese del Gattopardo…2. Della contendibilità: con la leadership non si scherzaIn acque più torbide sembra trovarsi l’opposizione, il mattino alla ricerca della propria identità, il pomeriggio alle prese con la propria leadership (ma allora è vero che per il PD la leadership è un ircovervo!). L’ultima delle infinite polemiche è tra Veltroni-D’Alema (prima o poi ritornano). Tema: quanto è opportuno che nel Pd si organizzino correnti - ovvero gruppi di potere fedeli a un leader – in competizione fra loro? Le correnti esistono e sono l’insopprimibile articolazione della vita di un partito. La spinta alla conquista del potere non è solo legittima ma salvifica se essa si traduce in una competizione virtuosa tra gruppi di potere che dovrebbero sfidarsi nella ricerca dei migliori talenti, nelle proposte più innovative, nelle strategie per vincere. Anzi, questa competizione dovrebbe essere il motore e la garanzia del rinnovamento del ceto politico e degli strumenti culturali di un partito.Il problema allora non sono le correnti che, se sono veramente tali, sono portatrici letteralmente di un dinamismo. Il problema è che a volte si chiamano correnti quelli che invece sono grumi di staticità, feudi votati più all’auto-conservazione, alla perpetuazione di sé che agli interessi generali del partito. Auguriamo, quindi, al Partito democratico di essere percorso e animato dalle più poderose correnti in grado di neutralizzare ogni rendita di posizione. Affinché innovazione, responsabilità, ricambio, scommessa, siano i cardini stessi del Pd, prima ancora di venire proposti alla società. E forse solo in questo modo il Pd potrà conquistare quella credibilità alla quale tanto anela. Il nuovo non si dice, si fa.Allora forza, siamo alla ricerca del coraggio di quel D’Alema che se tanta credibilità in giro per il mondo pensa di avere, che lo dimostri, ci metta la faccia e la faccia vedere. In ogni caso, l’Italia non è l’Inghilterra, ma, con le dovute differenze, il nostro ha già dimostrato di essere un Brownino, non è il caso di perseverare. Piuttosto, è ora di voltar pagina e di cambiare facce, gli italiani non perdonano…Che si convochi un vero congresso – il più presto possibile - con le idee, i programmi e le visioni strategiche ben ancorate a dei nomi, a dei leader in competizione fra loro. La contendibilità della leadership non può essere un tabù e deve avvenire in modo trasparente. Poi sarà il partito, i delegati dell’assemblea a votare e decidere quale Partito democratico dovrà affrontare le sfide future. Fino al prossimo congresso.

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