venerdì 16 maggio 2008

Pescati nella Rete: Nicola Tranfaglia

Dal sito www.nicolatranfaglia.it


Povera informazione nell'Italia bipartisan
Scritto il 13 maggio 2008 in
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I fatti sono andati così. Sabato sera Marco Travaglio era ospite della trasmissione Che tempo che fa condotta da Fabio Fazio. Lì ha pronunciato quelle frasi contro il Presidente del senato Schifani che hanno innescato un putiferio e indotto la seconda carica dello Stato a querelare Travaglio. Si parlava dell'informazione in Italia e della sudditanza al potere. Eccole, le parole "incriminate". «Il clima politico induce alla distensione tra l'opposizione e la nuova maggioranza? Schifani ha avuto amicizie con dei mafiosi? E io non dovrei scriverlo perché non lo vuole né la destra né la sinistra? Loro prendano le posizioni politiche che ritengono giuste, ma io faccio il giornalista e queste cose devo raccontarle. L'ha raccontate Lirio Abbate nel libro che ha scritto assieme a Peter Gomez e viene giustamente celebrato come un giornalista eroico minacciato dalla mafia». Dopo l'intervista è caduta sulla testa di Travaglio una valanga di critiche, non solo da parte della maggioranza di governo, come è ovvio che fosse, ma anche da parte del Pd. Un coro di appelli per un'informazione di qualità e di disapprovazione per il giornalista, colpevole - dicono - di aver fatto il proprio mestiere senza un contraddittorio in studio.
E ora? Tutti invocano sanzioni che potrebbero arrivare dall'authority nei confronti della Rai, di Che tempo che fa e di Fabio Fazio. E se dovesse andare così la catena si abbatterebbe alla fine sullo stesso Travaglio, col risultato di mettere fine alla sua collaborazione con Annozero. Uniche voci dissonanti rispetto al linciaggio in corso vengono da Rifondazione comunista. Ci sono le parole di Ferrero: «Il coro bipartisan contro Marco Travaglio è preoccupante, anzi indecente. Segue all'attacco sempre bipartisan nei confronti di Santoro reo di aver mandato in onda alcuni interventi di Beppe Grillo dal V-day di Torino. Era prevedibile che il Pdl tentasse di nuovo di imbavagliare l'informazione. E' incomprensibile che il Pd gli dia una mano». E c'è anche il giudizio di Graziella Mascia che, se anche non approva «il modo di fare informazione» di Travaglio, pure accusa il centrodestra di «sfruttare la vicenda per un'operazione di pulizia etnica all'interno della Rai».
Nel frattempo, Travaglio si difende e rincara la dose: «Sono stato fin troppo buono. Schifani non aveva solo amicizie, è stato anche socio in affare del signore Nino Mandalà che è stato condannato come capo della mafia di Villabate e di un altro signore, pure condannato perché era il re degli appalti mafiosi di Riina e Provenzano. Sono due cose assolutamente documentate. Nessuno mi ha detto cosa c'è di falso in quello che ho detto. E' l'unica cosa che non possono dirmi perché è tutto vero». Il direttore di Raitre si è dissociato? «Per me è un onore, se si fosse associato un direttore che è abituato a censurare e a chiudere trasmissioni come Raiot mi sarei preoccupato». «Travaglio fa il proprio mestiere, fa informazione. Parla di cose circostanziate», dice Nicola Tranfaglia, storico contemporaneo e autore di saggi sul sistema dell'informazione in Italia.
Tutti accusano Travaglio di aver parlato senza un contraddittorio. Però nessuno invoca questa regola per il comportamento distorto che spesso i giornali adottano a proposito di reati attribuiti a immigrati e rom. Notizie urlate senza accertamenti e che poi si rivelano false. Come mai ci si ricorda delle regole solo quando un giornalista fa informazione scomoda al potere?
Assistiamo di continuo a trasmissioni televisive nelle quali non c'è contraddittorio. E credo che assisteremo ancora di più che in passato a questi programmi visto l'atteggiamento della destra. La regola del contraddittorio sia a livello di giornali sia a livello di televisione è osservata in maniera molto frammentaria e altalenante. Invocarla solo in questa occasione non mi sembra adeguato. Questo è il mio parere personale.
Sul merito delle cose che afferma Travaglio il presidente del Senato Schifani avrà modo, se lo ritiene opportuno, di agire legalmente. Ma cosa c'entrano i provvedimenti e le sanzioni invocate?
Intanto devo notare che queste cose che riguardano Schifani sono state scritte in un volume di Lirio Abbate e Peter Gomez pubblicato dall'editore Fazi più di un anno fa (I complici, ndr >). Il senatore Schifani non ha querelato nessuno. E di tempo ne avrebbe avuto. Né ha smentito quello che è stato scritto. Adesso, solo perché si passa dai libri alla televisione, improvvisamente si cambia idea. Si fanno libri dicendo delle cose, le persone interessate hanno la facoltà di querelare. Ma il fatto, qui, è che non c'è stata nessuna querela. Quello che hanno scritto Abbate e Gomez ha riferimenti precisi: fatti, date e atti processuali.
Oltre al caso Travaglio preoccupa anche l'uso politico che la nuova maggioranza di governo può fare dell'intera vicenda. Il rischio, diciamolo chiaramente, è che si metta sotto controllo la Rai e il servizio pubblico. O no?
La nuova maggioranza punta alla rimozione dell'attuale direttore generale e alla nomina di un nuovo direttore generale. Più che a una normalizzazione assisteremo al rovesciamento di tutta l'attuale dirigenza della Rai che era già una dirigenza frutto di un compromesso tra il vecchio governo e l'allora opposizione. Ora arriveranno dirigenti tutti legati alla destra. Questa è la prospettiva.
Pdl e Pd sono uniti nelle critiche a Travaglio in un coro bipartisan. E' in atto una smobilitazione culturale dell'antiberlusconismo, uno smantellamento del pensiero critico. Non le sembra un atteggiamento troppo cedevole quello del Pd?
Dicono che essere antiberllusconiani non paga. Ma l'atteggiamento antiberlusconiano in altre occasioni non ha determinato la vittoria netta della destra come è successo stavolta. In passato lo schieramento antiberlusconiano ha vinto, non lo dimentichiamo.
Anzi, proprio quando si rinuncia a mettere a nudo il berlusconismo, a capire perché fa egemonia, proprio allora si perde di brutto...
L'atteggiamento del Pd è troppo cedevole. E' notizia che subito dopo la fiducia ci sarà un incontro tra maggioranza e opposizione per avviare un dialogo. Un incontro chiesto da Berlusconi e subito accettato da Veltroni. L'unico punto sul quale il Pd è concorde è sul non fare antiberlusconismo e, anzi, collaborare con il governo ogni volta che sia possibile.
Una scelta suicida...
Così facendo il Pd finirà per rafforzare l'egemonia della destra in Italia. Di fronte alla richiesta di un'opposizione decisa e netta la dirigenza del Pd ha paura di apparire antiberlusconiano e si convince della necessità di dialogare il più possibile. Ci tengo a dire che una cosa è l'atteggiamento dei dirigenti del Pd, altra cosa è l'umore dell'opinione pubblica del paese che purtroppo, però, ha scarse possibilità di farsi sentire. Non sono affatto convinto che tutti gli elettori del Pd siano d'accordo con la strategia di Veltroni.
Ma questa strategia non contribuisce ad aumentare il divario tra i gruppi dirigenti della sinistra e il loro popolo?
E' davanti agli occhi di tutti l'insoddisfazione della base rispetto alla dirigenza. Il Pd non ha fatto il suo congresso e non si sa bene quando si farà. La sensazione che hanno molti italiani è che questa strategia di Veltroni sia suicida, però non ci sono strumenti per controllare e valutare le scelte politiche. A mio avviso il segretario del Pd ha fatto molti errori ma non c'è modo di verificare se gli elettori del Pd sono d'accordo oppure no. Possiamo immaginarlo ma non possiamo dirlo con certezza. L'analisi dei flussi elettorali dimostra che ci sono stati elettori di sinistra che hanno votato Pd credendo alla favola veltroniani che era possibile raggiungere Berlusconi. La previsione del sorpasso si è poi rivelata totalmente infondata e falsa. I risultati sono devastanti: una maggioranza netta della destra, un Pd cedevole e la sinistra fuori dal Parlamento.
Possibile che si conceda tanta attenzione nei confronti di un giornalista che fa il suo mestiere? Non sarà che l'informazione è costretta a sostituire la politica vista la latitanza dell'opposizione parlamentare?
E' almeno da trent'anni a questa parte che in Italia ci sono processi di supplenza alla politica: o dalla parte della magistratura o dalla parte di pezzi piccoli dell'informazione. Avvengono, questi processi, di fronte a un vuoto molto forte della politica. Ma questo dipende anche da come sono distribuiti i mezzi di comunicazione in Italia. I grandi giornali sono tutti schierati con la dirigenza del Partito democratico. Non è facile far trapelare posizioni politiche diverse. Ma non mi pare che i leader politici si diano molto da fare per cambiare. Mi sembra che accettino la situazione.
La politica attacca l'informazione. Ma anche l'opinione pubblica se la prende con giornali e tv. Non c'è il rischio di un sentimento qualunquista contro tutta l'informazione senza distinguo?
Sono due atteggiamenti complementari. Io non accetto una critica indifferenziata. Prendiamo atto che la maggior parte dell'informazione è conformista. Poi ci sono pezzi dell'informazione che si comportano liberamente. Conosciamo le tirature dei giornali, conosciamo la forza della televisione. Ci sono giornalisti che provano a opporsi a questo sistema, ma sono una minoranza contro a una maggioranza schierata con l'establishment. Detto questo, le soluzioni avanzate da Grillo non mi convincono affatto. Porterebbero a un peggioramento dell'informazione. Senza finanziamenti chiuderebbero i piccoli e resterebbero solo i grandi giornali con alle spalle i poteri economici.

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