Dal sito di Notizie Radicali
Le ambizioni di Fini e il ruolo della Chiesa
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di Alessandro Litta Modignani *
Ha ragione Massimo Cacciari quando fa notare che il termine “relativismo”, di per sé, non significa assolutamente nulla. E’ una parola buona per tutti gli usi. Gli italiani comuni la sentono pronunciare spesso, ma non sono in grado di afferrarne il senso, né associarla ad alcun simbolo valoriale. Gli intellettuali, per parte loro, ne discutono senza costrutto e senza neppure intendersi l’uno con l’altro. Se si parlasse di liberalismo (come fece Karol Wojtila nel 2002, durante il suo ultimo viaggio in Polonia) di illuminismo o di individualismo, forse le cose sarebbe più chiare.
Non è un caso, invece, se la Chiesa cattolica ha adottato questo termine, facendo della “lotta al relativismo” il fulcro della sua offensiva culturale e mediatica. Questa scelta le permette di lavorare alla riconquista dell’egemonia sulla società italiana e di smussare con abilità le punte della polemica. I religiosi possono così presentarsi nelle pacate vesti di un’autorità morale, invece che nei panni, ben più scomodi e impegnativi, di protagonisti di una battaglia di potere a tutti gli effetti.
Nel discorso di insediamento alla presidenza della Camera, anche Gianfranco Fini ha attaccato il relativismo culturale, omaggiando il Papa quale “guida spirituale della larghissima maggioranza del popolo italiano”. Fini sa bene che questa affermazione è assolutamente priva di fondamento, come dimostrano tutte le statistiche. Gli italiani (e Fini con loro) non vivono affatto secondo le indicazioni della Chiesa, fatta eccezione per una minoranza autenticamente cattolica.
Se il neo-eletto speaker di Montecitorio ha voluto omaggiare il Pontefice, lo ha fatto perché questo risponde a un preciso calcolo politico. Egli sa bene di avere qualcosa da farsi perdonare oltre Tevere: al tempo del referendum sulla fecondazione artificiale, tre anni fa, dichiarò che avrebbe votato a favore di tre referendum su quattro, contraddicendo l’invito della Cei all’astensione.
Analogamente a Francesco Rutelli, che ha dovuto accuratamente obliterare il suo passato di radicale, anche Fini sa bene che se vuole davvero ambire alla Presidenza del Consiglio, dopo il ritiro di Berlusconi, potrà farlo solo con il beneplacito delle gerarchie ecclesiastiche. Non a caso ha concorso a confinare in Lombardia un potenziale concorrente, Roberto Formigoni, assai pericoloso su questo terreno.
Sempre più estranea alle scelte di vita degli italiani, ma sempre più potente nel sistema informativo, finanziario, politico e istituzionale del paese, la Chiesa cattolica esercita oggi nella vita pubblica un potere di condizionamento che non trova paragone in alcuna altra democrazia occidentale.
Nel renderle omaggio, Fini fa ammenda delle scelte passate e mostra di averne ben appreso la lezione.
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