domenica 26 aprile 2009

Vittorio Melandri: Ha un nome che fa paura

Ha un nome che fa pauuuuraa /libertaaà libertaaà libertaaà



Ieri 25 aprile 2009 su la Repubblica è ricomparso agli occhi disattenti dell’opinione pubblica, non di rado ad arte opacizzati da cataratte artificiali, la figura di Riccardo Lombardi.



In una lettera a firma di Carlo Patrignani indirizzata a Corrado Augias si legge:



“Caro Augias, vorrei ricordare per il 25 aprile, il primo Prefetto di Milano liberata: Riccardo Lombardi, ingegnere socialista ritenuto dalla polizia fascista “di statura gigantesca, scaltro e preparato, persona pericolosissima” anche se “di malferma salute”. Nel 1930 una squadraccia, a colpi di sacchi di sabbia, gli aveva lesionato un polmone. Dirigente del Cnlai, alla vigilia della Liberazione, alla presenza del cardinale Schuster mediatore della resa, aveva strappato la “resa senza condizioni” a Benito Mussolini. In un articolo sulla Rsi per ‘Il Ponte’ nel 1946 raccontò: «Mussolini è tutto in questo ultimo folle tentativo di rivolgere contro il popolo le armi, di ricreare una chance per il fascismo mettendolo al servizio dei reazionari occidentali, dopo averlo messo al servizio dei reazionari del Centro-Europa». Il 24 aprile 1974 invitato ad una Tribuna Politica sul referendum per il divorzio, rifiuta il ‘faccia a faccia’, con il leader dell’Msi-Dn, Giorgio Almirante. Spiegò: «Noi siamo disposti al dibattito, anzi lo sollecitiamo, con tutti gli avversari più risoluti, anche con coloro che sono stati fascisti, ma non con coloro che agiscono da fascisti oggi servendosi della libertà conquistata il 25 aprile, per distruggerla». Spiegò anche il suo ‘No’ all’abrogazione della legge sul divorzio: «L’indissolubilità del matrimonio è un fatto di coscienza individuale che non può esser imposto o demandato da nessuna autorità civile». È morto 25 anni fa.”



Augias ricorrendo all’aiuto di Giorgio Ruffolo risponde:



In autunno, quando ricorrerà l’anniversario esatto della morte (18 settembre 1984) bisognerà ricordarlo davvero questo siciliano di ferro (come La Malfa), figlio di un capitano dei carabinieri caduto in servizio quando aveva 3 anni, allevato dai gesuiti, entrato in politica con i ‘popolari’ di don Sturzo, poi socialista. Anzi leader della corrente di sinistra del partito socialista insieme a Giolitti e a Giorgio Ruffolo. Proprio a Ruffolo, che ha lavorato a lungo con lui e lo ha conosciuto bene, ho chiesto di descriverlo brevemente con qualche parola che ne fissasse almeno un tratto fondamentale del temperamento, della visione politica. Ha risposto così:“Vorrei proprio vedere come va a finire. Peccato che devo andarmene”. Così mi disse non molti giorni prima della morte. Si riferiva a una delle tante vicende che lo appassionavano. Gli capitava spesso. Era curioso: di leggere, di conoscere, di scoprire. Viveva il presente come storia. E aveva contribuito a scriverla. Ma di questo non parlava. Del passato parlava poco. Era il futuro che lo interessava. E non recriminava. Non dava giudizi sprezzanti su questo nostro paese, Nemmeno sui fascisti che gli avevano rotto le ossa. C’erano uomini così una volta nei partiti della sinistra.



Già, c’erano uomini così una volta nei partiti della sinistra, e non solo nei partiti, anche nella “sinistra” politica e civile intesa in senso più lato.



Sinistra dai cui cascami purtroppo, oggi si allungano solo ombre (quando va bene).



Oggi 26 aprile 2009 sulla prima pagina del Corriere della Sera si legge:



“È una ferita antica che si chiude. L’Italia trova finalmente le parole della riconciliazione nazionale celebrando insieme la «festa di libertà».”



Giunto alla diciannovesima parola, Pierluigi Battista non riesce proprio a trattenersi e immortala, appunto sulla prima pagina del Corriere, il verbo di padron (pardon ..) di Silvio Berlusconi, non sia più “festa della liberazione”, d’ora in poi sarà: «festa di libertà».



Non mi spingo a credere che sia calcolato, si tratta solo del caso cinico e amaro, ma i numeri si rincorrono e offrono il destro per notare che novant’anni dopo quel ’19, dopo 19 parole, ancora da Milano, spunta di bel nuovo come un Valentino vestito di nuovo, un nuovo “diciannovismo”.



Povera libertà, le stanno proprio facendo la “festa”.



Ai tanti che come me continuano a considerarla un bene indiviso da uguaglianza, fratellanza e pure onestà intellettuale, resta a disposizione ormai poco, a me, poco più di questo “ritornello”, che sta dentro la colonna sonora del film di Luigi Magni “Nell’anno del Signore”, che sottolineato dalle musiche di Armando Trovajoli accompagna la mia malinconia da troppi anni ….


La bella ch’è prigionieeera / Tra lala tra lala tra lala lala / Ha un nome che fa pauuuuraa /Libertaaà libertaaà libertaaà



vittorio melandri

9 commenti:

gian-piero spagnolo ha detto...

ricordo a tutti voi che il grande, onesto, colto e corretto riccardo lombardi fu l'autore della nazionalizzazione dell'energia elettrica. mio padre, giovanni spagnolo ingegnere progettista di centrali elettriche, lo aiutò molto ed in modo determinante in questa impresa che poi è stata travolta dalla fame di operatività ben remunerata per i privati che ne ha determinato la successiva (ahimè) privatizzazione. la possibilità, per lo stato, di tenere le redini dell'energia era una degli interventi fondamentali per la garanzia dello sviluppo controllato a livello nazionale e permetteva la pianificazione e la programmazione economica che, appunto con ruffolo, trovava, negli anni '60, uno degli schemi fondamentali per una buona linea di attività nazionale. peccato che di pianificazione e di programmazione, in italia, se ne sia poi solo tanto parlato ed elaborato culturalmente senza mai arrivare ad una se pur minima attuazione concreta. il boom economico successivo partì alla ventura e la nostra nazione non ebbe mai la possibilità di uno sviluppo corretto. fraternamente. gian-piero spagnolo.

Nicolino Corrado ha detto...

RiRicordo l'arrivo di Riccardo Lombardi all'assise nazionale della gioventù socialista, ,nell'autunno del 1975. Erano giornate fitte di lavori, in parecchi ci stavamo prendendo una pausa al bar della scuola della CGIL di Ariccia. Ci vedemmo comparire davanti, senza nessuna formalità, questo anziano ed austero signore, leggermente ricurvo. Rimanemmo sorpresi, ci fu un lungo attimo di silenzio, rotto poi da un applauso contagioso. Alla fine, quando riuscì a parlare, Lombardi disse:"Questa non è una riunione di giovani socialisti, ma di ragazzini socialisti!". Effettivamente eravamo molto giovani, diciotto-ventenni per lo più ed il discorso di Lombardi fu quello che lasciò di più il segno su di noi. Aveva una passione per l'economia che riusciva a trasmettere anche agli ascoltatori ed una capacità ineguagliabile di far entrare l'utopia nel discorso politico di tutti i giorni. Che il diciotto settembre sia una giornata di ricordo della sua grande figura.
Nicolino

Gian Paolo Mercanzin ha detto...

Ci risiamo. Anzi, non ne siamo mai usciti.

E' la solita querelle tra autonomisti e sinistra del fu PSI: Lombardi SI Nenni NO; signorile SI, Craxi no; e così via Serrati si, Turati e Matteotti no. Riscoprire Pertini amico del PCI contro Craxi nemico di Berlinguer. Tranne poi a dover riconoscere - sempre a posteriori - che i PADRI FONDATORI avevano ragione.

IO sono stato un FAN di Riccardo (che fu anche autonomista, forse e senza forse, prima di Nenni), anche se sono nato autonomista cioèè: meno classista e più libertario.

Chiarisco, sono stati tutti uomini validi: i mogliori uomini d'Italia. Ma vivaddio, possibile che non siamo un po' fabiani e non riconosciamo il gradualismo degli autonomisti, contro il massimalismo della nostra sinistra? Possibile che non riconosciamo che De Martino oltre ad essere un eccellente luminare del Diritto romano era anche un eccelle te cacciatore, che preferiva uina battuta di caccia in valle ad un lavoro assiduo nel Partito? Che aavrebbe fatto volentieri come Esau pur di essere lasciato in pace?

Che non riconosciamo che nessuno aveva le palle quadrate di Craxi, per intromettersi fra i due vasi di acciaio e salvare la ghirba al partito per almeno 15 anni. Che se non ci fosse stato Lui di socialisti non parlerebbe più neanche a sproposito, nessuno?

Che non ammettiamo che nessuno ha saputo sostituirlo quando è andato in disgrazia sulle illusione portate dai referenda SEGNI? Perché se ci fosse stato qualcuno quel partito sarebbe ancora vivo!

Non mi permetto di misurare gli altri, ma mi pare che stiamo sempre molto sul teorico, quando gli altri, compresi i piccolissimi repubblicani badavano al sodo. Noi sempre a fasci le pulci ed a credere al nemico, anziché al compagno, dimenticando una frase storica che nmon è stata solo usata dai fascisti: "taci il nemico ti ascolta!" Altro che i due c....ni di Renzo!

Siamo noi la causa del nostro mal, non Bettino: quante scissioni hanno avuto gli altri partiti; e quante correnti, ognuna delle quali faceva la famosa questua, per cui il "convento era povero ed i frati ricchi?". Ma credete che se ci fossero ancora i fratelli Rosselli starebbero qui a spaccare il capello in quattro o a discutere del sesso degli angeli?

Un partito si forma e progredisce non sui continui distinguo, ma sulle costanti condivisioni: "meglio aver torto col partito, che ragione fuori dal partito" lo ricordiamo?

No? ce lo ricordano comunque gli altri che comandano anche senza governare.

vittorio melandri ha detto...

Oggi 28 Aprile a pagina 21 de l’Unità si legge che Riccardo Lombardi fu “deputato alla Costituente e sempre eletto alla Camera”.



È vero, accadde sino a quando Lombardi fu appunto candidato alla Camera nel vasto collegio Milano-Pavia.



Poi alle elezioni politiche del 1983, quelle indette il 26 giugno per dar vita alla IX legislatura, anziché alla Camera fu candidato al Senato.



Stando a Valdo Spini, che lo scrive nella presentazione dei due volumi che raccolgono i discorsi parlamentari di Lombardi (Camera dei Deputati - gennaio 2001) fu candidato in un “collegio che sembrava sicuro”. Tanto sicuro, che Lombardi non figura fra i 38 socialisti eletti per quella legislatura in Senato.



Trombato, si potrebbe direbbe con cinica volgarità.



A dimostrazione che la “mutazione genetica del PSI”, di cui proprio Lombardi per primo aveva parlato, era in atto.



Anche se, ad onor del vero, una mutazione ancora ai primi stadi, perché i socialisti geneticamente modificati coltivati nelle serre di Arcore, i “socialisti di destra”, non erano ancora alle viste e si può credere che persino Bettino Craxi, che oggi occupa un avello nel Pantheon del PD, li avrebbe estirpati prima del raccolto.



Lombardi affermava di non temere il 51 per cento, ma di aver paura che si potesse arrivare a governare con il 90 per cento. Un timore ahinoi, che oggi a dichiararlo non si è troppo lontani dal possibile, e che però a dirlo non vale nemmeno la consolazione che se poi si paga pegno … pazienza, perché tanto non ti ascolta nessuno.



Vittorio Melandri

Gian-Piero Spagnolo ha detto...

sono molto in accordo con mercanzini. e allora che fare, in concreto? ho recentemente conosciuto l'attuale segretaria regionale del partito, una brillante e documentata giovane, ma veramente giovane e brava, mi sembra bergamasca o bresciana, non ricordo. affidiamoci a queste nuove persone e lasciamo loro, affiancandole (solamente affiancandole, senza imporre nulla e senza condizionarle) con le nostre memorie storiche e diamo loro la responsabilità di ripartire con nuove energie a nessun rancoroso rimuginamento su quel che, ormai, fu. io credo che nuove persone giovani oneste intellettualmente e personalmente ci siano ancora. facciamo un po'di scuola di partito e di storia dell'italia fascista e repubblicana e non solo del partito socialista, perchè, in effetti, abbiamo abbandonato alla scuola (sempre dominata dalla dc per troppi anni) il non insegnamento della storia italiana. non si può lasciare ai libri di testo l'insegnamento della storia italiana solo fino alla prima guerra mondiale. abbiamo tante teste e tanta cultura fra di noi: tiriamoci su le maniche e ricostruiamo un po' di iniziativa concreta. va bene scannarsi, ma, quando si arriva a certi minimi livelli di presenza culturale e politica, se si vuole continuare a vivere bisogna decidere di fare qualcosa e subito! o no?. gian-piero.

antonio luppino ha detto...

CONDIVO L'ANALISI DI PAOLO
AGGIUNGO CHE UN PARTITO SI CHIAMA TALE QUANDO NON SOLO HA LA CAPACITA' RINNOVARSI MA DI EVOLVERSI "INNOVANDOSI"
LE CHIACCHIERE E LO SPACCAR IL CAPELLO A QUATTRO RIMANE SOLO UN INUTILE SPRECO D'ENERGIE CHE INEVITALBIMENTE PORTA ALLO SCOGLIONAMENTO

peppe giudice ha detto...

Lombardi era un autonomista convinto ed insieme a Santi, Foa ed altri che provenivano dall'esperienza di Giustizia e Libertà si oppose al Fronte Popolare. Era convinto che si potesse mantenere l'unità a sinistra salvaguardando pienamente l'autonomia politica ed ideale del socialismo. Così come si oppose all'involuzione moderata del centrosinistra dopo esserne stato fautore ed ispiratore. Lombardi rappresenta la sintesi ideale di un socialismo che non vuole essere subalterno nè ai comunisti nè ai moderati.
Il craxismo ha rappresentato invece la degenerazione dell'autonomismo in governismo ed anticomunismo. Di un partito volto sistematicamente all'occupazione del potere. Quindi non mettiamo per carità Turati e Matteotti sullo stesso piano di Craxi. Se la prima parte della gestione di Craxi portò effettivamente ad un rilancio della tradizione autonomista essa degenerò in una deriva bonapartista che ha stravolto la tradizione socialista (forse anche al di là della volontà di Craxi stesso) e ci ha regalato De Michelis ed i suoi orribili parti: Sacconi e Brunetta.

claudio bellavita ha detto...

beh, anche io, che tolto un breve periodo bassiano da giovanissimo son
sempre stato lombardiano, ricordo Lombardi che in un discorso trattava con
sufficenza l'internazionale socialista, dicendo che "non era nè
internazionale nè socialista"....

Peppe Giudice ha detto...

Negli anni 70 , dopo che Brandt prese la presidenza dell'IS Lombardi
modificò profondamente il suo giudizio
sull'Internazionale Socialista. Al Congesso di Torino nel 1978 egli rilevò
positivamente il superamente da parte dell'IS della Carta di Francoforte. E
la sua apertura verso
i movimenti di liberazione del III Mondo.