venerdì 17 aprile 2009

vittorio lussana: verso una nuova sinistra

Verso una nuova sinistraCondividi
Oggi alle 13.41
di Vittorio Lussana

(articolo tratto dal sito web www.periodicoitaliano.info)

Nonostante le numerose perplessità e le notevoli difficoltà incontrate sino ad oggi, io continuo a ritenere il progetto politico denominato ‘Sinistra e Libertà’, che si presenterà alle prossime consultazioni europee, un fatto notevolmente interessante, poiché teso a proporre agli italiani un innovativo percorso di ‘nuova laicità’ in grado di favorire una futura convergenza unitaria di tutte le forze laiche, progressiste e riformiste del nostro Paese. Le ragioni di molte scelte operate di recente dalla Chiesa cattolica istituzionale si pongono in una direzione fortemente contraria rispetto a quella di un moderno cattolicesimo democratico. Pertanto, io credo si possa anche valutare quanto abbia fin qui pesato, negli orientamenti prevalenti delle gerarchie ecclesiastiche, la persistenza di un modello ideale di società pervaso da un’immagine di unità organica di una fede, dei suoi riti e della sua moralità, preservabile solo all’interno di determinate forme di governo risalenti ad antiche tradizioni monarchiche di carattere ‘sacrale’. In buona sostanza, un’innovativa concezione dello Stato assolutamente ‘neutrale’ in materia religiosa può aprire, per la Chiesa, una serie di questioni cruciali, poiché la natura di una democrazia laica e costituzionale rappresenta, per molti settori del cattolicesimo, la disgregazione di un intero assetto sociale, la distinzione inammissibile tra politica e morale e tra morale e fede. All’interno di queste contraddizioni, può dunque spiegarsi assai bene l’argomento di un laicità in grado affrontare una Chiesa cattolica che, da sempre, tende a proporre un modello di società ‘omnicomprensiva’, tale cioè da assorbire in sé una larga parte della sfera sociale della comunità dei fedeli, configurandosi secondo modalità ‘monolitiche’, in cui la religione stessa diviene una vera e propria ideologia. Questa linea di tendenza si è manifestata con chiarezza in quei contesti politici (legge sulla fecondazione assistita, unioni di fatto, testamento biologico, eutanasia, ‘pillola del giorno dopo’) in cui il conflitto dialettico ha assunto quasi tutti gli aspetti della vecchia contrapposizione tra laicità e religione, tra fede e scienza, tra Stato e Chiesa: in pratica, tra due modelli etico - politici assolutamente distinti. Ciò tuttavia ha segnato l’emarginazione, negli ambienti cattolici, delle tendenze più aperte e liberali, mentre sul fronte politico laico - riformista si è finiti col marginalizzare una concezione della laicità più aperta ai valori dell’etica religiosa, di quella cristiana in particolar modo. La fisionomia fondamentalista del laicismo ‘positivista’ radicale, ad esempio, discende dalla convinzione, un po’ datata, che ragionando in termini puramente scientifici esista una ed una sola verità: una sorta di applicazione ‘comtiana’ dei criteri e delle metodologie della scienza alle multiformi realtà culturali del Paese, che pretenderebbe di imporre, anche in ambiti morali, una sola spiegazione valida, quella cosiddetta ‘scientifica’. Viceversa, si sviluppa, anche in Italia, una sempre maggior consapevolezza del relativismo proprio delle metodologie ‘scientiste’ che, a sua volta, infligge ad un simile ‘dogmatismo ideologico’ un colpo mortale. Ma proprio intorno a questo punto si potrebbe ritrovare un nuovo possibile ‘germe’ culturale autenticamente progressista: un’innovativa visione della laicità può infatti ‘incunearsi’ in quel progressivo processo di distacco tra laicità e laicismo di cui ho trattato di recente. In quanto dottrina politica, essa potrebbe infatti influire sull’evoluzione della società italiana secondo molteplici modi e in svariate direzioni: mentre da un punto di vista prettamente culturale può porsi come una nuova e più moderna filosofia di sinistra, a livello politico deve cercar di ‘puntare’ le proprie carte proprio sul superamento della polemica tra laicismo e clericalismo, perseguendo la progressiva trasformazione di quegli assetti sociali al cui interno si esaurisce quel conflitto. In poche parole, prendendo le distanze dal liberalismo più oligarchico e verticista, una moderna visione della laicità potrebbe porsi come una dottrina portatrice di valori alternativi a quelli ‘borghesi’. Al contempo, muovendo la propria sfida al cuore stesso del ‘classismo’ italiano, essa sarebbe in grado di accelerare anche la crisi del laicismo in quanto ideologia militante, provocando, quasi per ‘contraccolpo’, un riavvicinamento tra Stato e Chiesa. Insomma, il progetto per una nuova ‘sinistra laica’ potrebbe risultare estremamente ‘utile’ al fine di separare l’assetto laico dello Stato da ogni genere di nichilismo ideologico per tre principali motivazioni: a) perché può spostare i termini di ogni confronto dal piano puramente ideologico a quello più propriamente economico - sociale; b) perché introdurrebbe un robusto elemento dialettico nella vita pubblica; c) perché metterebbe a nudo le debolezze del laicismo in quanto ideologia ‘borghese’ e, nel caso italiano, conservatrice. Culturalmente, il problema di un nuova laicità che si indirizzi verso gli ideali di nuove libertà pubbliche deve dunque essere sollevato in una maniera completamente diversa. Personalmente, tendo a porre la questione su di un piano di effettiva ‘riforma intellettuale e morale’ della cultura popolare italiana, intesa come fortissima innovazione della nostra mentalità collettiva nazionale. Il tema di una simile ‘riforma laica’ della società non passa, infatti, per la ‘scorciatoia’ di una critica di stampo ‘integralista’ al cattolicesimo, bensì da una lettura del cattolicesimo medesimo in quanto storia di una determinata dottrina sociale. La definizione della religione come apparato ideologico ed in quanto visione egemonica del mondo, già presente nella critica italo - marxista, non ha mai esaurito del tutto la questione di un sentimento religioso e popolare in grado di ripresentarsi, in mutate condizioni, in situazioni totalmente nuove o assolutamente impreviste. I processi di secolarizzazione e di modernizzazione operano lentamente, ma costantemente, come fattori dirompenti nel rapporto tra struttura sociale e religione, lasciando sussistere quest’ultima in quanto ‘visione frammentata’ della realtà. Lo sviluppo capitalistico e i conseguenti processi di modernizzazione dei conseguenti valori etici di comportamento producono la ‘caduta’ della religione in quanto ideologia, ovvero la sua riduzione a filosofia ‘subalterna’, adatta agli strati sociali più emarginati, poiché ne causano la sua ‘frantumazione’: quali sono, oggi, le effettive interazioni che avvengono, nel concreto, tra il sentimento cattolico - popolare e le prescrizioni e i modelli di comportamento teorizzati dalla Chiesa istituzionale? Quanti sono i credenti che divorziano, che hanno divorziato o che fanno uso di metodi anticoncezionali? Quanto effettivamente influiscono determinati precetti ecclesiastici, teorizzati secondo modelli culturali integralisti, sul comportamento pratico dei fedeli? E fino a che punto? Queste sono, a mio parere, contraddizioni fondamentali, in grado di generare nuove domande di carattere etico, culturale e politico. Ed io continuo a ritenere che, intorno ad un simile dibattito, possa, in futuro, ritrovarsi una larga parte del mondo progressista italiano, affinché sulla questione della ‘pluralità di cattolicesimi’ che convivono all’interno della struttura popolare italiana presa nel suo complesso, possano svilupparsi prospettive in grado di ‘riprendere il filo’ di un innovativo riformismo sociale capace di recuperare una propria autorevolezza politica.

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