domenica 12 aprile 2009

Mauro del Bue: le lacrime di berlusconi e la freddezza della sinistra

L'Occhio Del Bue
Ieri 11 aprile 2009, 19.13.04

Le lacrime di Berlusconi e la freddezza della sinistra
Ieri 11 aprile 2009, 19.11.17 | Mauro Del Bue
Diciamo la verità. Berlusconi riesce a mettersi in sintonia coi sentimenti degli italiani. Magari non è proprio un calcolo e il personaggio dispone di questa acuta sensibilità. Perchè escluderlo? E magari proprio questa è la ragione fondamentale del suo successo. Un tempo era la sinistra a piangere col popolo, ad avvertirne e interpretarne il dolore. Non dimenticherò tanto facilmente le lacrime di Pertini dopo la strage della stazione di Bologna e dopo il terremoto in Irpinia. E così pure a Vermicino, di fronte alla tragedia del piccolo Alfredino imprigionato nel pozzo. E per andare più indietro ancora è difficile non farsi venire alla mente la descrizione di personaggi quali Camillo Prampolini e Gregorio Agnini, che venivano considerati alla strega di Gesù, e venerati e addirittura toccati come santi, perchè sapevano parlare a nome dei poveri e dei diseredati e interpretarne i sentimenti e i bisogni. Oggi la sinistra è fredda e distaccata, abita più agevolmente i salotti del capitalismo nostrano e al massimo si degna di frequentare i mezzi busti dell’informazione salottiera televisiva, ma non riesce a sintonizzarsi con la gente. Dopo il terremoto in Abruzzo questo divario tra Berlusconi e la sinistra è ancora più evidente. E non si tratta solo di una differenza caratteriale dei personaggi. Alla sinistra di oggi non manca solo la sensibilità, manca l’anima. E’ ridotta a cercarla ovunque e come Diogene anche di notte e con la lanterna. Purtroppo senza trovarla. Per questo così come non sa ridere adesso non sa neanche più piangere.

1 commento:

vittorio melandri ha detto...

Siamo alla “beatificazione” in vita, del Berlusconi piangente.



Occorrerebbe un maggior pudore, non nel versare lacrime, ma nel “riprenderle” e nel caricarle di significati, tutti favorevoli all’ipocrita rincorsa al “gradimento” del popolo.



Senza vergogna, il “solo critico televisivo (Aldo Grasso)” rimasto in Italia, già fan del GF, ha tessuto le lodi del più “sobrio” degli anchorman italiani, Bruno Vespa.



È lo stesso Grasso che con il “solo liberale d’Italia (Piero Ostellino)”, e il “solo uomo di cultura capace di fare cultura (Pierluigi Battista)”, e il “solo sostenitore della –giusta- tortura (Angelo Panebianco)”, nobilitano tutti insieme le pagine del “solo quotidiano autorevole rimasto in Italia”, e ci danno spesso la temperatura della “sinistra” italiana che non sa ridere, e che stando all’autorevolissimo Mauro Del Bue, socialista “per sbaglio?” alla corte berlusconiana, non sa nemmeno piangere.



A leggere i socialisti alla Del Bue (vedi L’Occhio Del Bue - www.locchiodelbue.it - 11 aprile 2009) in verità a me viene continuamente da piangere, anche se, pur con distinguo che non sto questa volta a sviluppare, sono in sintonia con il senso di un articolo di Piero Ottone apparso su la Repubblica del 02 settembre 2008, che qui di seguito ripropongo.



Vittorio Melandri



Non mostrate in tv lacrime e bambini



di PIERO OTTONE



Vi sono momenti della vita, vi sono scene che non dovrebbero mai diventare spettacolo. Come una persona che piange. Quando una persona è in lacrime, bisognerebbe sempre fare un passo indietro, lasciarla sola, sparire. Dopo una gara, alle Olimpiadi di Pechino, è stato intervistato alla televisione l’atleta che, per altro vincitore, era stato colto dalla commozione, per lo sforzo compiuto che lo aveva stremato, e per vicende familiari (la morte del nonno, alla vigilia della sua prestazione). Le telecamere lo hanno mostrato a lungo, da pochi centimetri, impietose, mentre singhiozzava. Penoso: mai avrebbero dovuto farlo. I singhiozzi sfigurano il volto, fanno perdere il senno, sono un fatto personale. Tanto meno i giornali, i settimanali, la televisione dovrebbero mostrare al pubblico persone disperate in seguito a un incidente, a un attentato, a una strage. Imperdonabile che ai parenti delle vittime si rivolgano domande. È vero: gli eventi, anche quelli luttuosi, devono essere registrati, devono essere descritti. Ma gli stati d’animo, lo sgomento, la disperazione di chi è coinvolto, non aggiungono nulla alla notizia, non sono oggetto di cronaca. È imperdonabile indugiare su di essi. Anche i bambini dovrebbero essere risparmiati, dovrebbero essere esclusi da ogni genere di pubblicità, da ogni esibizione. È inevitabile che i personaggi al centro della vita pubblica desiderino farsi vedere: è parte del gioco. Ed è comprensibile che la televisione e le varie pubblicazioni più o meno frivole li assecondino. Al pubblico tutto questo interessa: e non si nuoce a nessuno, se non, assai spesso, al buon gusto. Ma figli e nipoti dovrebbero essere tenuti fuori. Spesso vediamo alla televisione immagini, per lo più collegate a spot pubblicitari, in cui i bambini diventano piccoli attori, le bambine diventano divette. Non è un bene: penso non a chi guarda, ma a chi è guardato. Sarebbe bello se a tutti i giovani si permettesse di crescere tranquillamente per conto loro, senza essere contaminati da tentazioni di divismo. Vale per la televisione, come per i giornali, una regola: vorrei chiamarla la regola del salotto, immaginando uno di quei salotti che esistevano nel passato, forse esistono ancora. Né sulle pagine di una pubblicazione né sullo schermo televisivo dovrebbe mai comparire ciò che in un salotto non sarebbe bene accetto. Quando si è nel salotto non ci si mette a piangere. Non si fanno effusioni, non si bacia e accarezza la persona che si ama (o che si fa finta di amare). Non si usano certe parole, non si fanno certi gesti. Insomma: ci si comporta in modo urbano, secondo le regole, si sarebbe detto nel passato, della buona educazione. E i bambini, nel salotto, comparivano solo fugacemente, se pur comparivano, per l' augurio di buona notte. Non suggeriamo, con queste note, alcuna normativa obbligatoria. Non diciamo che dovrebbe essere vietato questo o quello; anche perché i divieti sono spesso ignorati, o messi in ridicolo (come l' avvertimento, pronunciato a una velocità assurda che lo rende incomprensibile, secondo cui un certo prodotto "è un medicinale"). Vorremmo soltanto rendere esplicite alcune regole valide per chi, in un mondo sempre più discutibile, vorrebbe mantenere un po' di buon gusto.