martedì 7 aprile 2009

Franco Astengo: tra CLN e fronte Popolare

da aprile

La sinistra tra CNL e Fronte Popolare
Franco Astengo, 06 aprile 2009, 13:25

Dibattito Ci troviamo in una fase difensiva ed è necessaria l'elaborazione di un orientamento complessivo che tenga di questo stato di cose: serve, all'interno dei singoli Paesi, una "politica dei redditi" capace di affrontare la forza degli squilibri sociali che si sono determinati; dall'altro canto, sul piano delle relazioni finanziarie ed economiche internazionali, serve quello che al G20 non si è fatto: una nuova Bretton Woods



L'intenso weekend che abbiamo alle spalle è risultato pieno di appuntamenti molto importanti, sia a livello internazionale, sia sul versante interno: G20, vertice NATO a Strasburgo, manifestazione della CGIL a Roma.

Semplificando molto l'articolazione di un ragionamento politico, che pure sarebbe necessario approfondire al massimo, emerge dall'analisi concreta relativa all'esito di questi appuntamenti, la necessità per la sinistra italiana di assumere una linea chiara rispetto alla crisi e alle esigenze sociali che essa produce, tenendo conto che non paiono alle viste insorgenze significative (la piazza di Roma ha dimostrato, caso mai, l'esigenza urgente di quella che una volta era definita"sponda politica", altrimenti proseguirà una commistione d'intenti probabilmente deleteria per l'autonomia del sindacato), né appaiono perseguibili ipotesi "crolliste".

Ci troviamo, dunque, ed è bene ribadirlo in una fase fortemente difensiva, almeno dal nostro punto di vista, ed appare necessaria l'elaborazione di un orientamento complessivo che tenga di questo stato di cose: la crisi non può essere affrontata secondo lo schema Geithner - Obama: immettendo cioè ulteriore liquidità all'interno - appunto - di una crisi causata proprio da un eccesso di liquidità, che ha provocato la fine del risparmio per milioni e milioni di persone, causando squilibri enormi non rimediabili se non attraverso una drastica inversione di rotta.

Inversione di rotta che richiede, insieme, il ripristino di modelli "storici" nell'elaborazione economica della sinistra europea e l'adozione di nuove istanze, in grado di affrontare la complessità e l'articolazione delle contraddizioni e delle fratture che si sono prodotte, socialmente, economicamente e culturalmente, nel corso di questi anni.

Da un lato serve un progetto di ristabilimento, all'interno dei singoli Paesi, di una "politica dei redditi" capace di affrontare la forza degli squilibri sociali che si sono determinati; dall'altro canto, sul piano delle relazioni finanziarie ed economiche internazionali, serve quello che al G20 non si è fatto: il ristabilimento di una disciplina internazionale dei cambi che riequilibri i livelli di flusso di risparmio mondiale ( si era parlato, inutilmente, di una nuova Bretton Woods).

Contemporaneamente va combattuta l'idea (cara, in particolare, al governo italiano) di uno sviluppo fondato su grandi concentrazioni di investimento sul territorio anche da parte della mano pubblica collegato a quello che è stato definito come "disarmo ecologico" (anzi, l'investimento della mano pubblica dovrebbe essere collegato ad un progetto opposto : di assoluta riqualificazione del territorio e della rete delle "utilities" nella direzione - appunto - dell'ambientalismo "intelligente").

Questo appare, esposto a grandi linee, il quadro programmatico di cui dovrebbe discutere la sinistra italiana assieme ad altre due grandi questioni, che esponiamo succintamente per via del tutto schematica:

1) La qualità della democrazia italiana, a questo punto dell'assalto di destra al ruolo del Parlamento e -di conseguenza - della democrazia rappresentativa. Su questo punto dobbiamo essere chiari. Se siamo convinti che questo tipo di attacco, che non descriviamo per comodità d'esposizione ma che pare ben conosciuto da tutti, è tale da risultare foriero di un vero e proprio mutamento di regime nel senso dell'instaurazione di una sorta di potere personale del Premier, allora serve - davvero - e va detto senza infingimenti il CLN: cioè una grande alleanza tra diversi, distinti, che in comune abbiano lo scopo immediato di difendere il tipo di democrazia che è stato offerto alla storia d'Italia da parte della Costituzione Repubblicana. Per far questo, però, è necessario che dalla nostra parte si abbia una concezione molto rigorosa dell'agire politico, senza scivolare nel personalismo di improbabili governatori che dichiarano la necessità del protagonismo e si autoeleggono leader e "punto di riferimento". Attenzione a queste scivolate, che ci collocano direttamente sul terreno dell'avversario e non un terreno qualunque ma proprio quello prediletto ! Iniziative personalistiche di questo tipo rischiano di allontanare chi pensa davvero ad una azione reale e concreta capace di avversare quella specifica, negativa,concezione dell'agire politico come "personalistica logica del potere", al riguardo della quale servirebbe davvero un CLN. Dentro al CLN occorre, però, anche il "Fronte Popolare", come forza di sinistra capace di rilanciare l'azione classica di difesa e di proposta del mondo del lavoro, senza essere laburista perché portatrice di una proposta di trasformazione della società "d'interesse generale", in grado di recuperare una dimensione di massa all'azione politica orientata direttamente verso l'integrazione sociale.

A questa esigenza di nuova soggettività politica, che pure era conclamata da molti, ma che è stata abbandonata per rincorrere forzatamente l'immediatezza delle situazioni elettorali, debbono pensare in tanti, oggi collocati su frontiere diverse. E' indispensabile tenere ancora aperto il dibattito su questo punto, alimentarlo, cercare di costruire occasioni pensando già all'immediato post -elezioni europee, con l'idea che estate e autunno non debbano passare invano;

2) Il secondo punto riguarda la CGIL. Scritto proprio in estrema sintesi: va spinto con forza il piede sull'acceleratore delle lotte per centrare un obiettivo: quella della modifica delle intenzioni degli "altri" in materia contrattuale, puntando a rientrare subito nella piena facoltà - appunto - di discutere i contratti e le condizioni di lavoro a tutti i livelli. Alle lotte va affiancata, comunque, una riflessione di alto livello per arrivare a realizzare un disegno di pieno recupero di rappresentatività. Diversamente il rischio è quello dell'isolamento, non tanto rispetto alle altre sigle (al riguardo del comportamento delle quali evitiamo il giudizio, per carità di patria) ma verso il complesso dei settori sociali di riferimento, oggi sicuramente non riconducibili ad una unica "frattura", ma collocati socialmente in forme e dimensioni tanto articolate come mai ci era capitato di osservare e, di conseguenza, più che mai interessati a soluzioni concrete dal punto di vista delle loro condizioni di vita e di lavoro.

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