venerdì 21 agosto 2009

Fausto Bertinotti: Fondare un nuovo partito sul modello del vecchio PSI

Da Alternative per il socialismo

> (AGI) - Roma, 14 ago. - "Scomporre" l'attuale sinistra e fondare un nuovo
> partito "unitario e plurale", sul modello del vecchio Psi della fine
> dell'800. Fausto Bertinotti apre la discussione sul futuro della sinistra
> in Italia dopo le ultime batoste elettorali. Prima, afferma l'ex
> presidente della Camera, "avevamo due sinistre", ora "non ne abbiamo piu'
> nessuna. Ne dobbiamo ricostruire una, italiana ed europea insieme. Lo
> dobbiamo fare, perche' cio' che e' maturo oggettivamente (il cambio, la
> trasformazione), lo possa diventare soggettivamente, cioe' politicamente.
> Alla fine dell'800 la nascita del Partito socialista e' pensata come atto
> destinato all'intero movimento operaio, c'e' bisogno di qualcosa di
> ugualmente fondativo". Ma la situazione e' davvero difficile: "E' evidente
> che se si guarda staticamente alla geografia politica attuale della
> sinistra - afferma Bertinotti - questa ipotesi appare azzardata, utopica,
> astratta. Ma se si sposta lo sguardo ai processi sociali, alla
> drammaticita' della crisi e alla persistenza di una diffusa disponibilita'
> al conflitto e alla trasformazione, l'ottica puo' sensibilmente mutare".
> Per l'ex segretario di Rifondazione comunista: "non si tratta di unire
> tutto quello che c'e' adesso a sinistra, al contrario si tratta di dar
> vita a un'altra cosa rispetto a tutto il campo dell'esistente. Un'altra
> soggettivita', che oggi non c'e'". E cio' prevede "un processo che implica
> la scomposizione di tutte le forze politiche esistenti e la ricomposizione
> delle forze che si considerano di sinistra in un quadro radicalmente
> nuovo". Insomma, conclude Bertinotti nell'editoriale dell'ultimo numero di
> Alternative per il socialismo, "un processo di trasformazione dell'intera
> geografia politica attuale della sinistra. Il contrario delle sommatoria
> che abbiamo gia' tentato, registrando un drammatico insuccesso. C'e'
> bisogno della rinascita della sinistra europea del XXI secolo. C'e'
> bisogno, in Italia, di una nuova sinistra unitaria e plurale e del suo
> partito, un partito riformato. Discutiamone".

34 commenti:

Dan ha detto...

> Ciao Giovanni,
> grazie x la notizia.
> Speriamo, tuttavia, che il "nascente Partito Socialista " non abbia
> Bertinotti nè nelle sue file nè tantomento alla sua testa....
> Lasciamo i posti a nuove persone non responsabili con la disgregazione
> attuale della sinistra.
> Daniele

Giovanni ha detto...

caro dan,
non credo che bertinotti abbia intenzione di svolgere un ruolo direttivo, ma
solo di stimolo. su questo credo sia coerente e il suo articolo va in questo
senso indicando una strada che penso sia l'unica possibile.
cia, un caro saluto
giovanni

Dario ha detto...

Ma perchè Bertinotti, dopo aver distrutto nel 1980 la CGIL a Torino e aver
tentato di Rifondare una cosa che si chiamava comunista ma che in realtà era
un partito "radical chic" da sinistra salottarda e che ha fatto una fine non
proprio entusiasmante, non approfitta del vitalizio che ha per stasene zitto
a riflettere sulle varie stupidate che ha prodotto nella sua vita politica,
evitando a noi poveri mortali le sue solite riflessioni politicistiche?
Probabilmente in Italia qualcosa che somigli al socialismo delle origini
rinascerà, ma è certo è che se vorrà sopravvivere dovrà nascere al di fuori
dei vecchi circoli di quei politici che, dopo quindici anni di iniziative
politiche sballate ed astruse, hanno portato la sinistra alla scomparsa.

Giovanni ha detto...

Caro Dario,
mi spiace, ma non sono d'accordo con te. Credo che Bertinotti si sia riservato semplicemente un ruolo di stimolo, proponendo, tra l'altro, qualcosa che assomiglia molto alle riflessioni fatte da molti di noi in questi ultimi anni...
O abbiamo in mente qualcosa di molto diverso?
Poi, certo, i suoi vezzi possono piacere o meno...
Ciao
Giovanni

Alberto Aloisi ha detto...

Credo che presto o tardi la questione socialista in Italia sarà destinata a riproporsi. Ancor oggi non riesco, pur sforzandomi, a intravedere a sinistra una nuova formula riformista e liberale che non sia dichiaratamente socialista. Una crisi, la nostra, non causata necesseriamente da cause endogene (tangentopoli prima, sbarramenti elettorali ora) ma da caratteristiche individuali dei socialisti, fauturi nel passato delle loro fortune, colpevoli delle attuali disgrazie. Sono relativamente giovane e sufficientemente esperto per riconoscere che molte deille nostre colpe stanno nelle caratteristiche "caratteriali" dei socialisti troppo individualisti, con scarso senso di partito, spesso "voltagabbanisti" per piccoli scopi. D'altronde all'indomani di Tangentopoli se il partito fosse rimasto unito, l'ondata sarebbe passata ed invece il "si salvi chi puo" dominante ha portato alla disgregazione del partito. Ancor oggi, nel nostro piccolo, i vizi sono rimasti immutati spesso anche a livello di base.

Felice Besostri ha detto...

Ecco la soluzione! Un socialismo senza socialisti! Purtroppo non è una battuta. I vizi denunciati da Eddo sopravvivono anche in un PS dello 0,9% e che conterà meno iscritti se non trova una linea chiara su Sinistra e Libertà.
Con la testa rivoltà all'indietro non vedremo mai sorgere il sole dell'avvenire!

Giovanni ha detto...

Caro Felice,
credo che uno dei meriti della proposta di Bertinotti stia nella riproposizione di un modello di partito, come quello del vecchio PSI, che andrebbe ristudiato e attualizzato...

Dario ha detto...

Caro Alberto
concordo completamente con la tua analisi
Dario Allamano

Dario ha detto...

Concordo anche con Felice
Dario

Pino Falci ha detto...

> Personalmente mi da fastidio questa aria da uovo di Colombo a scoppio
> ritardato. Mi ripeto che siamo ad agosto e se ne sentono tante.
> Mi domando anche, visto che si parla di una scatola, magica nei contenuti
> e per giunta facile da destrutturare e ristrutturare, che czz abbia fatto
> Bertinotti negli ultimi 15 anni. Zenga nel '90 ha fatto una papera e
> gliela rinfacciano ancora. Il poverino deve ricostruire una carriera da
> allenatore, perchè un mortale non dovrebbe accontentarsi di una pensione
> da ex-Presidente della Camera ?
> Cordialmente
> Pin Falci

Giovanni ha detto...

caro pino, non mi pare che abbia detto che sia così facile...
cmq metto questo scambio di battute direttamente nel blog e prendo atto
dell'antipatia generalizzata che suscita bertinotti

Dario ha detto...

Se Bertinotti (e gli altri pseudo leaders che hanno portato la sinistra allo
sfascio) la smettesse di stimolare il suo ego infinito probabilmente qualcosa
rinascerebbe, non so ancora bene come, ma certo si sente il bisogno di una
forza socialista nel mondo e non solo in Italia.
Ma mentre nel mondo chi porta il proprio partito alla sconfitta se ne va e
lascia spazio ad altri, in Italia chi perde e riperde come Bertinotti o
Veltroni si impalca anche a spiegarci come dovrebbe essere il futuro.
Io per l'esperienza che ho vissuto negli anni 80 in CGIL, da sempre ho in
mente qualcosa di molto diverso da Bertinotti, il suo comunismo da salotto in
cachemire è quanto di più lontano possa esistere dagli interessi e dai
bisogni dei cittadini comuni
Ciao
Dario

Giovanni ha detto...

caro Dario,
però anche tu personalizzi: a me interessa più la proposta della persona,
che comunque mi sta umanamente simpatica
ciao
giovanni

Gian Luca Chiesa ha detto...

Condivido pienamente la visione di Dario (ed anche il "senti da che pulpito" di Besostri): Bertinotti, Veltroni & C. hanno solo un diritto, ossia quello di ritirarsi a vita privata e di non essere mai più "disturbati"!!! Sul fatto che ci sia la necessità di un ritorno al Socialismo od alla Socialdemocrazia che dir si voglia, è cosa ormai palese, in tutto l'Occidente da un anno ormai non si discute d'altro...Come fare è ben altra questione ma forse se, ribadisco, tanti si facessero da parte, qualcosa di positivo potrebbe succedere. Con questo non intendo dire che il mancato ritorno del Socialismo in Italia sia solo colpa degli zombies che non se ne vanno ma certo questo loro permanere non aiuta...

Gian Luca Chiesa

Dario ha detto...

Caro Giovanni,
le vacanze servono anche per riflettere e tu fai molto bene a mettere in
circolo tutte le idee che compaiono in rete, io però continuo ad essere un
critico del signore in oggetto, ma, per evitare una ulteriore
personalizzazione, ti invio una mia riflessione politica.

Dario ha detto...

La scomparsa della sinistra in Italia deriva da una tara storica che affonda
le sue radici negli errori che il PCI fece negli anni '80, allorchè invece
di
fare una seria e profonda analisi di quanto stava avvenendo nel mondo (il
liberismo nell'occidente di cui il golpe in Cile fu laboratorio e la crisi
delle economie statali nei paesi dell'est europeo ed in Urss), preferì, per
paura ed incapacità rifugiarsi in una comoda soluzione politicistica:
il "compromesso storico", i cui esiti nefasti si stanno trascinando ancora
oggi con il PD e la sua implosione politica infinita.
Bertinotti che quale dirigente sindacale poteva contare su di un
osservatorio
privilegiato, perchè nelle fabbriche si potevano vedere i primi effetti
della "nuova rivoluzione industriale", preferì adagiarsi sulla sua deriva
movimentista, portando nel 1980 la CGIL, scusami se insisto, ad una
sconfitta
storica, senza accorgersi, a causa del suo ideologismo, che, dopo 10 anni di
politiche neo-liberiste, il mondo era cambiato.
Le fabbriche stavano mutando perchè stava andando a regime il nuovo sistema
di
produzione: il "Just in time", in cui il la quantità della produzione era
determinato dalla domanda del mercato e la produzione era governata sempre
di
più dai sistemi informatici, sistema che avrebbe mandato in soffitta la
vecchia struttura produttiva basata sulle grandi (immense) fabbriche del
modello fordista (tanto per non dimenticare nel 1980 Fiat Mirafioni era
paragonabile alla città di Asti: 70.000 addetti).
(segue)

Dario ha detto...

(segue)
Il primo effetto sul mondo del lavoro fu l'espulsione di quantità sempre più
ampie di lavoratori con contratto a tempo indeterminato e la
de-localizzazione di interi segmenti produttivi, inoltre la necessità di
avere cicli produttivi sempre più indotti dalla domanda di mercato, produsse
una progressiva flessibilizzazione della forza lavoro, che con il tempo
divenne precarietà, con le inevitabili mutazioni nella struttura sociale
italiana, non solo del nord ovest, ma anche del sud.
Le regioni meridionali non seppero agganciarsi (come fece il nord est) a
questa nuova locomotiva produttiva (di cui Melfi fu antesignana) a causa
delle loro debolezze infrastrutturali e culturali, ma andarono sempre di più
verso una deriva, in cui mafia, camorra e ndrangheta governavano pezzi
sempre
più rilevanti del potere delinquenziale (ad oggi si stima il "fatturato" di
droghe, rifiuti e traffico esseri umani in 150 miliardi di euro/anno, tre
volte il fatturato del Gruppo Fiat).
Per tornare al NW, lo sviluppo del sistema JiT richiedeva una rete per la
subfornitura in tempo reale dei prodotti e dei moduli produttivi, con la
scomparsa degli stoccaggi di magazzino, sia in entrata che in uscita, con la
contemporanea proliferazione della miriade di micro, piccole e medie aziende
che sarebbero diventate nel tempo la struttura economica portante
dell'Italia.
Come conseguenza collaterale liberò gli ingenti fabbisogni finanziari
richiesti dall'immagazzinamento, rendendoli disponibili per altri utilizzi
(ma questo è un altro discorso)
La necessità, inoltre, di creare una rete logistica efficiente (stante la
rigidità organizzativa ed il pessimo stato delle ferrovie), in grado di
rispondere just in time, fece crescere in modo esponenziale i "padroncini" e
le aziende per i trasporti su gomma, con tutti i problemi creati in termini
ecologici ed ambientali e di saturazione delle infrastrutture viarie.
Questi problemi erano già ben conosciuti nel 1980, bastava andare a vedere
cosa stava succedendo in Francia da almeno 10 anni.
Le nuove tecnologie stavano e stanno tuttora modificando il mondo, e
qualsiasi
politico di buon senso, non dico nemmeno marxista, poteva capire che
l'Italia
sarebbe cambiata e che, di conseguenza, sarebbe stato necessario riformare
le
politiche dei partiti della sinistra e dai sindacati.
(segue)

Dario ha detto...

(segue)
Il PSI, pur con molti limiti ed errori, ci provò con la Conferenza di Rimini
dell'82, il PCI si fermò a criticare, con violenza, il "revisionismo"
socialista in nome di una supposta superiorità morale e di una modifica
genetica dei socialisti.
Il moralismo comunista generò tra i suoi adepti un profondo e viscerale
antisocialismo, ma non creò una nuova "etica della responsabilità e del
dubbio", bensì il giustizialismo di "mani pulite", il cui capofila non
poteva
e non sarebbe diventato il PCI bensì il dipietrismo.
Oggi a 15 anni dal fallimento evidente di mani pulite (oggi in Italia le
tangenti sono molto più diffuse che non 15 anni fa) ed a vent'anni
dall'avvio alla Bolognina della politica trasformista del PCI cosa resta
della sinistra che fu? Poco, quasi niente.
Il PD (ultima versione del trasformismo catto-comunista) non è in grado di
fare una benchè minima analisi corretta della situazione politica e sociale,
nè tanto meno proporre una politica adatta ai nuovi bisogni, i nodi delle
sue
contraddizioni stanno arrivando al pettine.
La sinistra non è stata in grado di comprendere, nonostante la sua
(presunta)
formazione marxistica, che le modifiche del sistema economico avrebbero
provocato una profonda modifica del sistema sociale.
Ancora oggi, dopo venti anni, tutte le proposte si basano su proposte
politicistiche, tipiche del vecchio PCI, secondo cui i problemi, e le
soluzioni possibili, stanno nella forma di Partito (uno, bino, trino,
plurale
ecc), senza capire che la forma del partito è consequenziale alle modifiche
sociali ed econimiche avvenute.
Oggi è necessario individuare con chiarezza chi si intende rappresentare, in
che modo e con quali proposte, ma occorrerebbe conoscere la realtà (per
trasformarla).
Oggi il popolo italiano è un popolo gravemente malato di "individualismo",
trent'anni di culture basate sulla concorrenza spietata hanno espunto dai
pensieri dei nostri concittadini il pensiero sociale, per cui non basta
proporre un nuovo "modello di partito" per risolvere la questione.
Il ritorno alle origini del socialismo paventato da FB fa abbastanza ridere.
A Genova i socialisti arrivarono dopo anni ed anni di discussioni ed
iniziative politiche, ma i delegati che si riunirono il 14 agosto 1892,
provenendo da diversi filoni politici (i riformisti di Turati, gli
anarchici,
i massimalisti), se mi ricordo bene, fin dalla sera stessa si separarono,
perchè era del tutto evidente che non era possibile addivenire ad una
proposta unitaria tra chi prefigurava iniziative "movimentistiche" e chi
invece privilegiava l'azione politica riformista.
(segue)

Dario ha detto...

(segue)
Ancora oggi è così, dappertutto nel mondo occidentale esistono nella
sinistra
due partiti, uno più riformatore ed uno più massimalista, la prevalenza di
uno o dell'altro dipende dalla capacità di analizzare la realtà e su questa
analisi formulare proposte politiche su cui andare a chiedere il parere agli
elettori.
Oggi in Italia la questione centrale per la sinistra in Italia non è uno o
due
partiti, ma se esiste un Progetto politico che risponda ai problemi che la
crisi ha evidenziato: quali sono le proposte politiche, economiche, sociali,
sui diritti civili, sull'ambiente ecc. che provengono da questa parte del
campo?
Se qualcuno mi chiedesse quali sono i Progetti politici di PD, PS, RifCom
(non
considero IDV di sinistra) io non saprei rispondere, perchè oggi non
esistono
nè "programmi massimi" nè "programmi minimi", esiste solo l'arte
dell'occupazione e della spartizione (con il centro destra) del potere.
Per la sinistra il lavoro da fare è pesante, difficile e lungo, non ci sono
scorciatoie politicistiche.
Sino a che gli italiani non capiranno le parole che dicono i cosiddetti
leaders della sinistra (o meglio dell'asinistra), lo scoramento, la
disaffezione e l'astensionismo al voto continueranno ad aumentare, e non
sarà
una dichiarazione di FB (presumo dal suo buen retiro di Dolceacqua) a
cambiare una situazione quasi disperata.
Caro Giovanni
io ritengo che per risorgere la sinistra dovrà passare ancora
attraverso altre forche caudine, spero che quelle delle regionali del 2010
siano le ultime, forse, dopo si inizierà a ricostruire qualcosa che
assomigli
al socialismo turatiano delle origini, un Partito dei Socialisti che tenti
di
coniugare Giustizia Sociale e Libertà Civili (in sintesi il rossellismo del
XXI secolo).
Ciao
Dario

PS
la situazione politica potrebbe comunque subire una forte accelerazione a
fronte della crisi della destra indotta dalla recessione economica e dai
troiai di Berlusconi, ma, sulla base del principio "simul stabunti simul
cadent", la scomparsa di Berlusconi non farebbe che aggravare ulteriormente
la situazione del PD e degli altri partiti di opposizione, che perderebbero
l'unico collante che li tiene uniti: l'antiberlusconismo.

Giovanni ha detto...

caro Dario,
la invio senz'altro alla lista. Ti invito però a riflettere sul fatto che
probabilmente in questi anni Bertinotti ha compiuto un cammino che l'ha
portato a separarsi da alcuni suoi compagni di strada. Non so se hai letto
la sua intervista sul Ponte (la trovi nel sito): vedrai, ad esempio, che c'è
un esplicito elogio di Santi...Alcuni nostri compagni fanno ancora invece
molta fatica a separarsi dal fantasma di Craxi, il cui peso negativo sulla
storia della sinistra italiana di questi ultimi anni non è stato certo
inferiore a quello di Bertinotti...
ciao, a presto
Giovanni

Peppe Giudice ha detto...

alla lista dei pensionanti va assolutamente aggiunto D'Alema che certo ha fatto più danni di Bertinotti, ex Aequo con Veltroni.
D'accordo sul narcisismo di Bertinotti, pienamente d'accordo con Felice sul carattere deleterio del concetto delle "due sinistre" - una a fare "il lavoro sporco" al governo e l'altra a fare casino in piazza - funzionale al D'Alema-pensiero (costui preferiva Ferrero e Diliberto a Vendola ) . Ma Bertinotti, al contrario degli altri due, un minimo di cultura politica l'ha prodotta ed è stato l'unico a rivalutare il pensiero socialista (anche grazie alle sue origini). Io credo che un processo di ricostruzione della sinistra vada visto nel medio periodo. SeL credo possa essere il primo tassello che porti alla costruzione di una forza socialista di sinistra che rifiuta il comunismo ma anche le derive moderate e "post-socialiste" alla Blair ..e D'Alema. Una forza socialista di sinistra può trovare un forte referente nella cultura politica del socialismo pre-craxiano degli anni 60 e 70 (Lombardi, Santi, Pieraccini, Brodolini); questo rende centrale ed essenziale la presenza di un forte nucleo di cultura socialista in "Sinistra e Libertà". Gli ex dirigenti dello SDI (Nencini e c.) vadano anche loro a casa. Se la gente identificail socialismo con loro, stiamo freschi!

Nicolino ha detto...

Condivido in pieno il filo logico del ragionamento di Dario: i cambiamenti
politici derivano da analisi fredde e impietose della realtà economica e
sociale, non dal cabotaggio di un politicismo autoreferenziale tipico della
scuola PCI nelle sue attuali ramificazioni dal PD a Rifondazione. Il
continuo cambiamento dei modi di produzione, l'informatica, la flessibilità
post-fordista, l'aumento dei lavoratori autonomi, la diffusione dei
semtimenti di individualismo a scapito di quelli di solidarietà sono
fenomeni che la sinistra a trazione prima PCI e poi neo e post comunista non
ha saputo capire. La terapia proposta da Bertinotti é peggiore del male che
vuole curare: un "Circo Barnum", un guazzabuglio con dentro tutto e il
contrario di tutto, inglobando forze che non hanno neanche iniziato un
necessario revisionismo. Ci vuole invece un riformismo socialista; quindi
oggi il problema é quello di individuare il riformismo più adatto alla
situazione italiana. Bisogna anche stare attenti a richiamarsi ai leaders
socialisti pre-craxiani: se il PSI non diventò mai una forza delle
dimensioni degli altri partiti socialisti e socialdemocratici dell'Europa
occidentale (che avevano scelto una via riformista e atlantica) la colpa non
fu solo dei comunisti e del fato....
Nicolino

Claudio ha detto...

caro eddo, il problema dei socialisti italiani è sempre stato quello di avere dei massimi dirigenti che non credevano nel socialismo. Ci credeva Serrati, il leader massimalista pronto a soottoscrivere i 21 punti dell'Internazionale comunista?ci credeva Nenni, quando fece il Fronte popolare, e i suoi amici socialfusionisti? lasciamo perdere Vecchietti & c,probabili doppie tessere, ma certo ci credeva molto poco De Martino. L'unico segretario che ci credeva fu Craxi , quelli dopo credevano solo nella loro pensione-----

Peppe Giudice ha detto...

Ci vuole invece un "riformismo socialista": questa l'affermazione perentoria
di Corrado. Sappiamo però bene che dietro tale espressione si sono spesso
nascoste posizioni che con il riformismo autentico socialista poco hanno a
che vedere, risentendo di impostazioni fortemente condizionate dall'egemonia
liberal-liberista. Non erano queste le posizioni personali di Craxi il quale
è sempre rimasto un critico del liberismo, ma Craxi nel PSI favorì
l'emergere di personaggi e posizioni che non tendevano affatto a rinnovare
il socialismo ma a liquidarlo di fatto.
La lunga e prolissa analisi sul post-fordismo (ce la poteva evitare ed
essere più sintetico) fatta da Dario è profondamente deficitaria perchè non
considera che l'elemento centrale del modello capitalistico che ha dominato
negli ultimi 25 anni è stato la finanziarizzazione non come elemento
accessorio ma quale motore dell'economia reale. I cambiamenti tecnologici
non sono mai fatti "naturali" ed ineluttabili. E' la restaurazione
capitalista che ha utilizzato le nuove tecnologie per superare da "destra"
il fordismo ed imporre un sistema che concepisce il lavoro come l'anello
debole della catena - merce usa e getta. Gran parte della flessibilità è
conseguenza non di mutamenti tecnologici e strutturali (c'è anche questo) ma
di tale dinamica non naturale bensì più "politca"- dietro le stesse
decantate partite IVA c'è miolto precarietà occultata. Alla Conferenza
Programmatica di Rimini del 1982 uno dei relatori (sui temi del lavoro) fu
Luciano Gallino che è uno dei più lucidi critici del modello liberista e
delle derive liberali di certa sinistra (dal tardo-craxismo a Blair a
D'Alema). Per dire che lo stesso PSI della prima fase della segretaria Craxi
era molto diverso da come lo si immagina in una falsa iconografia.
Per quanto riguarda il recupero del socialismo pre-craxiano, esso resta
l'unica via per ricostruire una cultura forte della sinistra in Italia.
Craxi aveva meno voti del Nenni di fine anni 50 (con un partito di grandi
leader come LOmbardi, Foa, Basso, Brodolini, Santi e non con i nani e
ballerine). La socialdemocrazia europea ha espresso un riformismo forte e
con Olof Palme alla fine degli anni 70 approntò un programma (progetto
Meidner) che puntava di fatto ad un superamento graduale, nella libertà e
nella democrazia, del capitalismo. Ma forse Palme era un pò comunista o un
inguaribile massimalista così come erano comunisti Gilles Martinet, Riccardo
LOmbardi, Giacomo Brodolini, moltissimi socialdemocratici europei.
Noi socialisti dobbiamo fare solo una cosa: liberaci definitivamente del
fantasma di Craxi; altrimenti saremo solo un fenomeno di flolclore politico.

Otello Dalla Rosa ha detto...

Cari compagni mi inserisco nel dibattito per alcune riflessioni.
Mi sembra che non sia più sufficiente parlare di riformismo, socialismo,
democrazia senza provare a declinarne i principi. Ci sono dei sì e dei
no da pronunciare che non sono più gli stessi di 10 o 20 anni fa.Intorno
a Giustizia e Libertà si sono scritte migliaia di pagine programmatiche
... Ci sono persone che non hanno consosciuto la stagione degli
entusiami di Rimini (1982) e nemmeno la caduta degli anni 90. Ci sono
molti che non sanno come si declini oggi un'identità socialista e
riformista per l'insipienza della proposta che da molti anni alimenta la
dirigenza nazionale dei socialisti. Non vi nascondo che personalmente
sono in totale disaccordo con la dirigenza del PS e non condivido la
scelta di Sinistra e Libertà. Su questo a Vicenza ci siamo un po'
arenati rispetto all'iniziativa, già decisa qualche mese fa, di
contribuire, con un circolo Rosselli locale o qualcosa di simile, allo
sviluppo di un' identità riformista di impostazione socialista liberale.
Però l'esigenza di declinare quella definizione è rimasta ed è nato il
documento ancora in bozza che vi giro e che vuole rappresentare un
contributo alla definizione di un'identità politica riformista. Ve lo
giro, con tuttin i limiti della bozza incompita, con la curiosità di
conoscere, per chi avrà la pazienza di leggerlo, le vostre opinioni. Non
vi nascondo che è un contributo per un partito ma non saprei oggi dire
se va indirizzato al PS o al PD o a qualcosa che deve ancora venire...
Cordialmente

Otello Dalla Rosa

Claudio ha detto...

io credo che il cambiamento epocale nel capitalismo sia stato il pasaggio
della gestione dai padroni ai manager. i quali, essendo remunerati in base
ai risultati a breve perchè sono sempre revocabili, si sono buttati nella
ricerca del profitto a breve a qualunque costo. La finanziarizzazione è uno
degli strumenti di questa ricerca ossessiva, che ha portato alle vere e
proprie truffe su larga scala che han distrutto la fiducia nella finanza in
tutto il mondo.

Dario ha detto...

Il cambiamento epocale del capitalismo come lo abbiamo conosciuto nel primo
secolo di vita è avvenuto grazie alle nuove tecnologie, piaccia o no che
hanno reso più flessibile l'organizzazione della produzione e del lavoro,
facendo sostanzialmente scomparire la grande fabbrica fordista e
sostituendola con il sistema produttivo a rete funzionale al just in time.
La questione finanziaria, o per meglio dire della finanziarizzazione
dell'economia, prende indubbiamente l'avvio da una scelta politica; la
denuncia dei trattato di Bretton Woods da parte di Nixon il 15 agosto 1971
che liberava il dollaro da due pesanti ipoteche: il sistema dei cambi fissi
tra le varie monete e la convertibilità del dollaro in oro.
Tutto quanto avviene dopo è funzionale a questa scelta politica, che rende il
dollaro un bene rifugio e rende indenne gli Stati Uniti da rischio di
inflazione legato alla stampa di carta moneta, che in questo caso non viene
integralmente allocata per consumi interni ma viene allocata presso altri
Stati quale "titolo di credito" (i casi del Giappone prima e della Cina poi
ne sono l'evidenza).
Infine per ragionare sull'irresponsabilità dei managers basta leggere un bel
libro di Gallino del 2005 (per cui molto pre crisi) "l'impresa
irresponsabile" (gli struzzi Einaudi)
Dario

Claudio ha detto...

quel che dici sul mutamento del processo produttivo è importante perchè introduce il concetto che oggi in occidente, il proletariato non è più la maggioranza della popolazione, come è stato dagli albori del socialismo fino all'autunno caldo e anni subito successivi. I ceti sociali sono molto più spezzettati, e si raggruppano intorno a ideali, interessi e obiettivi molto diversi rispetto all'analisi originaria e alla successiva versione gramsciana. In questo il sindacato e i partiti tradizionali sdella sinistra brillano per incomprensione e difesa burocratica delle strutture esistenti, ormai disancorate dalla realtà. cON PATETICI SBANDAMENTI VERSO IL TRASFORMISMO, CERCANDO DI AGGREGARE UNA VOLTA LA LEGA, CHE QUALCUNO DI QUESTI INTERESSI RAPPRESENTA, UNA VOLTA idv, CHE RAPPRESENTA PULSIONI POPULISTE MA INTANTO FA OPPOSIZIONE E NON SPARTIZIONE IN rai, adesso UDC che rappresenta la collusione organica con le mafie d'italia: in verità il partito non trasformista, ma trasformato in puro aggregato di potere è la vecchia sinistra italianaa, che oltre a tutto si divide solo sull'uso di etichette arcaiche, e su contenuti lontani.
Insomma se si vuole ricominciare si può, ma chi ci ha portato al disastro può parlare ma non acvere l'elettorato passivo.

Peppe Giudice ha detto...

Dario continua ad avere una visione asettica ed acritica dello sviluppo
tecnologico. In realtà i cambiamenti tecnologici possono essere indirizzati
in diverse direzioni ma a questo punto il problema diventa politico e non
tecnico. Lombardi e Trentin si posero il problema di un governa da sinistra
del mutamento tecnologico per una uscita "da sinistra" dal fordismo.
Giorgio Ruffolo nel suo ultimo bellissimo saggio scrive: "Non è il progresso
tecnico la causa del venir meno dei fini, ma è il suo asservimento
all'accumulazione capitalista. Quella sintesi di tecnica e di mercato che ha
costituito il segreto del trionfo capitalistico ne rappresenta oggi la
prigione"......." il problema, allora, non è quello di sottrarsi alla
tecnica, ma di sottrarre la tecnica alle leggi di mercato .....

Stefano ha detto...

Da che pulpito!!!!!
Bertinotti ha tutte le colpe del mondo ma almeno sa fare autocritica mentre molti di noi, Cari Compagni, ci siamo dimenticati i danni fai da te (ossia senza l'aiuto delle Toghe Rosse e di certi gruppi di potere che effettivamente volevano morto il P.S.I. e non solo Craxi) commessi da tanti nostri dirigenti e dallo stesso Stato Maggiore degli ultimi dieci anni! A Mario Chiesa i soldi nel cesso ce li ha buttati Di Pietro? Cicchitto alla P2 lo ha iscritto con la forza il Mago G? Amministratori Pubblici rei confessi corrotti e corruttori che hanno patteggiato? Anche loro vittime delle torture carcerarie delle Toghe Rosse e dei Comunisti da sempre controllori di Questure, Prefetture eccetera eccetera.
Sempre gli altri dobbiamo additare come colpevoli di tutto, dalla sconfitta della sinistra (come se i Socialisti con il "nostro" misero 0.8% non avessimo fatto la nostra porca parte) alla crisi economica e magari pure dei brufoli dei vostri figli se ne avete!
Ma dai, basta con queste stronzate. Io ogni tanto vi leggo ma ora chiedo di essere espulso dall'associazione in quanto non mi sento assolutamente a mio agio. Sono Socialista, lo sono sempre stato e lo sarò sempre ma non così. Sono persino nel P.S. di Novara e mi impegno come posso per farlo crescere insieme a Sinistra e Libertà ma (non vi mancherò) voglio non ricevere più la vostra corrispondenza. Mi spiace ma mi avete veramente saturato e mi fermo qui.

INSUSCETTIBILE DI RAVVEDIMENTO
Stefano Longo
P.S. Novara

Dario ha detto...

Caro Peppe
la tecnologia è sempre asettica, sulla prima pagina del manuale del primo
corso di informatica IBM c'era scritto:
" la macchina è stupida, l'intelligenza è la tua".
É del tutto ovvio che ogni macchina può essere usata per i motivi più
disparati, per fare ricerche, per produrre beni, per migliorare la vita, per
rubare, per creare reti di imbecilli che ogni giorno si dicono cazzate o per
creare reti di persone intelligenti e per diffondere l'intelligenza.
Comunque la macchina trasferisce in ogni ambito intelligenza o stupidità, sta
sempre a chi la usa saperla usare.
Nella fattispecie della discussione in corso tra di noi, io tento di fare una
analisi, la più obiettiva possibile, di quanto è avvenuto in questi ultimi
trent'anni.
Secondo il mio parere l'analisi obiettiva della realtà è il presupposto di
quasiasi politica socialista (e non solo) si voglia fare.
Analisi concreta della situazione concreta diceva qualcuno, oppure conoscere
la realtà per trasformarla. Il resto è ideologismo.
Le cause della crisi che stiamo vivendo sono ormai note ed originano dalla
fase post sessantottina, epoca in cui il tasso di profitti calò in modo
drastico in tutto il mondo (tempo fa il Riformista ha pubblicato una
intervista significativa in questo senso di Pierre Carniti).
In risposta del capitalismo mondiale utilizzà due varianti:
la prima: la ristrutturazione profonda dei sistemi produttivi sia con
l'introduzione di nuove tecnologie, sia con l'organizzazione just in time,
entrambe volte a ridurre drasticamente il costo del lavoro;
la seconda: "la creazione di valore per gli azionisti" che, detta in estrema
sintesi, significava assegnare ai managers un obiettivo: massimizzare i
profitti a breve termine, sia producendo prodotti con costi sempre più bassi
(delocalizzazione) sia "giocando in borsa" per aumentare al massimo il corso
delle proprie azioni (da cui nacquero le stock options).
Il combinato disposto delle due "mission" hanno crerato il monstrum
capitalistico che abbiamo sotto gli occhi: la progressiva finanziarizzazione
del sistema economico, per cui la finanza ha preso la prevalenza sulla
produzione di beni.
Comunque queste non sono idee mie ma di chi, a partire da Gallino, ha
analizzato obiettivamente quanto è successo.
Cosa possono fare oggi i socialisti (non solo in Italia) per dare un senso
alla loro esistenza in vita?
Non certamente quanto fatto dai newlaburisti o dagli ulivisti (il socialismo
liberista) ma la ridefinizione di un pensiero di socialismo liberale, che sia
in grado di coniugare Questioni Sociali e Diritti Civili, che sappia dare
risposte ai bisogni delle persone sia come individui che come comunità, è uno
sforzo enorme che richiederà anni, forse decenni, comunque se non ora quando?
D'altronde come diceva il vecchio Mao: "anche una grande marcia parte da un
piccolo passo"
Fraterni saluti
Dario

Peppe Giudice ha detto...

Caro Dario,
siamo d'accordo su molte cose.
Io farei una distinzione tra tecnica e tecnologia in quanto
quest'ultima tende a incarnare un rapporto sociale eesendo applicazione
della tecnica in un determinato contesto sociale ed economico. Ma possono
essere distinzioni puramente nominalistiche, l'importante è essere d'accordo
sulla sostanza.
Ho letto anche io il libro di Gallino (molto bello) sull'impresa
irresponsabile. Anche Riccardo Lombardi negli anni 70 fece delle riflessioni
importanti sulla caduta del saggio del profitto (una profezia marxiana
avveratasi con ritardo-ma già in atto dalla fine degli anni 50) e
sull'esigenza di governare da sinistra il cambiamento tecnologico
incontrando il pieno consenso di carniti e TRentin. Insomma la sinistra di
fronte alla restaurazione capitalista ha imboccato due strade sbagliate:
quella di difendere l'esistente che si stava dissolvendo (l'ultimo
Berliguer) o quella di cavalcare acriticamente la modernizzazione
capitalista (De Michelis, Martelli, Amato e quindi D'Alema; Blair e
Shroeder ). La terza posizione, quella di un progetto per governare da
sinistra il cambiamento (Lombardi, Ruffolo, Carniti in Italia; Delors in
Francia e Lafontaine degli anni 80 in Germania) restò minoritaria.
Di fronte alla crisi sistemica di quel modello la sinistra è sbandata perchè
o è stata subalterna al modello liberista con il new labour, la destra della
SPD di Schroeder e soprattutto l'Uilvo e i DS in Italia o ha svolto un ruolo
di testimonianza inoffensivo politicamente (la sinistra antagonista).
Per questo oggi occorre riprendere le idee del socialismo degli anni 70
(compreso il primissimo periodo della segreteria Craxi) prima che il
craxismo degenerasse ideologicamente e moralmente.
Riprendere e sviluppare le idee di Lombardi, di Ruffolo è la via. Bertinotti
(che pure ha le sue gravi responsabilità ) lo sta capendo.
In quanto a Rosselli il suo pensiero è stato molto travisato dai craxoidi
degli anni 80. Era un socialista riformatore e libertario e non un
liberalsocialista alla Amato. I suoi eredi migliori sono Riccardo Lombardi e
Vittorio Foa (i socialisti che provengono dal Partito D'Azione)

Ti abbraccio

PEPPE

Dario ha detto...

Caro Peppe
sono convinto che siamo d'accordo su parecchie cose, ma siamo socialisti e
libertari per cui cmq ci piace discutere ad libitum.
Innanzitutto sono d'accordo con te che la fase migliore del PSI fu quella del
periodo di Mondoperaio dal 1975 al 1980 che gettò le basi del nuovo
socialismo riformista.
Il problema di quel partito fu che quandò Craxi andò al Governo avrebbe dovuto
lasciare il Partito in mano ad un uomo politico che sapesse anche governare
la macchina (tanto per fare un nome Rino Formica), l'aver voluto tenere la
segreteria fu un errore gravissimo.
Per cui concordo con te che occorre recuperare le elaborazioni di quel
periodo, che sono ancora utilissime oggi (le mie riflessioni sulla scomparsa
della classe operaia come classe generale e sugli errori politici, non
personali di Bertinotti, nascono in quel periodo dalla lettura di Sylos
Labini e del suo "Saggio sulle classi sociali" del 1974).
Come concordo con te che sia necessario riflettere più a fondo sul pensiero di
Carlo Rosselli e sul Socialismo Liberale. É quanto stiamo tentando di fare
come Gruppo di Volpedo.
Giulaino Amato purtroppo, te lo dice uno che lo ha molto stimato e che per
lui, con Giulio Cappitelli suo segretario, ha fatto due campagne elettorali
(1983 e 1987) ha scelto la strada del socialismo liberista, ed è diventato in
Italia il suo pasdaran, non per caso è stato uno dei più strenui promotori
delle pensioni private. Oggi e lo si vede non ha più molto da dire ai
socialisti.
Ruffolo è un ottimo affabulatore, ma anche lui ha preferito una casa comoda,
senza sviluppare una sua autonoma idea di socialismo nel XXI secolo, a mio
parere oggi gli unici di provenienza (per vicinanza non per militanza)
socialista e che hanno idee valide per noi socialisti sono Gallino e
Salvadori, poi Roncaglia e pochi altri (nel Gruppo di Volpedo qualcosa c'è,
soprattutto a Milano).
La nuova leva dei pensatori socialisti andrà ricercata con pazienza tra i
giovani ricercatori universitari (a Torino in UniTO qualcosa abbiamo
trovato).
Spero di incontrarti il 3 ottobre a Volpedo al secondo incontro dei
socialisti, per intanto ti invio i miei più fraterni saluti e ricambio
l'abbraccio
Dario

Peppe Giudice ha detto...

Sono veramente contento di essere d'accordo con un compagno serio e
preparato come te.
Sono di radice lombardiana ma ho sempre stimato Rino Formica che, fra
l'altro, ha partecipato alla presentazione di un mio libro (una piccola
raccolta di saggi brevi) nel 2005 a Potenza insime a Gainni Pittella. Io
sono stato per un anno il coordinatore dei laburisti in Basilicata e poi
sono stato nella sinistra DS (area Salvi) per poi aderire a SD (insomma ho
fatto il medismo percorso di Besostri ). Con Spini ed Angius aderii alla CS
ma vista l'impossibilità di convivenza con quelli dello SDI (che io
considero una cancrena) dopo la farsa di Montecatini e l'elezione di
personagio scialbo come Nencini rientrai in SD anche perchè nella mia
regione il PS è per metà fatto di compagni che vengono da esperienza DS o
anche dal partitino di Bobo Craxi (con cui conservo un ottimo rapporto) e
per metà da quelli dello SDI (che in pratica sono con un piede nel PD e con
i quali dato illoro rivoltante opportunismo evito qualsiasi interlocuzione -
tra l'latro costoro stanno ostacolando SeL). Vedi se la maggioranza del PS
lapensasse come Besostri o Franco Bartolmei starei lì. Ma con Nencini o
labellarte non voglio avere a che fare.
Stimo moltissimo Ruffolo, anche se non condivido la sua scelta di stare nel
PD (dove ha un ruolo critico e marginale, come tutti i socialisti lì
presenti) e stimo moltisimo Gallino e Salvadori due grandi intellettulai di
autentica area socialista.
Su Giuliano Amato meglio stendere un velo pietoso.
Verrei volentieri a Volpedo. Ma abito a Potenza nel profondo sud. Se ci
mettiamo d'accordo con altri compagni è possibile fare uan capatina (sarei
felicissimo)

Ti saluto fraternamente

Peppe