venerdì 21 agosto 2009

Felice Besostri: Guerre di religione (sulla sentenza del Tar del Lazio)

GUERRE DI RELIGIONE?
di Felice Besostri del Circolo LA RIFORMA, Milano
Agosto complice, e, quindi, la mancanza di notizie, ha ottenuto la prima pagina dei giornali la sentenza del Tar Lazio, che ha annullato decreti del Ministro Fioroni sulla partecipazione degli insegnanti di religione agli scrutini e l'attribuzione di crediti formativi alla frequenza ( facoltativa ) ai corsi di religione cattolica.
Grande rilievo è stato dato alla decisione di ricorrere al Consiglio di Stato, che decisione non è.
L'unica decisione sarebbe stata quella di non ricorrere, poiché i Ministeri sono rappresentati ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, che di norma ricorre sempre, anche quando si tratta di provvedimenti di nessuna rilevanza, a meno che l'Amministrazione Pubblica impugnata non dia una precisa istruzione di non impugnare: una non notizia ha fatto la una sui nostri mezzi di (dis)informazione. Penso che ad altri, oltre che a me, sarà capitato di ascoltare dibattiti radiofonici o dichiarazioni alle televisioni, nonché di leggere interviste e articoli sull'argomento.
Se ne sono sentite e lette di tutti i colori, ma poche hanno raggiunto i vertici del pensiero dell'on Stracquadanio, consulente giuridico della Gelmini. Già questo fatto ha dello stupefacente, perché nei paesi normali, un parlamentare dovrebbe controllare l'esecutivo e non essere sul suo libro paga [ premetto che farò delle verifiche perché questa incompatibilità potrebbe essere il frutto di una falsa presentazione del conduttore], come anche è stato sorprendente apprendere che lo Stracquadanio ha avuto un periodo di militanza nel Partito Radicale, ma, come ci sono i socialisti di Berlusconi, non bisogna meravigliarsi e poi il PR non compie alcuna selezione delle domande di iscrizione.
Lo Stracquadanio ha detto che la sentenza del Tar costituisce usurpazione della funzione giurisdizionale, perché i provvedimenti espressione di scelte politiche sono sottratte alla giurisdizione: ed il particolare rapporto con la religione e la Chiesa Cattolica, fa parte delle scelte politiche sulle quali si è espresso il popolo italiano. In un minuto è stato liquidato lo Stato di Diritto e qualche secolo di sviluppo della democrazia liberale nell'Occidente: siamo tornati al sovrano ex legibus solutus, cioè al re svincolato dalle leggi, Già nel Settecento un mugnaio prussiano poteva dire al Kaiser: “ Ci sarà pure un giudice a Berlino!”, mentre malgrado la Costituzione italiana, non dovrebbe esserci a Roma.
La tesi degli atti politici e di alta amministrazione, sottratti al controllo giurisdizionale, è stata seppellita da anni dallo stesso Consiglio di Stato, anche se ogni tanto viene riesumata, quando si tratta di difendere l'indifendibile, cioè che in regime democratico parlamentare non si possano impugnare le leggi elettorali. Tutti gli atti della pubblica amministrazione sono impugnabili lo dice l'art. 113 della nostra Costituzione e la Convenzione Europea dei Diritti e delle Libertà Fondamentali.
Purtroppo prima ancora che del merito della sentenza, dovremmo occuparci della competenza del TAR: quando si parla di pericoli per la democrazia sono questi i casi allarmanti.
Il Tar ha giudicato alla luce di principi costituzionali pacifici, quello dell'eguaglianza dei cittadini senza differenza di religione (art. 3) e dell'uguaglianza delle confessioni religiose (art. 8), pur in presenza di un Concordato, per il quale una religione, quella cattolica romana, è, come nella Fattoria degli Animali di Orwell, più uguale delle altre. Stop! Non c'entra il ruolo della religione cattolica nella nostra società e nella nostra storia o il fatto, come sottolinea la Scaraffia, che senza conoscere il cristianesimo non si riesca a comprendere le opere d'arte. Sarà compito di chi insegna storia dell'arte di mettere in luce le relazioni, mentre un insegnate di religione digiuno di conoscenze specifiche dei nostri pittori, scultori e poeti non sarà mai in grado di formare i suoi allievi.
Le nostre radici sono cristiane, oltre che giudaiche, greco-romane ed umaniste, ed in questo senso, tanto più nella dimensione quantomeno europea dell'Italia, e pertanto l'insegnamento non dovrebbe essere limitato alla sola religione cattolica e gli insegnanti essere graditi al Vescovo, non solo per essere incaricati, ma anche per rimanere in servizio, in contrasto con il principio costituzionale della libertà di insegnamento (art. 33).
Per due volte, grazie a pressioni clerical-clientelari, gli insegnanti di religione sono stati immessi in ruolo, naturalmente nella sola scuola pubblica, perché quelle private cattoliche amano i rapporti precari e le differenze retributive. Come quegli abati che il venerdì battezzavano la carne pesce, gli insegnanti di religione sarebbero diventati come gli altri, ma il punto della sentenza del Tar Lazio non è questo, ma il fatto che intervengano soltanto gli insegnanti di una sola religione, che per di più è facoltativa, anzi per essere esatti non obbligatoria: l'assoggettamento è automatico, a meno che si dichiari di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica. Gli argomenti dei critici della sentenza avrebbero maggior peso, se cominciassero ad accettare che l'insegnamento sia impartito soltanto a chi ne faccia espressa richiesta e che,sempre a richiesta, gli studenti e le loro famiglie possano richiedere l'insegnamento di altre religioni o di storia delle religioni o del pensiero razionalista, agnostico o ateo, impartito da insegnanti reclutati senza preventivo gradimento di qualsivoglia istituzione od organismo religiosi.
La difesa della laicità delle istituzioni non è di sinistra, piuttosto che di destra, dovrebbe essere espressione del comune sentire democratico e costituzionale e, pertanto sorprende che il PD in quanto Partito sia stato zitto, mentre abbiano parlato in assonanza col Governo e la Cei diversi suoi esponenti. Viviamo in tempi brutti ed il tragico è che il peggio può ancora accadere, come nelle previsioni dell'ottimista del famoso aneddoto russo.

Nessun commento: