domenica 6 luglio 2008

Paola Meneganti: riflessione

Su una stessa pagina di giornale, notizie differenti ma collegate.
Un giudice di Verona libera due degli otto zingari arrestati con l'accusa di aver costretto i figli a rubare - li chiamo così, perché non hanno più senso i mutandoni linguistici perbenisti di chi magari parla di "rom" ma poi pensa che sia giusto che siano schedati sin da piccoli - dicevo che quel giudice, il Gip Giorgio Piziali, non ha convalidato il fermo disposto dalla pm perché "il delicato istituto del fermo" è stato piegato ad altri fini, che "sono tutti gravemente lesivi delle regole, anche costituzionali, che presiedono la libertà personale". Non sussisteva, cioè, un reale e concreto pericolo di fuga. Interpreto io: si è trattato di un provvedimento da "fumo negli occhi", "guardate che muscoli che abbiamo".
Accanto: gli italiani sono gli europei più a disagio con gli zingari. Il 47% degli intervistati si dice a disagio all'idea di averne uno come vicino, contro il 24% della media europea. In generale, gli italiani si dimostrano tra i meno disponibili in Europa nei confronti delle minoranze sociali ed etniche, dove per "minoranze" si intendono disabili, persone di altre religioni che non la cattolica, di altro gruppo etnico, omosessuali etc...
La propaganda ed il potere hanno avuto buon gioco nell’orientare l’opinione pubblica, sono stati efficaci.
Marco Revelli, stamani a Pisa, ha svolto uno splendido intervento sulle "metafore del potere: tra violenza ed ordine". Si identifica con lo sguardo del potere chi non sa resistere allo sguardo raggelante di Medusa. Chi si fa catturare dalla perdita di sé e dalla maschera, che sono elementi costitutivi del potere (sono concetti mutuati da Elias Canetti). La fenomenologia del potere vede la sua forma comunicativa nel "comando" e nel meccanismo di obbedienza all'ordine. Ma l'azione compiuta in seguito ad un ordine è diversa da ogni altra, la si sente estranea, il suo ricordo ci sfiora appena: "è l'equivalente funzionale della pietrificazione dello sguardo di Medusa". Il paradigma politico della modernità si è formato "neutralizzando" questo mostro numinoso del potere: il Leviatano è (in parte) controllato dalla tecnica e dal patto. Ma oggi? i cardini di questo meccanismo sono messi in discussione: l'habeas corpus ( da Guantanamo alla schedatura degli zingari) e la definizione dei contraenti titolari del patto. Questo perché i confini sono labili e fluttuanti. C'è quindi, dice Revelli, una crisi della sovranità nell'ambito spaziale in cui si esprime e una crisi della garanzia garantita ai corpi. E' in crisi il paradigma politico basilare.
La politica tace, e capita di ascoltare, appunto, la sentenza di un giudice, su questi temi.
Lo sguardo raggelante del potere di Medusa incombe su chi non sa - o non può - sottrarsi. Il comando diventa comando all'omologazione, e allora capita - è la stessa pagina di giornale - che si spacci per bisogno di eguaglianza il ritorno al grembiule per i bambini a scuola. La psicologa dice che si tratta di una scelta di "strutturazione" dell'identità di alunni. Ancora la vertigine, l'ossessione identitaria. Che significherà mai "identità alunno"?
Strano che di altre "identità" non si parli più, forse perché sono eversive. Per esempio, l'identità che dona il lavoro. L'identità, in questo caso, come è successo nel negletto e "superato" Novecento, costruita a partire dal cedere parte di sé in un prodotto che però ha bisogno di una dimensione collettiva per darsi. Il lavoro è espropriazione di una parte di sè, ma anche espressione e , sì, dono di una parte di sé. In relazione, ci ha detto il Novecento. Oggi il lavoro è, nella grande maggioranza dei casi, una parentesi, una dura necessità, una condanna, quando non una cosa che ti fa morire. Anche oggi, un altro morto. L'ordine raggelante di Medusa, lo sguardo mascherato del potere, in questo caso, uccide davvero.Paola Meneganti

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