lunedì 7 luglio 2008

Robert Reich sul supercapitalismo

Dalla Stampa del 7 luglio 2008


"Il supercapitalismo sta stritolando la democrazia"
Robert Reich è stato ministro del Lavoro durante la presidenza Clinton

L'economista Reich: «L’enorme quantità di denaro delle grandi imprese ingolfa le istituzioni»
MAURIZIO MOLINARI
NEW YORKIl supercapitalismo sta stritolando la democrazia e gli unici che possono difenderla sono i cittadini. E’ questa l’idea-guida di Robert Reich, economista dell’Università di Berkeley, ex Segretario del Lavoro di Clinton e oggi consigliere di Barack Obama, che nel suo «Supercapitalismo» (edito in Italia da Fazi) affronta le cause della crisi globale che scuote non solo il sistema economico. Che cos’è il supercapitalismo e perché ci minaccia? «Rispetto al capitalismo che abbiamo avuto in passato quello odierno è supercompetitivo. Le tariffe di accesso ai mercati sono basse, i consumatori posso scegliere prodotti in ogni angolo del mondo, gli investitori possono girare il Pianeta in cerca di profitti più alti, i soldi viaggiano alla velocità della luce, lo shopping comparato è istantaneo, beni e azioni possono essere acquistati in un attimo su Internet. Ogni consumatore e investitore ha l’intero globo a disposizione. Tutto ciò ha creato un capitalismo che non avevamo mai visto prima». Ma avere più opportunità a disposizione, per acquistare o investire, non dovrebbe essere qualcosa di positivo? «E’ certo una cosa buona per chi consuma e investe ma non lo è per i cittadini che hanno a cuore valori comuni come la stabilità dell’occupazione, che temono l’evaporazione dell’equità, il surriscaldamento del clima, la scomparsa dei piccoli negozi a vantaggio della grande distribuzione. Il supercapitalismo è drammaticamente più efficiente del predecessore ma riduce i diritti dei cittadini». Per questo lei afferma nel libro che il supercapitalismo indebolisce la democrazia... «Esatto».Allora come è possibile rinvigorire la democrazia?«Il primo passo è comprendere ciò che sta avvenendo. Molte persone, a destra, credono che il benessere dei consumatori e degli investitori sono gli unici valori importanti dei quali dobbiamo occuparci. A sinistra invece sono in molti a credere che le grandi corporation e il capitalismo globale sono per natura diabolici, alla fonte di ogni male del mondo. Se ho scritto questo libro è perché desidero che la gente comprenda quanto entrambe queste posizioni sono semplicemente errate. Il supercapitalismo può essere causa di molti benefici, come in effetti avviene, ma devono essere bilanciati. L’unica maniera per proteggere la democrazia e i nostri diritti civili è comprendere i limiti del supercapitalismo». Lei afferma che i cittadini sono diventati impotenti e la crisi dei subprime non potrebbe essere conferma migliore per gli effetti a catena che sta avendo. Da dove nasce questa dinamica che sta stritolando milioni di famiglie?«I cittadini sono diventati impotenti a causa degli immensi capitali delle grandi imprese che hanno ingolfato le istituzioni democratiche. Negli Stati Uniti avvocati, lobbisti e alti dirigenti delle corporation hanno preso Washington. Lo stesso avviene a Bruxelles e nelle altri maggiori capitali dell’economia mondiale. Ma non è tutto. Se cediamo alla tentazione di pensare solo sulla base di consumi e investimenti dimentichiamo il nostro ruolo di cittadini. Dobbiamo occuparsi dell’educazione, ad esempio. Un cittadino ben istruito è fondamentale al funzionamento della democrazia mentre ora si parla di educazione solo come frutto di un investimento privato. Non più come un bene pubblico. Considerare una laurea universitaria solo come un passo verso un salario più alto significa avvalorare l’ideologia di un supercapitalismo che erode l’idea stessa di avere dei propositi, degli interessi comuni».Invocare una maggiore difesa dell’interesse pubblico significa chiedere una rivalutazione della politica? «Non solo della politica ma della pratica della cittadinanza. Le nostre opinioni pubbliche, negli Stati Uniti, in Italia e altrove, sono molto ciniche rispetto alla politica. Il cinismo c’è ovviamente sempre stato ma oggi è assai radicato. Dobbiamo chiederci di chi è la responsabilità di resuscitare la democrazia. La risposta è semplice: tocca a noi farlo. Se non sentiamo tale responsabilità, se non ci uniamo per riuscirci, non avverrà mai». Se l’obiettivo è resuscitare la democrazia quale ruolo può avere lo Stato? «Le istituzioni pubbliche sono fatte dai cittadini. Se il pubblico consente che le istituzioni vengano degradate, corrotte, conquistate da fondi privati o di grandi corporation, allora lo Stato non potrà più funzionare. Ognuno di noi è un consumatore e, spesso, un investitore, ma ognuno di noi è anche un cittadino e dobbiamo comportarci come tale, proteggendo i nostri diritti. Solo riuscendoci porteremo le istituzioni a funzionare meglio e la democrazia a risollevarsi». La crisi finanziaria innescata dai mutui subprime ha sollevato la necessità di più stringenti regolamenti sulle banche, sui mercati. Ma chi dovrebbe o potrebbe farlo? «Il pendolo della regolamentazione sta tornando indietro. Per anni, da Ronald Reagan a Margaret Thatcher, la tendenza è stata verso minori regole, ora invece si va in direzione opposta. Ma il punto non è questo bensì se stiamo regolando ciò che serve oppure no. Se le istituzioni politiche vengono dominate da ricchezze private e potere delle grandi imprese le regole non potranno essere nell’interesse collettivo, serviranno solo a proteggere i ricchi e i potenti. Le grandi corporation stanno già manovrando negli Stati Uniti per cambiare i regolamenti finanziari, del settore immobiliare o del settore energetico al fine di ledere gli interessi dei concorrenti. Il pubblico chiede regole nuove e più efficienti ma chi siede al posto di comando cede troppo spesso alle pressioni dei più forti».Perché i politici esitano a difendere i diritti dei cittadini?«Dipendono troppo dai media per essere rieletti e i media in molti Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, dipendono dalla pubblicità diretta e indiretta che viene in misura sempre maggiore dalle grandi imprese. E’ un circolo vizioso».Lei è un consigliere del candidato democratico Barack Obama. Ritiene che diventando presidente potrebbe essere un leader di tipo diverso?«Lo spero. La cosa interessante di Obama è il fatto di essere riuscito ad accendere l’interesse in vasti settori dell’opinione pubblica che in genere restano lontano dalla politica. Nessuno era riuscito a fare altrettanto dall’epoca di Robert Kennedy. Se riuscirà a far continuare tale partecipazione avrà almeno il 50% di possibilità di combattere le forze dello status quo».

1 commento:

Anonimo ha detto...

E' impressionante come alcuni passaggi di questa intervista di Reich suonino come una durissima condanna dell'ideologia e del "modello" del PD.
E' nel PD infatti, più ancora che nel centrodestra, che impazzano coloro che "credono che il benessere dei consumatori e degli investitori sono gli unici valori importanti dei quali dobbiamo occuparci". Ed ancora è il PD il partito al quale meglio si adatta questa riflessione: "Perché i politici esitano a difendere i diritti dei cittadini?
«Dipendono troppo dai media per essere rieletti e i media in molti Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, dipendono dalla pubblicità diretta e indiretta che viene in misura sempre maggiore dalle grandi imprese. E’ un circolo vizioso».
Mi sa che tra un po' anche l'accostamento ai democratici USA apparirà troppo "radicale" per Uolter & C. (e, ahinoi, temo che lo stesso valga per i nostri compagni dello sparuto PS ...).
Ciao.

Luciano