martedì 27 maggio 2008

Pescati nella Rete: Massimo serafini sul nucleare

Dal sito www.sinistra-democratica.it


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Il dado è tratto
Dunque il dado è tratto l’Italia torna al nucleare. Il referendum di vent’anni fa è cancellato dall’editto solennemente pronunciato dal ministro Scaiola all’assemblea degli industriali italiani, che incoronava la sua nuova presidente Emma Marcegaglia, nota nuclearista e fiera avversaria dei “lacci e laccioli” che il protocollo di Kyoto impone. Ieri sera a Napoli si è anche capito in che modo questo governo e la destra intendono far passare questa sciagurata decisione: manganelli e galera per chi vi si oppone. Sono noti i due principali motivi per cui è importante opporsi a questa scelta e quindi sfidare la repressione. Avendoli ribaditi più volte e in maniera assai più autorevole di quanto possa fare io il premio nobel Rubbia li cito solo: la insicurezza intrinseca di questa tecnologia e soprattutto che non si sa né come smaltire le scorie radioattive che produce durante il suo funzionamento e neppure come si dismette una centrale nucleare al termine della sua vita. Insomma non basta aggiungere generazioni alla tecnologia e media creduloni per considerare risolti i problemi di questa tecnologia. Ma al di là di queste osservazioni che dovrebbero però tagliare la testa al toro e consigliare prudenza prima di spingere questo disgraziato paese in una avventura nucleare il sostegno di gran parte dei giornali di ieri e soprattutto le motivazioni in base alle quali veniva dato rappresentano l’ennesimo esempio di come i media sono usati dalle imprese per raggirare la popolazione e farle digerire opere indigeribili, ma produttrici di enormi profitti. In questo paese si continua a pensare che, truccando i dati, si riesce a convincere la gente ad accettare le cosiddette grandi opere. Il ragionamento, in estrema sintesi, è il seguente: in Italia nei prossimi vent’anni i consumi di elettricità cresceranno dagli attuali 300-320 terawattora l’anno (1 TWh corrisponde a 1 miliardo di kWh) a ben 545 TWh. Di questo enorme fabbisogno si calcola che 100 TWh non servirà produrli per effetto delle politiche di risparmio ed efficienza energetica che si faranno per rispettare la direttiva comunitaria sul clima che vincola gli stati membri ad una maggiore efficienza del 20%. Inoltre stabilito che l’attuale parco termoelettrico genera circa 225 TWh e che di questi entro il 2020, sempre per rispettare la direttiva europea sul clima, circa 55 TWh saranno coperti dal previsto raddoppio del contributo delle rinnovabili, resta un buco di 165 TWh. Come coprirli? Con il gas metano no perché emette CO2 e la direttiva ci obbliga a ridurre entro il 2020 i gas serra del 20-30%, servono 10 centrali nucleari le cui prime pietre devono essere avviate in questa legislatura per essere pronte (qui è meglio sorvolare sulle fanfaronate del ministro e prendere per buone le previsioni dell’Edison) nel 2019. Tradotto per il popolo: se non volete rinunciare al benessere e volete difendervi dal clima dovete accettare il nucleare. Avanzo quattro obiezioni a questo ragionamento. la prima: perché si ipotizza una insana crescita nei consumi, mentre tutta l’Europa (governo italiano compreso) si è impegnata per ridurli del 20% già entro il 2020? Invece di pagare all’Europa multe salatissime per non aver rispettato i patti, non sarebbe più utile e conveniente investire molto più in efficienza e fonti rinnovabili per coprire quel fantomatico buco? La seconda riguarda ill taglio delle emissioni: se la prima centrale nucleare è previsto entri in funzione nel 2019 è evidente che non darà nessun contributo al taglio del 20-30% dei gas serra che dovrà essere raggiunto un anno dopo l’entrata in esercizio delle centrali. La terza reiguarda il tipo di centrale da realizzare: le centrali attualmente in funzione in Francia sono tutte di seconda generazione e secondo il ministro Scaiola il piano del governo prevede la realizzazione di centrali di terza generazione, con grado di sicurezza passiva superiore. Attualmente di questo tipo c’è ne è solo una in costruzione in Filanda. La ricerca però è tutta concentrata sullo sviluppo di centrali di quarta generazione, in grado cioè di riutilizzare parte del combustibile, riducendo perciò la produzione di scorie radioattive e migliorando ulteriormente la sicurezza passiva. Va detto per chiarezza visto che molti in questi giorni hanno scritto che la 4 generazione è già in commercio che questi reattori sono ancora allo stadio di idee progettuali, che richiederanno qualche decennio prima di avere risultati pratici e quindi applicabili commercialmente. Perché dunque avviare un piano di costruzione di centrali di terza generazione, quando gli stessi sostenitori del nucleare lavorano sullo sviluppo della quarta generazione, ritenuta dagli stessi più sicura? Francamente non si comprende o forse lo si fa dire a Chicco Testa, ma non si crede alla fattibilità in tempi accettabili di reattori intrinsecamente sicuri.Infine i costi. Si è detto che si fa il nucleare perché oltre a ridurre la CO2 farà pagare poco l’elettricità alle imprese e ai cittadini. Per orientarmi fra le innumerevoli previsioni di costo che sono state diffuse prendo quelle della Edison che sappiamo è della EDF francese che di nucleare se ne intende e che ha presentato un piano di 10 centrali per l’Italia. Edison sostiene che ogni kW di potenza installata verrebbe a costare 2000 euro (circa tre volte il costo di una normale centrale a combustibile fossile). La Moodys, l’agenzia di rating, che dovrebbe trovare i capitali per finanziare il progetto delle 10 centrali dice invece che costerà circa 3800 euro. La centrale finlandese, in grande ritardo sul programma cronologico di costruzione, è già sui 4.500. Senza timore di essere smentito penso che alla fine si arriverà almeno a 5000 euro a kW per il solo impianto. Ma poi, oltre le centrali, quanto costerà e chi pagherà ricostruire daccapo tutta la filiera: la gestione e il riprocessamento dell’Uranio e del Plutonio, le necessarie strutture pubbliche di verifica e di controllo, il futuro smantellamento delle centrali a fine vita (che ancora non è neppure cominciato per le vecchie centrali italiane chiuse 20anni fa), i danni da incidenti che speriamo di entità minore, l’immagazzinamento delle scorie radioattive per migliaia di anni, e l’impegno militare per la protezione contro possibili attacchi terroristici? Se consideriamo veramente tutti questi costi, ammettendo che si possa monetizzare i pericoli per la popolazione da fuoriuscite accidentali di radioattività, è difficile sostenere che facendo il nucleare imprese e cittadini pagheranno meno l’elettricità. Considerazione finale: in Germania un kW di solare fotovoltaico (9 metri quadri) costa 3500 euro, in Italia 6000, entrambi una volta installati non sono né pericolosi né producono scorie da smaltire. Cosa conviene di più? - E soprattutto per chi? - Per le casse della Edison o dell’Enel conviene il nucleare - alla collettività nazionale il solare. Confrontiamoci pure e speriamo senza manganelli, ma soprattutto non giochiamo con carte truccate.

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