giovedì 8 maggio 2008

Pescati nella Rete: Bosetti

Se il povero va a destraRepubblica — 07 maggio 2008 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA Quello della destra popolare e votata dai poveri e della sinistra elitaria cara ai ricchi sta diventando, è diventato il pons asinorum, il "ponte degli asini" delle campagne elettorali. Mai sentito parlare di questa formula? E' stata inventata da Ruggero Bacone, doctor mirabilis, nel XIII secolo, per indicare un teorema elementare di geometria euclidea, che occorre superare per essere ammessi ai teoremi più difficili. Insomma un test di ammissione al concorso (per vincere le elezioni, nel nostro caso): se non lo passi non solo perdi, non puoi neanche partecipare alla gara. Il teorema asinorum per la geometria è quello del triangolo isoscele: dimostrare perché gli angoli opposti ai lati uguali sono uguali. Il teorema asinorum dei politici è questo: spiegare perché tanti elettori delle fasce più povere, e spaventati da globalizzazione, immigrazione, turbolenze economiche, trovano rifugio più a destra che a sinistra. C' è una versione americana: spiegare perché Hillary Clinton attacca Obama proprio sui poveri e sul suo presunto elitismo? O perché McCain attacca e attaccherà tutti i Democratici sullo stesso argomento (che aveva già grandiosamente aiutato il ruspante Bush a vincere contro l' aristocratico Kerry)? Versione italiana, ancora più facile: perché oggi nelle librerie italiane La paura e la speranza di Giulio Tremonti va più forte che i Dannati della terra di Franz Fanon nel ' 68? C' è solo da sorprendersi che il tema si sia proposto con esplosiva chiarezza soltanto ora in un paese dove il seguito popolare del fascismo è stato materia di studio tra gli allievi di De Felice e sui banchi delle scuole di partito del Pci togliattiano. Il primo passo per superare il "ponte degli asini" è dunque quello di familiarizzare con il problema cronico e strutturale dell' ala sinistra nelle vicende politiche: i poveri non sono spontaneamente progressisti, né spontaneamente inclinano per il progressismo. Più facile il contrario. Della questione si occupò già a fondo un intellettuale tedesco dell' Ottocento, Karl Marx, traendone spunto per una complessa ideologia rivoluzionaria, denominata socialismo scientifico o comunismo, che ebbe a lungo un certo successo perché offriva ai proletari una attraente prospettiva di riscatto collettivo. Lui certamente il pons asinorum lo superò, altri furono i suoi errori. In America dove la sinistra ha perso le ultime due presidenziali, rimediando finalmente una vittoria nelle ultime elezioni di mezzo termine, ma ricominciando a temere per il futuro, non si parla d' altro: la grande abilità dei guru della destra nel presentare i liberal, i progressisti, i Democratici come una élite di intellettuali mangiatori di tartine al caviale, frequentatori di cocktail nei quartieri esclusivi di Manhattan, amanti dei gay e lettori del New York Times. A Obama è scappata in Pennsylvania una battuta sui bianchi poveri di quello stato che, stressati dalla crisi economica «si attaccano alla religione, alle armi e ai sentimenti anti-immigrati». Una constatazione sociologica che potrebbe costargli cara, serio inciampo davanti al fatidico pons. Anche una rivista radicale come The Nation gli ricorda che se uno offende gli elettori trattandoli come degli allocchi che si fanno abbagliare dalla «falsa coscienza» la partita è persa. Sempre in America se si dà uno sguardo alle analisi del voto delle passate presidenziali, si scopre che le più alte percentuali dei democratici si trovano tra la popolazione più istruita: più si sale di grado, più si va a sinistra. Picchi imbarazzanti si raggiungono oltre la laurea, e il vertice tra le donne con il PhD, il dottorato post-laurea. Michael Walzer, filosofo della politica sempre molto attento al problema delle basi popolari della democrazia e sostenitore della «connectedness», della vicinanza al linguaggio della gente comune, racconta sull' ultimo numero della sua rivista, Dissent, di quando, studente, nel ' 68 organizzò un sondaggio militante per un Comitato contro la guerra in Vietnam a Cambridge, Massachusetts, dove c' è l' università di Harvard: favorevoli o contrari? I dati rivelarono che la opposizione alla guerra era più forte quanto maggiore era il titolo di studio degli intervistati. Il Faculty Club era contro, i bidelli a favore. Mondo crudele per la sinistra: è duro aspettare che la popolazione intera si dottori. In Francia uguale: il gaullismo (e qualche volta anche Le Pen) ha dato dure lezioni ai socialisti, che dopo Mitterrand sono finiti più volte sotto, per il loro elitismo tecnocratico, maggioritario tra i figli dell' Ena e delle Grandes Ecoles. Ségolène Royal non è stata risparmiata dalle stesse accuse di «distanza», anche per i suoi tailleur e modi raffinati. Le analisi francesi del voto sono dolorose per la sinistra quanto quelle americane: la lunga durata di Chirac si è basata molto sul voto operaio. Se ora vogliamo cercare le ragioni del recente vantaggio di popolarità della destra italiana sulla sinistra qualcosa si trova senza molto faticare. Berlusconi è un paradigma internazionale di comunicazione pop, la raffinatezza la sa tener lontano con trasporto istintivo, anche meglio di Sarkozy. Ma non c' è solo il rapporto mimetico tra fasce popolari e leader, il fattore B, il fattore Lega, il fattore destra sociale ex An e altro ancora. C' è anche qualcosa di molto più pesante che fa la differenza: il collasso ideologico della sinistra, al quale è seguito il deserto simbolico, la aridità retorica, semplicemente la mancanza di motivazioni. Una prospettiva riformista vincente non può presentare il proprio progetto come un protocollo di appalto; la competizione con la destra riguarda la chiarezza delle politiche proposte, ma anche la qualità, coerenza, bellezza del rifugio ideologico, del guscio simbolico che offre in tempi di difficoltà. È una storia antica come la democrazia: le politiche bread and butter funzionano finché c' è butter, cioè crescita florida e ricchezza da distribuire, ma quando ci sono sacrifici quello che si chiede al politico sono: personale acclarato disinteresse, grande credibilità e, importantissimi, buoni motivi per affrontarli, i sacrifici. Pensare che un faticoso programma di rientro dal deficit, con inflazione e salari in sofferenza, possa produrre da solo consensi è un errore serio. Pensare che le riforme liberali, necessarissime in Italia, dalle farmacie ai tassisti, dall' Alitalia ai contratti flessibili, per il fatto di essere utili al paese siano anche popolari è un errore ancora più serio. Sentito il giubilo dei gruppi di tassisti alla vittoria di Alemanno? Si tratta di un genere di errori al quale vien voglia di applicare la etichetta suggerita da un classico pensatore liberale inglese (Michael Oakeshott): «Razionalismo in politica». Non si può immaginare, se non in una prospettiva da avanguardia giacobina e rivoluzionaria, che il razionalismo in politica vinca per virtù propria, a forza di calcoli economici, specialmente in tempi di paura. Piacere a Barroso e Almunia non vuol dire sfondare tra gli elettori. Un tassista si potrà anche convincere che l' aumento del numero delle licenze migliori il servizio anche se la sua licenza, faticosamente pagata, perderà un po' di valore. Così il pensionato in un quartiere di Milano invaso dai cinesi, che fanno scendere il valore della sua casa, potrà anche convincersi che l' immigrazione è utile. Ma anche questi rari - e introvabili - esempi di mentalità cartesiana avranno bisogno di poderosi argomenti per accettare una prospettiva che contraddice la loro urgenza esistenziale. Non basta il competente richiamo al principio di realtà, che certo da ultimo nessuno potrà eludere, neanche Berlusconi. La impopolarità accumulata dal governo dell' Unione è rimasta largamente al di qua del pons asinorum e il Partito democratico è appena all' inizio della costruzione del suo edificio ideologico per oltrepassarlo. Se la parola «ideologia» disturba, si parli di idee, di discorso, di fini e di simboli. All' elemento economico la politica deve associare l' elemento persuasivo e narrativo. Non si tratta solo di retorica, ma di sostanza ideale, che è contenuto della politica, almeno tanto quanto i programmi di governo. Non basta essere concreti bisogna anche saper essere astratti. E convincenti. Il «razionalista in politica» pensa che non serva altro che la conoscenza tecnica necessaria per risolvere un problema, non vede tutto il contorno fatto di tradizione, contesto sociale, cultura, paura. Il riformismo in Italia, forse perché reduce da una storia sovraccarica di ideologia, tende ad avere i difetti del razionalista di Oakeshott, è privo di un racconto compiuto sul progetto che ha in mente per l' Italia. Crede di sapere perché vuole vincere, ma non lo sa spiegare e questo vuol dire che forse in realtà non lo sa neppure lui. - GIANCARLO BOSETTI

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