Lo Spazio della Politica
Oggi 9 giugno 2009, 3 ore fa
Senza sinistra?
Oggi 9 giugno 2009, 3 ore fa | Alessandro Aresu
L’ultima fase della globalizzazione e la crisi finanziaria hanno portato in primo piano acronimi come CDO o CDS, o termini come “fondi sovrani”. Si parla di “nuovo ordine globale”. Si costruiscono affascinanti o agghiaccianti aggregazioni, Chimeriche, Eurussie, Eurafriche, Archi d’Instabilità e chi più ne ha più ne metta. Altre parole, un tempo piuttosto in voga, sembrano essere scomparse. Un esempio interessante è la parola “sinistra”. Strano, perché com’è noto Marx ha ripreso a vendere bene. Anzi, benissimo.
La barba più famosa della storia non è sparita dalle copertine delle riviste internazionali (prima “Time, poi “Foreign Policy”). A questa forza oggettiva di un neomarxismo confuso e spontaneo o più organizzato accademicamente (penso per esempio al gruppo dei “sistemi-mondo”) non si accompagna alcun sussulto di vigore da parte di ciò che, convenzionalmente, chiamiamo sinistra politica. Perché? Iniziamo a interrogarci su questo, non perché “siamo di sinistra”, ma perché siamo siamo sorpresi da questo movimento nello scacchiere europeo. Pensiamo che meriti un ragionamento politico, il cui risultato - a seconda delle esigenze - può essere un ripensamento della sinistra, tenendo presenti alcune tendenze delle recenti elezioni, ma anche la sua dismissione. Cominciamo ad affrontare la questione nella forma di una mappa di problemi che invitano a successivi approfondimenti.
1) Un problema di età. La sinistra è vecchia. Il problema generazionale esiste, e, a mio avviso, pesa. Perciò parliamone e prendiamolo sul serio. L’esempio di una questione sollevata da Paolo Sinigaglia durante la presentazione de “La scommessa dell’Europa globale” a Milano mi pare calzante: esiste un importante europeismo italiano che fa capo alla sinistra, dove trovano posto figure autorevoli e differenti come Giorgio Napolitano e Giuliano Amato. Ora, è evidente che non si può costruire un futuro su queste figure. Saper vivere soltanto sulle spalle dei giganti è un gigantesco limite politico. Ancora una volta, ha ragione Andrea Romano: serve una seconda giovinezza.
2) La sinistra e il capitalismo. In base a quali fatti e a quali proposte la sinistra analizza la crisi finanziaria? Le battute contro un generico fallimento del capitalismo andavano bene in autunno o in inverno, adesso bisognerebbe aggiungere qualcosa, altrimenti è demagogia. Il commento di John C. Hulsman a Steinbruck nel numero “EuRussia” di Limes da questo punto di vista è definitivo: “il ministro sembra aver scordato che il capitalismo ha sollevato il suo paese dalle macerie del 1945; ma perché lasciare che i fatti turbino la logica cristallina dell’antiamericanismo?” (in liMes 3/2009, p. 185).
3) Il problema dell’autorappresentazione. Naturalmente parlarsi addosso senza saper “leggere il Paese” è una delle caratteristiche fondamentali della sinistra. Chi è cresciuto nell’Italia della Seconda Repubblica ne ha avuto infinite prove e forse nessuna controprova. La sinistra costruisce le sue autopsie, in Italia ma anche altrove (si pensi al dibattito sulla rivista Dissent, con questi interessanti interventi di Robert Taylor e Sheri Berman). Soprattutto da noi, manca uno scatto successivo, in termini di protagonisti e in termini tematici.
4) Il problema della leadership. Quali sono le voci della leadership nella sinistra europea, francamente? A che cosa corrisponde questo “gap” assoluto? Perché mai si è fermi a Blair e non si riesce a fare un passo avanti? La sinistra europea corre un rischio di Obamania senza Obama, che è il peggiore dei mali perché sfiora i limiti del ridicolo.
5) Prendere la destra sul serio. Analizzare la forza del pensiero conservatore: leggerne i riflessi in Italia, nonostante il nostro “eccezionalismo”. Prendersi più sul serio. Il che - nella “feccia di Romolo” (Vico) italiana - non significa inciuci, tentativi di “arruolare” la moglie del Presidente del Consiglio o altre amenità. Significa ragionare, per esempio, sul punto in cui il “compromesso” con la destra in nome dell’unità o del consenso non si può fare. Costruire una linea di demarcazione chiara, dove non può esservi nessuna “imitazione dell’avversario” in vista di un consenso che non arriva per quelle vie.
Insomma, la sinistra è messa molto male, al di là della barba di Marx, che gode di vita propria. Usare gli Stati Uniti come punto di archimede è improprio. Non basta dire che anche Newsweek ha sdoganato il “socialismo”. Non basta dire che il vento non soffia più in quella direzione e che il “momento conservatore” è passato perché c’è Obama. Non basta dire che anche gli Stati Uniti vogliono diventare “svedesi”, perché l’Italia (e non solo l’Italia) non è mai stata svedese. Così come è stato per la crisi finanziaria, bisogna smetterla di dire “stiamo facendo la storia, possiamo fare la storia” e cominciare a elaborare pensieri compiuti (quando se ne ha la possibilità) e strategie (qualora si sappia di che si tratta).
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