dal sito di SD
Per sfuggire alla diagnosi della diagnosi, costruire una nuova casa…
di Michele Dalai
Mar, 09/06/2009 - 06:48
La diagnosi, l’analisi, gli appelli e le motivazioni di una mezza vittoria o di una quasi sconfitta non fanno per me. La mia esperienza, la mia scarsa esperienza nei panni del protagonista-comprimario di un progetto politico mi impone di tenermi lontano dalle interpretazioni del voto, dal disegnare scenari e proporre ponti. Ho poca esperienza da eleggendo (non eletto) ma una sconfinata passione da elettore e da cittadino, che in queste ore mi sta trasformando nel materiale umano più adatto in un’occasione come questa.
Ogni appello a non mollare, ogni messaggio di sincero rammarico per il mancato quorum e di incitamento per una nuova stagione mi hanno reso più solido e forte.
Ogni richiesta di spiegazioni sul perché non abbiamo forzato le nostre gabbie e non ci siamo presentati tutti fusi in uno sgraziato corpo unico, il corpo di una Sinistra unitaria con le fattezze di un mostro (un altro) con il respiro e il passo brevissimi, mi ha convinto della bontà della nostra scelta.
Da oggi e per non so quanto io sono uno di quelli che tiene il cuore a Sinistra e si prepara a costruire.
Un verbo bellissimo che non nasconde il suo significato, che non fa nulla per trarre in inganno.
Un verbo che sa di fatica e di tempi lunghi, ma che si giustifica e permette di sopportare quel percorso proprio perché segue un progetto.
Si costruisce seguendo le linee precise, ben tratteggiate e condivise di un piano. Noi non vogliamo costruire cattedrali, non è quella la strada che abbiamo scelto.
Le persone che ho incontrato in questi due mesi, i loro sorrisi distesi e la voglia di risposte chiare ma anche la loro rabbia furibonda e disperata e la necessità di trovare un luogo e uno spazio prima familiare e adesso perso mi hanno convinto che quello che gli altri vivono come un fallimento per noi può trasformarsi in un’opportunità.
Non c’è più la Sinistra?
Costruiamola, noi che abbiamo deciso di credere che gente con le qualità di Claudio Fava e Nichi Vendola non potesse sbagliare e non potesse mentire nel momento in cui metteva a repentaglio territori e medaglie acquisite in nome della possibilità di un biglietto senza posti a sedere, di una nuova e bellissima idea con tutto da perdere nel breve e tanto da offrire da subito.
Noi convinti al punto che nessuno degli ostacoli artificiali seminati sul percorso (poco spazio mediatico, pochi mezzi e scorrettezze continue del gigante d’argilla Poco Democratico), ha potuto distoglierci dall’obiettivo.
Ora che il primo risultato è fatto di numeri, numeri di pietra senza possibilità di contestazione, guardiamolo in faccia e processiamolo.
Un milione di voti.
Il 3% dei votanti di questo paese che ha scelto di investire su di noi e regalarci un terreno su cui costruire non una cattedrale ma una casa.
Ci interessa costruire una casa, che abbia tanti ingressi quante sono le di accesso ma che abbia una sala unica, in cui c’è posto per tutti e asilo per ogni sfumatura, ma da cui escano solo scelte condivise e definitive.
Come in un vero partito democratico, incapace di tradire il mandato di chi lo sceglie e fedele ai temi che detta.
Ci sono tre milioni di cittadine e cittadini che non verranno rappresentati in questo Parlamento Europeo. Tutte persone che hanno votato a Sinistra, voti diversi e tutti ugualmente dignitosi. Umiliati dal sistema scelto e perorato da chi vuole conservare un mostro a due teste che però sono troppo brutte per rappresentare il Paese.
Il 10% degli elettori ha scelto di votare a Sinistra del PD, per tacere di quanti nel PD sono rinchiusi e ancora convinti che il voto utile sia meglio del voto intelligente.
Per questo il terreno cui possiamo costruire è ricco e unico e non varrà mai quanto vale ora, oggi.
Per questo io mi siedo, prendo respiro e mi preparo a ripartire da subito, più forte di prima, più consapevole del fatto che siamo in tanti a volerla da subito, quella casa.
Per questo chiedo a chi ha sognato Sinistra e Libertà di raddoppiare gli sforzi e di appoggiarsi a tutti noi, che non abbiamo paura.
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