Socialismo
Ieri 11 giugno 2009, 19.48.31
La sconfitta dei socialisti
Ieri 11 giugno 2009, 19.48.31
La sconfitta dei socialisti
Il dato più rilevante che si legge nelle recenti elezioni europee è l’arretramento dei socialisti e la crescita della destra.
Zapatero in Spagna, l’SPD in Germania, i laburisti di Gordon Brown fanno pensare ad un declino della socialdemocrazia europea, quella che ha segnato tanta parte dell’Europa del dopoguerra.
Si salvano Grecia e Svezia. E il risultato svedese, per tanti versi modello ideale per i socialisti riformisti europei, è purtroppo una magra consolazione.
In Italia dove il post comunismo è sfociato in un centro-sinistra a-socialista, il Pd non tracolla, come preannunciato, temuto, sperato ma mantiene percentuali più alte dei partiti socialdemocratici in Europa; ciò ci spinge a riconsiderare con attenzione e senza pregiudizi i rapporti con il Pd, chiedersi se un atteggiamento alla Bindi (vocazione maggioritaria non ha mai significato andare da soli, o almeno solo alcuni di noi pensavano in tal modo) può riaprire una sana dialettica all’interno dell’opposizione.
La crisi dei socialisti è evidente; piuttosto consolatoria è la domanda se sia in crisi l’idea socialista o il consenso all’idea socialista.
Il riassorbimento in sè
Ora, come si sono chiesti molti commentatori, nel momento più grave del capitalismo, dopo reiterate crisi (new economy, Enron, subprime e.g.) nel nuovo millennio, si poteva ritenere che l’eclissarsi dell’idea individualista e liberista dell’era Reagan-Tatcher lasciasse ampio spazio al riaffermarsi delle idee socialiste.
Ma ancora una volta, se ce n’era bisogno, si dimostra che dalle crisi si esce a destra, si rafforzano i nazionalismi, la paura dello straniero, il protezionismo, l’egoismo, il richiudersi in sé, il farsi i fatti propri.
Decadono gli idealismi rappresentati dall’accoglienza, dall’apertura ai terzi, della solidarietà, dello spirito comunitario.
Decade la fiducia nel socialismo, anche in chi potrebbe vedere in quello il massimo di protezione sociale (il socialismo assistenziale) ma non più attuale neppure a sinistra.
Ci si rinserra nel proprio spazio economico e psicologico, si diffida di ogni interferenza esterna, soprattutto le tasse. Il massimo di solidarismo, di com’unitarismo e di redistributivo, cioè lo strumento fiscale, viene rifiutato come ingerenza del pubblico nel privato, come tassa grandine che fa danni senza benefici, ne consegue una forte richiesta di far da sé, così nella giustizia che come negli affari privati.
Chiaro che con questo riassorbimento in sé, la concezione socialista di un com’unitarismo economico e sociale, perde appeal e consenso.
La forza delle cose
Ma negli USA, Obama ha scelto di intervenire come non mai nell’economia. Mai tanti soldi dei contribuenti sono stati erogati alle società private, siano esse banche o produttori di automobili; mai come ora il pubblico entra nello spazio dell’economia, uno spazio sempre rivendicato come spazio privato (meno stato e più mercato) .
E gli USA di solito precedono nel tempo i fatti europei. Solo che in Europa non ci sono Obama, e quelli sulla sua lunghezza d’onda hanno clamorosamente perso.
Ma saranno le cose dell’economia, come nel Kautsky più classico, a rendere attuale l’opzione socialista, l’intervento dello Stato nel privato, l’intervento della Razionalità al posto della provvidenzialità della “mano invisibile”.
Il sogno di guidare l’economia, di saperla governare così come si governa un viaggio sulla luna, così come l’LHC di Ginevra cerca di governare la materia; questo sogno, vecchia eredità dell’illuminismo, è sempre presente nella filosofia socialista, insieme al grande umanesimo che contraddistingue l’idea socialista.
Che fare
Certo non si può stare ad aspettare che le cose si facciano da sole. Dobbiamo studiare , discutere , elaborare:
a) quale modello di sviluppo, compatibile con lo stadio storicamente determinato ma soprattutto con quale prospettiva strategica. Io insisto per una economia fondata sulla scienza, sul socialismo dei camici bianchi, sull’investimento in ricerca, sull’eccellenza della scuola;
b) la lotta per l’eguaglianza. Non tanto dei punti di arrivo, che negherebbe la diversità competitiva, quanto su quella dei punti di partenza. Ossessione einaudiana, ma premessa ineludibile per una vera meritocrazia;
c) con chi? In particolare a quali condizioni allearsi con il Pd e convincere i compagni di Sinistra e Libertà che questa è la sola via. Il modello prodiano dell’unione, l’originale Ulivo, necessita tuttavia di una profonda analisi e revisione di tutta la storia per una piattaforma politica e programmatica condivisa e intimamente fatta propria.
d) Serve la revisione di schemi che non si mettono più in discussione; si può affermare da parte di tutti che nel ’21 i comunisti sbagliarono? Si può dire che mani pulite non era solo una vendetta contro Craxi ma che c’era un fondamento di verità? Si può affermare che il vero motore è l’impresa ma che in essa il conflitto sociale deve cercare un nuovo compromesso che dia dignità alla classe subalterna?
Tanti temi, per essere pronti a guidare il paese quando la forza delle cose ci presenterà l’opportunità di far valere le nostre convinzioni.
RENATO GATTI
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