Dal sito di SD
Il voto in Europa, prime riflessioni
di Pasqualina Napoletano
Mar, 09/06/2009 - 07:01
La sconfitta socialista alle europee era nell’aria ma neanche i più pessimisti avevano previsto queste proporzioni.
Se si guarda alle diverse realtà nazionali ogni risultato ha una sua genesi che fa riferimento prevalentemente alle diverse storie e dinamiche interne.
Tuttavia l’omogeneità del dato, salvo poche eccezioni quali quelle diversissime tra loro della Slovacchia,Grecia e Danimarca, impone una riflessione più generale che , a mio avviso ha molto a che fare con l’incapacità di risposte e di proposte rispetto alla crisi economico-finanziaria ed ai suoi riflessi sociali.
Il luogo comune della sconfitta legata alla posizione di governo seppure calzante per Portogallo, Spagna e Regno Unito non spiega la debacle francese e il fatto che governi di destra e di centro-destra abbiano mantenuto il consenso.
Lo stesso argomento dello spostamento a destra, che pure c’è stato, non risponde al successo di alcune esperienze tutt’altro che di destra quali la vittoria della lista “nuova ecologia” in Francia, della Linke e dei verdi in Germania e di altre formazioni di sinistra nordiche che, controbilanciano l’insorgenza di partiti razzisti ed antieuropei i quali cominciano ad inviare rappresentanti a Strasburgo.
Insomma l’occhio del ciclone della crisi sembra essere proprio nel campo socialista e socialdemocratico europei e denota la sostanziale debolezza di risposte, che pure ci sono state quali il blocco della direttiva sull’orario di lavoro, il cambiamento della direttiva Bolkenstain in un’Europa che ha visto al contempo sempre più prevalere il diritto alla concorrenza sui diritti sociali e ciò sancito anche da ripetute sentenze della Corte di Giustizia Europea e tutto questo in una crisi che portava via posti di lavoro e speranza nel futuro.
E quand’anche qualche reazione c’è stata essa è stata prettamente nazionale, spesso tendente a contrapporre lavoratori di diversi Stati membri ben lungi quindi dal mostrare un ruolo reale ed utile della sinistra europea.
Questo spiega perchè di fronte al fallimento delle ricette liberiste, la sinistra non è riuscita ad essere un riferimento alternativo.
La sinistra, poi, in quanto soggetto politico sovranazionale ed europeo non esiste, le sue analisi e le sue proposte, prevalentemente nazionali, sono state perfettamente compatibili rispetto al liberismo imperante ed alla finanziarizzazione speculativa che è divenuta modello essa stessa di tante esperienze di governo.
Su cosa si fondava il manifesto sulla terza via di Tony Blair se non su questi presupposti?
C’è da dire, poi, che la sinistra europea è regredita enormemente anche sul fronte del federalismo europeo soprattutto in alcune sue componenti che in passato erano sensibili a questa prospettiva.
La deriva “intergovernativa” che di fatto uccide l’Europa politica ha visto un notevole contributo delle sinistre europee a cominciare dal periodo d’oro in cui esse governavano 13 Paesi su 15 ed è evidente che essa si è imposta rispetto a qualsiasi altra dinamica politica possibile in Europa facendo prevalere la mistificazione dell’interesse nazionale su tutto.
Voglio citare a questo proposito le responsabilità della SPD tedesca la quale ha assunto da alcuni anni una deriva totalmente germanocentrica contribuendo a sostituire la dialettica sinistra – destra a livello europeo con quella dell’interesse nazionale e questo sia nelle politiche concrete che nel controllo della macchina amministrativa arrivando ad una politicizzazione inusitata della stessa “funzione pubblica” europea.
Non sarà facile né di breve periodo la reazione a questa situazione anche perché non vedo neanche il barlume di una riflessione che vada nella direzione che ho tentato sommariamente di illustrare.
Mi duole anche il fatto che onestamente non vedo quale contributo potranno dare le forze di sinistra italiane escluse dal Parlamento Europeo.
Se penso alle difficoltà a parlare d’Europa in questa campagna elettorale nostrana c’è poco da stare allegri.
Se perfino il segretario del PD Franceschini, un partito che si definisce europeista con un quotidiani che si chiama “Europa”, in una delle sue apparizioni televisive ad “anno zero” non ha sentito il bisogno di replicare a Storace il quale ha sostenuto che il trattato di Lisbona reintrodurrà la pena di morte in Europa, con chi ce la vogliamo prendere se la prospettiva dell’Europa si allontana dall’interesse dei cittadini, anche di quelli democratici e di sinistra?
Ripartire però si può sempre e mi auguro che l’esperienza maturata in Europa da tanti di noi, e non parlo solo di chi ha fatto l’esperienza del Parlamento Europeo, quanto delle/gli appartenenti a movimenti pacifisti , ecologisti, antirazzisti, sindacali, dei diritti civili possano imporre un altro modo di “sentire” l’Europa ed un protagonismo che possa collegarsi ai fermenti più interessanti che pure in questo quadro di difficoltà sono emersi.
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