lunedì 15 giugno 2009

alessandro Silvestri: I motivi della grande anomalia italiana

I motivi della Grande Anomalia Italiana.Condividi
Oggi alle 14.33
Molti e non da oggi, si sono posti la domanda del perché in Italia, continua a perdurare l'anomalia politica che non ha eguali nel panorama europeo. Come in molti sanno, questa c.d. "anomalia" deriva storicamente dall'entità che solo nel nostro paese un Partito Comunista ebbe a partire dalla Liberazione.
Forza, peso e potere che non venne incanalato mai però, fino alla data del suo scioglimento avvenuto nel 1989, per salire formalmente al Governo. Una forza chiaramente di sinistra cioè, superiore al 30% che nel continente è stata da oltre un secolo, rappresentata dai partiti socialisti, socialdemocratici o laburisti, parcheggiata però appunto, eternamente all'opposizione, salvo la parentesi progettuale riferibile al c.d. "Compromesso Storico" che a partire dalla seconda metà dei '70 cominciò ad avvicinare in un lavorio sempre più fitto le segreterie di DC e PCI, per un possibile Governo di Unità Nazionale, ma che ebbe un forte arresto a causa dei gravi fatti terroristici che videro con l'assassinio del leader democristiano Aldo Moro, interrompersi fino al raffreddamento, le trattative durate qualche anno.

Sulle ragioni della nascita di questa particolarità tutta italiana, non vi è tuttavia, ancora oggi un concreto lavoro culturale che ne evidenzi le ragioni prime.

Come sappiamo, l'Italia anticipando un fenomeno che poi divenne di portata globale, vide la nascita nell'immediato primo dopoguerra (1914-1918) di un partito dai tratti fortemente nazionalistici che assunse rapidamente il potere e instaurò ben presto una dittatura dai chiari connotati militari.
Questo fenomeno attraversò rapidamente in lungo e in largo il mondo, anche all'interno di quei paesi dove più stabile attecchiva la pianta della democrazia.
L'Italia esportò il fascismo in tutti i continenti e particolarmente nell'Europa balcanica e in quella degli ex imperi centrali, si sviluppò con funesta rapidità.

Deve essere chiaro che al di là della forza che un progetto, un programma o un'idea possa di per sé avere, senza un adeguato sostegno economico, nessuna "rivoluzione" o colpo di stato o nascita di un grande partito "di massa" che sia, può avere possibilità di riuscita.
Il PNF creato da Mussolini, alle prime elezioni in cui si presentò ottenne lo 0,5% e ottenne 2 soli deputati, mentre a quelle successive (ed ultime del periodo fascista) del 1924 arrivò al 61,3 ottenendo 356 deputati. Il perché di questo "successo", non è però il tema che voglio trattare oggi. E' tuttavia fuor di dubbio che senza i lauti finanziamenti provenienti dalla Francia prima e dal capitale industriale e latifondista nazionale poi, Mussolini non avrebbe ottenuto i suoi scopi.

Mi interessa invece capire come mai le forze che si opposero apertamente al fascismo e che potevano contare su un grande consenso e su una rete consistente di militanti e di strutture, e che patirono le principali ignomie che il regime esercitò, si ritrovarono alla caduta di Mussolini, disorganizzate e minoritarie rispetto a due forze emergenti di cui in verità, poco si era visto fino all'organizzazione e nascita del movimento partigiano.
Il PCI e la DC.

Come mai mi chiedevo, al di là della soppressione fisica di alcuni esponenti di rilievo dei Liberali, dei Repubblicani e dei Socialisti e di raggruppamenti minori come i Radicali "storici" o come Giustizia e Libertà nata durante il ventennio (le principali forze presenti in parlamento all'avvento del fascismo e quelle che lo combatterono apertamente formando un blocco delle opposizioni in esilio) dopo il 1944 ebbero un ruolo via via sempre minore? E' vero che vi erano anche rappresentanti dei Popolari e in alcuni periodi anche quelli del PCdI (poi PCI) ma per motivi politici e numerici, non furono mai durante l'esilio, tra le componenti più attive nella lotta al fascismo.

I Popolari fortemente influenzati dalla politica vaticana, si può dire che ebbero più spesso un ruolo neutro se non proprio collaborazionista. I comunisti furono addirittura messi al bando in Europa e negli USA dalle nazioni democratiche, all'indomani del patto Von Ribbentropp-Molotov, e si rifugiarono celermente a Mosca dove ripresero la via dei loro paesi (non tutti poiché nel frattempo molti di essi si ritrovarano a fare i conti con le purghe staliniane che eliminarono ogni forma di opposizione interna a cominciare da quella trotzkista) solo alla fine della guerra.

Vediamo un attimo la fotografia del parlamento italiano eletto nel 1921 e confrontiamola con quello del 1946.

ELEZIONI 1921:

PSI 25% 123 seggi.
Partito Popolare 20,8 108 seggi.(molti deputati ed esponenti passeranno poi al PNF, soltanto la minoranza di Sturzo, Donati e Ferrari si schiererà apertamente contro il fascismo dopo il '24)
Blocchi Nazionali 19,1 105 seggi. (contenete anche i liberali di destra, confluirà nel PNF)
I Liberali di sinistra si presentarono divisi:
Partito Liberale Democratico 10,4% 68 seggi.
Partito Liberale 7,1% 43 seggi.
Partito Democratico Sociale 4,7% 29 seggi (collaborerà inizialmente col fascismo fino al luglio del '24 per poi passare tra gli "aventiniani")
PCdI 4,6% 15 deputati.
PRI 1,9% 6 deputati.
Altri minori 6,7% tra i quali il PNF.

ELEZIONI 1946:

Democrazia Cristiana (DC) 35,18% 207 seggi.
Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) 20,72% 115 seggi.
Partito Comunista Italiano (PCI) 18,97 % 104 seggi.
Unione Democratica Nazionale (UDN) (liberali) 6,79 % 41 seggi
Fronte dell'Uomo Qualunque (UQ) 5,28% 30 seggi.
Partito Repubblicano Italiano (PRI) 4,37% 23 seggi.
Blocco Nazionale della Libertà (BNL) (monarchici) 2,77% 16 seggi.
Partito d'Azione (Pd'A) 1,46% 7 seggi.
Decine di altri partiti arrivarono globalmente a meno del 4,5% eleggendo i rimanenti 13 deputati.

Considerando che l'MSI (unico partito dichiaratosi diretto erede della Repubblica Sociale Italiana) si presentò per la prima volta nelle successive elezioni del 1948 ottenendo peraltro il 2% alla Camera, analizzando all'ingrosso i dati del '46, la domanda è: come votarono i ca. 12.000.000 di iscritti al PNF (dati 1943) e che indirizzo politico presero nella nuova Repubblica?

Non certo per il PSIUP (PSI) che fu il partito più apertamente antifascista e che vide diminuire una parte dei consensi del '21 presumibilmente verso il PCI.
Non certo l'UDN che vedeva schierati un po' tutti gli antifascisti esiliati dopo il '24 appartenenti alla vecchia Italia liberale, tra i quali gli ultimi presidenti del consiglio pre-mussoliniani, Nitti e Orlando o intellettuali come Benedetto Croce, Arturo Labriola e Luigi Einaudi.
Non certo il piccolo Partito d'Azione che invece aveva avuto una parte determinante nella lotta partigiana, ma che scontò una forte carenza organizzativa sul territorio.
Non certo infine il rinato PRI che aveva visto molti dei suoi combattere e cadere già nella Guerra di Spagna nel '36/39.

Se diamo per scontato quindi, un consistente flusso di voto verso le formazioni apertamente di destra come i monarchici e l'Uomo Qualunque, è del tutto evidente che il partito che maggiormente si avvantaggiò del voto ex-fascista, fu la DC, seguito dall'antagonista PCI.

Da questo dato, che si riverberò notevolmente poi anche sul fronte degli iscritti veri e propri a DC e PCI, si deduce come i due partiti che contrastarono minormente il fascismo e il nazismo (senza contare appunto che nei rispettivi regimi, i cattolici e la Chiesa vi svolsero un ruolo non secondario e che il PCI fu anche alleato di Hitler nel periodo '39/41) finirono con l'avvantaggiarsi maggiormente del consenso che era stato del fascismo.

La mossa di Togliatti di concedere la grazia ai fascisti in carcere nel 1946 (che presupponeva una pietra tombale anche su successive ed eventuali vicende che sarebbero emerse) agevolò certo l'affluenza di consenso fascista verso il suo partito.
Ci sono stati poi nella vita della Repubblica Italiana, molti ex che hanno fatto carriera ai più alti livelli istituzionali. Anche oggi ad es. al Quirinale, siede quello che ai tempi fu un giovane aderente al GUF e redattore di una rivista fascistissima napoletana (IX Maggio). Situazione analoga per un suo predecessore, Oscar Luigi Scalfaro. Pochi sanno che Napolitano chiese tra il '43 e il '44 di aderire alla Federazione Giovanile Socialista di Napoli, che nel frattempo si stava riorganizzando nei territori liberati. Naturalmente, come accadde per tutti coloro coinvolti più apertamente col passato regime, l'adesione gli fu negata.
Nessun partito che aveva lottato apertamente contro il fascismo fin dal suo esordio chiaramente antidemocratico, accettò a torto o a ragione, di far entrare nelle proprie organizzazioni, quei quasi 12.000.000 di voltagabbana (ad essere benevoli) che trovarono però, braccia ben disposte all'accoglienza.

Ecco quale fu il prodromo della "strana" anomalia italiana di cui ancora oggi paghiamo un prezzo altissimo in termini di verità storica e di scarso rispetto per la democrazia e per le istituzioni.

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