La lezione di Trentin a una sinistra distratta
Data di pubblicazione: 06.06.2009
Autore: Campetti, Loris
“E' con la lotta articolata e con le assemblee, la democrazia, che si costruiscono egemonia e vittorie. Avendo al fianco la cultura e la scienza”. Il manifesto, 6 giugno 2009
La scena si colloca tra la più grande stagione di lotta operaia - l'autunno caldo del '69 - e la strage di stato - le bombe di piazza Fontana. Sullo schermo l'avvocato Agnelli di bianco vestito che esce dalla stanza del ministro del lavoro Donat Cattin, dopo aver preso atto che quella volta, per la prima volta, aveva perso la partita. Sotto c'era una didascalia che in pochi hanno potuto leggere: «Sarò l'uomo più elegante del mondo ma questa volta me l'hanno messa in quel posto». Racconta Ugo Gregoretti, il regista della più straordinaria testimonianza sull'autunno caldo, «Contratto»: quando Bruno Trentin, leader della Fiom e punto di riferimento di quella «classe lavoratrice», la vide, ne pretese la cancellazione.
Era un uomo fermo, colto, intransigente con sé e la sua parte, radicale nei contenuti e attento alle forme di lotta, rispettoso degli avversari a cui non faceva sconti. Attento al linguaggio, estraneo agli estremismi («parolai») ma non ai messaggi politici e alla domanda di cambiamento che quegli estremismi mandavano al sindacato e alla politica. Ci fu una stagione in cui parte del sindacato, quella di Trentin, seppe comprendere i messaggi che la politica - lo stesso Pci - non capì, o rimosse insieme a un'inedita esperienza di partecipazione di massa e a un sogno collettivo.
Trentin era un vero sindacalista e, per questo, un politico di qualità. Si interessava di tutto, parlava a tutti. Il bellissimo film di Franco Girardi «Con la furia di un ragazzo», presentato alla Casa del Cinema di Roma, ci racconta attraverso la voce e gli sguardi di Trentin il «terribile Novecento». Storie conosciute, la guerra civile spagnola o la Resistenza, chiedono una chiave di lettura che nelle parole dell'anziano sindacalista assumono il volto, l'impegno, le speranze, i progetti di uomini e donne che raccontano l'antieroismo, che è poi, in alcuni passaggi storici particolari, un eroismo di massa. Uomini e donne che hanno attraversato gli anni duri, i Cinquanta, e guidati da dirigenti politici e sindacali di cui il nostro tempo ha perduto l'eredità, hanno costruito con passione e disciplina una nuova storia. Il biennio '68-'69 non nasce dal nulla, è costruito nel passaggio dalla resistenza al protagonismo dei lavoratori; prima del contratto subìto da Agnelli nel '69 c'è quello, sempre dei meccanici, del '63. Perciò il '68 studentesco e il '69 operaio sono una rottura, ma costruita con una fatica, un coraggio, che segnano il passaggio dalle lotte d'avanguardia alle lotte di massa.
Trentin racconta la nascita di una democrazia diretta nei luoghi di lavoro con l'invenzione dei delegati di reparto. Racconta anche la sconfitta dell'80 alla Fiat subita sul campo, figlia della perdita di consenso in fabbrica. Non è la lotta a oltranza la chiave di volta, spesso nasconde difficoltà concrete. E' con la lotta articolata - la guerriglia e non la guerra aperta, si potrebbe dire - e con le assemblee, la democrazia, che si costruiscono egemonia e vittorie. Avendo al fianco la cultura e la scienza, Maccacaro e le 150 ore.
Con Trentin è venuta meno una voce importante, ma la storia da lui raccontata nel film di Franco Girardi era già stata archiviata, frettolosamente. Dev'essere dura, per chi oggi fa il sindacalista, raffrontare il suo lavoro e la sua passione con quella di Trentin, e il contesto di oggi con quello che milioni di persone avevano tentato di costruire.
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