venerdì 20 luglio 2012

Angelo Giubileo: Il lavoro e la sinistra nell’Europa che verrà | Pensalibero.it

Il lavoro e la sinistra nell’Europa che verrà | Pensalibero.it

10 commenti:

claudio ha detto...

già nelle cifre che cita Anggiub c'è la condanna dell'Italia: in un sistema
come quello dell'euro dove mediamente il 68% degli occupati sono nel settore
dei servizi come si fa a reggere con una burocrazia statale e degli enti
locoli che prevalentemente produce più disservizi che servizi e che se la
tocchi insorgono i sindacati della funzione pubblica con il loro "todos
dirigenti"...Ma sai che il comune di Torinio , di sinistra da 30 anni, ha
più dirigenti di quello di Milano, e passano il tempo a produrre regolamenti
già superati quando escono per pararsi il didietro quando assumono le
"determine" cioè i veri atti amministrativi dei comuni, quelli che prima
della legge Bassanini li firmavano gli assessori a loro rischio? Non è
neanche colpa loro, quanto del "governo dei giudici", che certo non aumenta
la produttività della PA...

guido ha detto...

Caro Claudio, non vedo come si possa arrivare a incolpare i magistrati di qualcosa che fai risalire a Bassanini. I burocrati sono sempre stati li a pararsi il culo, che fossero imp. Comunali, managers di grandi corporations o generali. In Italia il problema è più profondo per il tipo di formazione poco realistica e molto retorica (per usare termini non connotati) che riceviamo tutti durante tutta la nostra educazione scolastica. In più il diritto che si insegna nelle scuole di giurisprudenza è causidico e chicaneur piuttosto che problem solving e ordinativo. Si studiano i casi scuola più improbabili e assurdi invece delle buone pratiche. Non è un caso che in Italia le facoltà di Giurisprudenza siano largamente di destra mentre in USA sono largamente di sinistra. E producano, oltre agli avvocati chicaneurs che non mancano neppure là, anzi, anche grandi commis dello stato federale delle organizzazioni internazionali. Purtroppo la cultura giuridica prodotta e perpetuata nelle scuole di diritto della "patria del diritto" forma il personale di tre aree importanti della società: a) la produzione di norme, parlamento e altri organi elettivi con i rispettivi apparati tecnici b) l'applicazione delle norme, cioè l'amministrazione e c) il controllo sull'applicazione delle norme, cioè la magistratura. Guarda caso i tre settori più arretrati (e pesanti su tutto il resto) del paese. Qualcuno pensa che non ci sia relazione tra la formazione giuridica e il cattivo funzionamento dei tre settori cui è diretta questa formazione? Io no e penso che qualcuno dovrebbe cominciare a guardarci dentro a questo problema. g

mario ha detto...

Sento l'obbligo di ringraziare profondamente Martinotti per le sue parole sulla scuola italiana e più in particolare per gli studi di giurisprudenza. Dice Martinotti con parole che contano

“In Italia il problema è più profondo per il tipo di formazione poco realistica e molto retorica (per usare termini non connotati) che riceviamo tutti durante tutta la nostra educazione scolastica.”

“Purtroppo la cultura giuridica prodotta e perpetuata nelle scuole di diritto della "patria del diritto" forma il personale di tre aree importanti della società: a) la produzione di norme, parlamento e altri organi elettivi con i rispettivi apparati tecnici b) l'applicazione delle norme, cioè l'amministrazione e c) il controllo sull'applicazione delle norme, cioè la magistratura. Guarda caso i tre settori più arretrati (e pesanti su tutto il resto) del paese. Qualcuno pensa che non ci sia relazione tra la formazione giuridica e il cattivo funzionamento dei tre settori cui è diretta questa formazione? Io no e penso che qualcuno dovrebbe cominciare a guardarci dentro a questo problema.”

mario ha detto...

Sono parole dette con chiarezza e con precisione.

Ricordano quanto diceva Gaetano Salvemini, sugli studi giuridici nelle università del Sud, che hanno formato allora la disastrosa classe dirigente meridionale, e che poi dopo il disastro culturale del fascismo, con le sue conseguenze sul liceo e l'università, formano oggi, anche quella settentrionale.

Ricordano quello che Perry Anderson diceva essere stata una delle cause della crisi del PCI, ma che vale anche come causa della crisi di tutta la classe dirigente democratica: Within the intellectual sphere itself, moreover, the PCI reproduced the humanist bias of the traditional elites, for whom philosophy, history and literature had always been the fields of choice. Missing from the party’s portfolio were the more modern disciplines of economics and sociology, and the methods they had attempted to borrow, for better or worse, from the natural sciences. Formidable though its positions looked at the heights of a hallowed cultural hierarchy, it was weaker lower down, with serious consequences in due course.

Ricordano , quello che una commissione dell'Accademia dei Lincei fatta costituire dal presidente Vito Volterra, per valutare la riforma Gentile nel 1923 disse sulla filosofizzazione dei licei: “Noi osserviamo che le menti dei giovani allievi, non abituate ancora all’analisi, sono immature per la sintesi a cui l’insegnamento filosofico si ispira ....... La nostra Commissione teme che una parte esuberante data alla filosofia nei programmi dei licei possa favorire il risorgimento delle tendenze eccessivamente aprioristiche e delle argomentazioni meramente verbali, contro le quali i maggiori spiriti del Rinascimento hanno sostenuto tante lotte, che parevano chiuse, grazie alla vittoria del nostro sommo Galileo. ”

L'Italia è un paese poco istruito, ma di per se pragmatico e concreto (anche troppo pragmatico quando si adatta alle situazioni degenerate, di cui però non è responsabile) che è guidato da una classe dirigente retorica e piena di sottocultura piccolo borghese.


E mentre il paese si arrangia con i suoi pesanti limiti culturali, ma con ingegnosità e volontà a creare ricchezza in situazioni, che quando mi capita di descriverle a qualche amico straniero, provocano incredulità e risate, la classe dirigente la ostacola con il suo disprezzo per il lavoro e ne dilapida la ricchezza creata.

Ma in compenso straparla di diritti, di spirito critico, del valore del lavoro, di democrazia, Come quando, ormai da 50 anni, celebra ogni anno in pompa magna, nei palazzi del potere, la Repubblica Democratica, la Costituzione, il diritto al lavoro ed all'istruzione e, senza vergogna, esce poi in un paese che una vera Democrazia basata sulla sovranità popolare, il diritto al lavoro ed alla istruzione non li ha mai avuti.

Credo che un tema di questa importanza non vada lasciato cadere se si vuole cominciare a costruire qualcosa di concreto e pur se provocherà una valanga di proteste iraconde e corporative, anzi proprio per questo, vada preso come inizio di una proposta politica pragmatica e democratica.


Mario Saccone

felice ha detto...

nela nia breve esperienza parlamentare ho visto sia come fosse possile fare
buone norme che cattive. Da principiante quando presentavo emendamenti in
commisione.mettevo una nota con sintetica motivazione. Mi hanno detto di
smettere, perché comunque non era prevista la pubblicazione così abbiamo testi
che non si sa per quali motivi siano stati emendati. Avevo anchge proposto che
un relatore di una legge compilasse una acheda dei cobntati avuti sulla legge
così come nei ddl governativi si conoscesse i nomi dei funzionari che ci
avevano messo mano. Invece le manine che stravolgono i tresti preferiscono
l'anonimato. Loro li CAPISCO, MA CHI GLIELO CONSENTE NO. ALTRA ESPERIENZA
QUANDO PRESI SUL SERIO IL PARERE OBBLIGATORIO DELLA COMMISIONE AFFARI
COSTITUZIONALI. SE SI ECCEPIVANO INCOSTITUZIONALITà NON MACROSCOPICHE ERA
UN'OFFESA AI COMPONENTI DELLA COMMISIONE DI MERITO. ALTRA POPOSTRA CHE
RISOLVEREBBE IL SOTTOBOSCO DELLE NOMINE CHE NON FOSSE POSIBILE NOMINARE CHI NON
SI FOSSE CANDIDATO. ALMENO CI SAREBBE LA TRASPARENZA DELLE ALTERNATIVE

mario ha detto...

Riprendo le parole di Martinotti, perché mi sembrano fondamentali e vedo che nessuno le riprende nella sostanza, scusandomi con lui se ne sforzo il senso, ma non mi sembra proprio.




“In Italia il problema è più profondo per il tipo di formazione poco realistica e molto retorica (per usare termini non connotati) che riceviamo tutti durante tutta la nostra educazione scolastica.

In più il diritto che si insegna nelle scuole di giurisprudenza è causidico e chicaneur piuttosto che problem solving e ordinativo. …...

mario ha detto...

Il problema è che “il tipo di formazione poco realistica e molto retorica” non riguarda solo la classe politica in quanto tale, ma ammorba anche il più largo settore dei politicizzati, di quelli cioè che essendo il riferimento più vicino alla classe politica potrebbero portare a quei poveri ignoranti (in senso etimologico) qualche informazione decente. Invece tra classe politica ufficiale e ambiente politicizzato c'è una notevole omogeneità di cultura e così le informazioni che girano sono “poco realistiche e molto retoriche”.

mario ha detto...

Basta leggere qualche email di questo thread. Ad esempio alla domanda




“la questione è: cosa deve fare l’eurozona e, al proprio interno, ciascun paese membro al fine di accrescere la propria produttività ?”




la risposta é:

“Si tratta di passare da una concezione che considera la stabilità di un ambiente sociale come conseguenza di un ordine (prodotto di un “dover essere”), ad una mera situazione materiale e contingente di equilibrio tra sistemi di forze” (B. Montanari, Cultura del postmoderno e realtà virtuale: l’eclisse del soggetto nella realtà complessa)”.

Mi ricorda quello che Salvemini diceva di Gentile, che quando cominciava a parlare con lui non capiva non solo le idee di Gentile , ma dopo un po neppure più le proprie.

mario ha detto...

A nessuno viene in mente che per incrementare la produttività bisogna fare delle cose ben concrete. Ad esempio facilitare la nascita delle aziende, aumentarne la competitività, abbassare il numero delle giornate improduttive imposto alle aziende da normative demenziali, evitare che aziende sane chiudano per il ritardo dei pagamenti da parte dello stato (!) ma anche da parte delle imprese monopolistiche, alzare il livello della formazione scolastica, soprattutto di quella scientifica, aiutare l'innovazione. Queste sono cose troppo realistiche e senza possibilità di far retorica o sfoggio di barocchismi. Ma queste cose sono cose concrete, presenti alla maggior parte del paese, che per fortuna non è “colta” e che da sempre lavora e produce pur senza sapere nulla di postmoderno e di eclisse del soggetto.

I 3 milioni e passa di micro aziende che danno lavoro a ben più di 10 milioni di lavoratori e formano il nerbo della produzione italiana, (perché le grandi aziende sono quasi sempre monopolistiche e invece di produrre ricchezza la consumano), presentano una mortalità elevatissima e quasi nessuna riesce a crescere anche a causa del supporto politico alle grandi aziende monopolistiche che ammazza la concorrenza(vedi Sylos Labini “La crisi italiana”).

Così viviamo in un paese in cui la politica (con l'aiuto dei politicizzati) ha massacrato settori produttivi di eccellenza come quello informatico, quello chimico, quello meccanico e la ricerca scientifica. Nel 1960 l'Italia era una dei soli 4 paesi nel mondo capaci di progettare hardware e software di un calcolatore,! Oggi a guardare lo stato dell'informatica italiana, che dipende quasi interamente dal potere pubblico, viene letteralmente da piangere.

Per cui, non solo nell'ormai morto mondo della politica ufficiale italiana , ma anche in quello che dovrebbe generare l'alternativa, cioè quello delle persone che dedicano parte del loro tempo alla politica, il dibattito si trascina stancamente tra concetti filosofici e giuridici astratti, eccitato solo dall'avvicinarsi delle elezioni in cui si discutono e si dibattono sempre gli stessi concetti filosofici e giuridici astratti, nell'indifferenza sempre maggiore del paese.

Il fatto è che tra le idee che fanno parte della formazione poco realistica e molto retorica, ce n'è anche una, di origine credo Gentiliana, che riguarda il primato della politica sulla società. La maggior parte degli italiani “colti” (parola che deve essere messa tra virgolette) credono che la “politica” (anche questa tra virgolette per l'accezione che sottende) sia l'attività umana più alta, quella che fa la storia. E' una balla clamorosa. La storia la fanno i cittadini che lavorano e producono sia beni materiali che intellettuali e in questo modo producono e riproducono la società e innovano la cultura, la società e l'economia, che esercitano dove è possibile (quindi non in Italia) la democrazia diretta e per il resto delegano. Questa è la “politica” dei cittadini, quella che fa la storia. L'altra, quella delegata, se è una buona “politica delegata” (che non è cosa da poco!) può assecondare questo processo, ma se è cattiva, come quella italiana lo ostacola e porta il paese periodicamente alla crisi: culturale, sociale ed economica.

Mario Saccone

guido ha detto...

Caro Mario, grazie per l'attenzione e soprattutto per la precisazione. Hai
perfettamente ragione: la cattiva letteratura che ci viene propinata dai
vari premi letterari, che se non sono come Moggi poco ci manca, è sostenuta
da un pubblico acritico. Caveat emptor, ma qui invece del caveat c'è il
boccalone abituato a osannare come il pubblico dei talk-shows. Purtroppo è
questo l modello. Hai perfettamente ragione c'è un rimando continuo tra una
pletora di retori e un pubblico come dici tu di "politicizzati" (perfetta
definizione) che per dar a vedere di essere esperti diventano più retori dei
retori. E' un male profondo che come professore conosco bene. Nell'aula
americana gli studenti fanno domande (spesso ingenue o cretine, ma pur
sempre domande). Gli studenti italiani non fanno domande, in genere parlano
poco, e quelli che parlano non fanno domande ma il classico "intervento".
Così come gli intervistatori che invece di fare domande offrono già la
risposta all'intervistato. Non so cole si possa uscire da questa nutella
simil-politica, ma a me pesa sempre di più G



Guido Martinotti