venerdì 20 luglio 2012

Paolo Bagnoli: Genova

L’incontro che,per iniziativa del Gruppo di Volpedo,si è tenuto a Genova il 30 giugno,nella stessa Sala Sivori ove 120 anni orsono nacque il Partito dei Lavoratori,fondamenta del prossimo Partito Socialista Italiano,ha rappresentato un momento importante per la rivivificazione del socialismo italiano. L’iniziativa,infatti,ha avuto un senso non in quanto ricordo di una data importante,ma quale testimonianza di presenza e di lotta per avviare una riflessione sui modi e le forme per cercare di non dare morta per sempre la storia del socialismo italiano.
A dire il vero l’incontro di Genova non si è chiuso con una presa di posizione precisa in questo senso e ciò getta un limite,ma è altrettanto fuori discussione che,se non si è trattato di un episodio isolato,la questione si pone compendiandosi nell’espressione:dalla soggettività al soggetto. Se così non fosse l’appuntamento di Genova altro non sarebbe stato se non una manifestazione di quella “cultura delle ricorrenze” tanto amate dall’italica mentalità. E pur tuttavia non dobbiamo nasconderci che se pensare al soggetto è questione complessa non lo è da meno quella di dare corpo a una soggettività,ossia a un rassemblement coordinato di tante realtà diverse sparse in Italia,ognuna delle quali con composizione eterogenea dell’una rispetto all’altra in cui troviamo socialisti senza tessera,aderenti al sedefinente partito socialista,alla formazione vendoliana e al partito democratico. Una geografia tanto disomogenea ci dice due cose:la prima quanto dispersiva sia,nel campo alternativo alla destra,la presenza dei socialisti e come il sedefinente partito socialista non sia in grado di costituire fattore unificante;la seconda che,dal momento che tutti gli “strutturati” fanno riferimento al socialismo europeo,sia questo richiamo a costituire un dato unificante considerato che,come organizzazione transnazionale esso non esiste e che, né Sel né il Pd, aderiranno mai al socialismo europeo per la semplice ragione che non sono socialisti ne hanno intenzione di diventarlo. Ma se anche ciò avvenisse la cosa non sarebbe in sé risolutiva del problema centrale che è tutto nazionale;ossia, far riagganciare al socialismo italiano,quale soggetto peculiare,la storia del nostro Paese al fine di reinserirlo come protagonista autonomo,certo non alieno dal socialismo europeo,nella politica italiana.
Chiarire questo punto è fondamentale e pure generatore di un equivoco che rischia di essere una trappola in cui entrare speranzosi per uscirne stritolati. Chiedendo,infatti,ad altri di essere quello che noi non riusciamo ad essere,si scivola in una logica che riconduce il tutto solo alla questione dello schieramento per il governo e,quindi,a porsi nei confronti del Pd alla stregua di quello che Carlo Marx definiva “l’esercito proletario di riserva”;ciò che oggi è Sel. Oppure sperare che per le elezioni europee si faccia una lista italiana del socialismo europeo;ironia della sorte composta da chi con il socialismo italiano,presente e futuro,non c’entra proprio niente.
Il problema è altro; a questo altro occorre applicarsi.Il primo atto è dare corpo alla fase necessaria e preliminare alla soggettività;vale a dire, a indirizzare secondo comuni intenzioni di fondo tutti quei momenti che si configurano come rari nantes in gurgite vasto, far sì che muovano la loro iniziativa per quanto autonoma e condizionata da elementi che possono essere i più vari,verso una precisa profilazione socialista,dandosi una logica politica e di ragionamento che,pur nella varietà degli apporti e di quanto è legato alla tradizionale inclusività tipica del socialismo italiano,non testimoni solo di una presenza o di un’esigenza rivolta ad altri,ma finalizzata a essere se stessi e non suggeritori di un processo culturale,storico e,infine,politico. Ora,una volta acclarata la volontà dell’intenzione,non risolvono niente gli intrecci di scambio per l’aere del computer se il confronto e il contributo di chiarimento,arricchimento,proposta non si colloca dentro una precisa carta di principi e di fini;combini,cioè,la solidità delle idee con la concretezza del porsi politicamente. Tutto ciò ancora non c’è e,a dire il vero,nemmeno,tranne noi,riscontriamo esigenze simili a giro. Vale a dire che o non si è capito quale è il problema e la posta in gioco con cui abbiamo a che fare oppure che si decide,pur magari non nascondendosi la necessità del problema,di continuare a stare in attesa di attaccarsi,con qualche plausibile giustificazione,si intende a carri da altri predisposti. La mancanza di tale fondamentale passaggio segna il vuoto che lascia aperta la bella iniziativa di Genova. E’ mancato il coraggio o si ritiene non sia giunto il momento opportuno? Nell’un caso, come nell’altro, permane la latitanza del motivo per dare soggettività al socialismo italiano e,con esso,a tutta la sinistra italiana. Ciò è fondamentale se si crede alla necessità di ridotare la democrazia politica italiana del soggetto socialista;una questione resa più acuta dal montismo e dalla condizione in cui versano le istituzioni della Repubblica. E’ in gioco,infatti, una scommessa che riguarda la libertà,la democrazia e la giustizia sociale nel nostro Paese. Irretito nella manipolazione antipolitica dei processi economici dovuti al capitalismo finanziario,gestito da una classe politica del tutto inadeguata,economicamente impoverito e soffocato da una politica fiscale che rompe l’ossatura stessa della coesione sociale,il montismo,segna il fallimento dell’etica e dei meccanismi democratici nonché delle ricette adottate;il prodromo per attuare una svolta a destra camuffata da efficientismo antipolitico.
Crediamo che il tempo stringa.

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