mercoledì 20 aprile 2011

Stefano Rolando: Intervento alla riunione dei circoli socialisti, 20 aprile 2011

Circolo De Amicis
Incontro dei circoli socialisti milanesi con Giuliano Pisapia
Milano, 19 aprile 2011, h. 20.45
Intervento di
Stefano Rolando
professore all’Università Iulm di Milano,
per il “gruppo di iniziativa per il 51” animato da Piero Bassetti

Doveva essere qui questa sera Piero Bassetti, che oggi però ha legittimamente disertato ogni impegno pubblico perché festeggia il suo anniversario di matrimonio. Parlo anche a seguito di uno scambio di idee che ho avuto con lui.
Vedendo il film “Milano, oh cara!” proiettato ad inizio della serata – uno sguardo dolente ma anche progettuale sugli irrisolti della città all’inizio degli anni ’60, dopo lo sforzo della ricostruzione ma con le tante contraddizioni sociali di quel passaggio storico, negli anni in cui Visconti girava a Milano “Rocco e i suoi fratelli” – mi è venuto in mente di cominciare da lì una riflessione che riguarda l’iniziativa che sta animando Piero Bassetti, con molti di noi, anche qui presenti, che vi collaborano.
Bassetti, in piena attività politica nella DC in quegli anni, fa oggi questa osservazione che guarda esattamente anche all’attualità: capimmo – dice – noi DC che il blocco politico che aveva governato la ricostruzione, cioè il centrismo, non era in grado di affrontare adeguatamente gli anni dello sviluppo e mandammo via un sindaco pur di qualità e certamente per bene come Virgilio Ferrari per consentire una diversa alleanza politica che anticipò il centrosinistra in Italia, a Roma a guida democristiana ma a Milano a guida socialista.
Ebbene è esattamente collocata nella prospettiva dell’esigenza del cambiamento sentita da larghi strati della città, dai giovani, dai ceti produttivi, l’iniziativa di aggregare persone significative delle professioni liberali, della ricerca scientifica, dell’impresa, del sistema universitario come area di dialogo che guarda al cuore sociale della città ma anche molto agli indecisi. E guarda soprattutto alla fase di ballottaggio quando – ci dicono – sarà un pugno di voti a decidere una delle due soluzioni in campo.
Piero Bassetti ha chiamato questa iniziativa “per il 51” perché vuole richiamare anche simbolicamente l’obiettivo di successo per un metodo di dialogo e di disponibilità tra ambiti elettorali anche diversi, al primo turno, che devono trovare coesione al secondo turno.
Analizziamo la realtà e agiamo sui fatti. Certamente osserviamo elementi di cambiamento in precedenza poco visibili. Per esempio:
Sono segnali di cambiamento di questi ultimi giorni:
1. Il fatto che Berlusconi dica che i sondaggi gli vanno malissimo.
2. Il fatto che Letizia Moratti dica che è insopportabile avere in lista candidati che insultano le istituzioni. Che tuttavia appaiono come candidati né casuali né marginali in quel quadro politico.
3. Il fatto che Bossi abbia disertato l’apertura della campagna elettorale a Milano del centro-destra.
4. Il fatto che i presidenti Podestà e Formigoni siano sotto i riflettori dei media in materia di legalità.
5. Il fatto che IPSOS annunci un primo esito previsionale sul ballottaggio facendo spuntare – pur su un piccolo campione – il 52% per Pisapia.
Dunque qualcosa non di banale, non di superficiale, è cambiato. Rispetto a una oscurità e continuità ventennale. Ma ci appaiono anche tre questioni evidenti sul tappeto.
1. Ci appare – costantemente segnalata - un’astensione rocciosa, attorno al 40%. Ci dobbiamo chiedere cosa si possa smuovere verso destra o verso sinistra. E verso quei frammenti dobbiamo indirizzarci in modo mirato.
2. Si è manifestato Berlusconi che drammatizza la campagna, certo minimizzando così la figura di Letizia Moratti, spiegando che se cade Sagunto cade Roma, che arriveranno le orde bolsceviche e – vedrete che il nome spunterà presto – che soprattutto tornerà Visco. Che effetto avrà questo su quel 40%? Ci dicono che il premier al Nuovo era piuttosto in forma, politicamente per niente appannato. Tuttavia abbiamo fatto una riflessione che ci auguriamo che tutti gli ambiti politici che sostengono Pisapia vogliano condividere: che correre dietro all’equazione “via Moratti da Milano vuol dire via Berlusconi da Roma” ora è una esercitazione inutile che può inibire voti decisivi.
3. Giuliano Pisapia, avvicinandosi al giorno fatidico, dovrà dimostrare – sempre a quel 40% - che lo schieramento dei partiti che lo sostiene non gli impone un programma inadeguato per un governo innovativo di una città complessa come Milano.
Attorno a queste evidenze si vanno producendo anche risposte.
Segnalo quelle che hanno qui più pertinenza.
1. Giuliano Pisapia macina rapporti, periferie, giovani, donne, cittadini. Costruisce reputazione. Il tempo è stretto, le risorse lo sono ancora di più. Ma vi è una progressione nella riconquista sociale della città.
2. Piero Bassetti ha fatto esprimere una Milano borghese che guarda alla città non divisa tra destra e sinistra ma tra chi la vuole mandare avanti e chi indietro. Dialoga con l’elettorato del Terzo Polo, soprattutto con l’astensionismo attorno alla condivisa necessità del cambiamento.
3. I socialisti – figli di una storia di affrancamento dal massimalismo – anziché rivendicare l’orgoglio di esistenza minoritaria partecipante agli insuccessi hanno contribuito in modo serio e diffuso all’intelaiatura della candidatura plurale di Pisapia, contribuendo all’ampliamento dell’offerta (lista Civica, Gruppo per il 51, partecipazione testimoniale, questa serata). E ragionando anche sulla preparazione al governo (del terzo millennio) di una amministrazione che ben conoscono.
Limito qui a qualche considerazione sulla comunicazione un ultimo aspetto attorno a cui fare molta attenzione in vista del ballottaggio.
• E’ vero che c’è un forte investimento sulla rete (con ampia e ricca testimonianza sociale), per sopperire alla disparità delle condizioni comunicative; questa evidenza aiuta anche a migliorare il posizionamento politico di grandi media d’opinione (come il Corriere e il Sole) che partivano a netto favore per la Moratti. Pisapia è espressione anche del nuovo sociale, non più etichettato al vendolismo.
• Tuttavia il vulnus c’è, resta un’insufficienza, una disparità, con alle spalle l’insufficienza culturale e relazionale del paese (e di Milano) in cui il modello televisivo – imposto da Berlusconi sia guardando al mercato pubblicitario ma anche al mercato elettorale – mette la nuova comunicazione politica come tendenza coraggiosa ma ancora non decisiva.
• Dunque ciò rende necessario agire con mezzi complementari che credo siano soprattutto le radio e il passaparola.
• Il passaparola è certamente un esercizio di metodo e di organizzazione, a cui il “gruppo per il 51” si sta seriamente applicando. Intrecciando la trama con il lavoro sulla rete, con le tante potenzialità della interattività. Perché ha certamente ragione Guido Martinotti – di cui abbiamo prima ascoltato il pensiero – a chiedere una città più digitale ma, se posso portare avanti la sua riflessione, credo anche interpretando qui un discorso che fa spesso Giuliano Pisapia, non limitandoci al passaggio da e-government a e-governance ma arrivando alla we-governance, dove cioè, grazie alla cultura della rete, superiamo la fase dell’io e abbracciamo la necessaria fase del noi.
In conclusione
• Se è vero che la partita si giocherà all’americana su poche migliaia di voti al ballottaggio, il problema è quello della comunicazione personale mirata. Dobbiamo qui capire meglio qual è il segmento dell’astensionismo che si presterà di più a smuoversi.
• Il gruppo per il 51 (che sta raggiungendo intanto il centinaio di aderenti) agisce ora con un progetto 5 da 1, cioè cinque contatti per ciascuno, tra incerti, astensionisti intelligenti, astensionisti cocciuti, immigrati con facoltà di voto.
Queste in breve le argomentazioni per una disponibilità che viene da un gruppo di non candidati, per lo più anche da persone fuori dai partiti, ma certamente dentro ai valori e agli interessi civili di questa nostra grande città.

1 commento:

felice ha detto...

Una bella serata, che sarebbe stata perfetta se Giuliana Nuvoli e Alberto Anzalone avessero potuto dire qualcosa sulle proposte programmatiche dei candidati socialisti. Allego anche una cronaca della serata di Paola D'Amico del Corriere della Sera, che evita la solita solfa della nostalgia retrospettiva e della divisione dei socialisti, che è particolarmente irritante quando comprende anche quelli passati con la testa e il cuore nella Destra e nel PPE. E' un fatto che ci sono socialisti in liste civiche, nel PD e in SEL. Di questo non dobbiamo rammaricarci. La sinistra italiana si deve scomporre e ricomporre e per questo obiettivo è un bene che i socialisti contaminino tutte le altre formazioni, piuttosto che difendere soltanto con acribia il perimetro del piccolo PSI, che detto incidentalmente potrebbe giocare un ruolo maggiore, se si fosse fatto il conseguente interprete delle nuove tendenze del PSE e dei suoi maggiori partiti dalla SPD al Labour e al PSF. Lasciamoci ogni polemica alle spalle, tutti i socialisti, che si dichiarano tali e non sono nel Centro-destra, son tutti degni di essere eletti: il voto o non voto per loro si giustifica essenzialmente per ragioni politiche e non personali. I circoli socialisti e libertari del Gruppo di Volpedo hanno nella quasi totalità appoggiato Giuliano Pisapia fin dalle primarie. Non poteva essere diversamente la sua candidatura è stata annunciata per la prima volta al De Amicis in luglio e la sua rivalutazione dell'esperienza municipale socialista milanese ribadita in un'intervista al Manifesto in Agosto e infine annunciata l'11 settembre a Volpedo in occasione del convegno internazionale annuale del Gruppo. Una tale occasione politica non si ripresenterà a breve, se Giuliano dovesse fallire nella sostituzione della logoratissima Moratti. Pisapia per la sua storia, per esempio è un garantista, rappresenta uno di quegli elementi di novità, che possono aiutare la scomposizione e ricomposizione della sinistra italiana.

Cordialmente.

Felice Besostri