Dall'Avvenire dei lavoratori
Se si ritorna a Crispi
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L’incredibile, allucinata requisitoria dell’on. Cicchitto – già affiliato alla P2 – nel corso del dibattito parlamentare sull’aggressione al presidente del consiglio (per una sintesi cfr. il Fatto Quotidiano, 16 dicembre) è una sorta di revival degli anni Settanta, ma di segno sconvolto: criminalizzazione delle opposizioni ed evocazione di trame e di congiure sotto forma di network. Si rivela così un tipico meccanismo psicologico, per cui la repulsione esacerbata di una realtà si accompagna al suo desiderio. E l’oggetto di questo voluttuoso timore sono gli anni Settanta. Quando si sparava sulle manifestazioni e i responsabili in divisa di omicidi erano coperti da un’imperturbabile impunità, solo recentemente appena scalfita dalle laboriose indagini sui “fatti di Genova”, col loro penoso esito riduttivo, con le loro conseguenze nel grado di fiducia nelle “istituzioni” italiche.
È ovvia la nostra solidarietà a quelle persone e a quegli organi di stampa colpiti dagli attacchi di colui che può essere considerato l’incarnazione, quasi un rudere, della degenerazione del PSI nella seconda metà degli anni Settanta – per chi scrive argomento di rovello storico sin dai tempi del liceo. Un nostro maestro, Gaetano Arfé, ha ricordato alcune volte aneddoti riguardanti l’attuale capogruppo delle destre alla Camera. Qui mette conto ricordare solo il colloquio di Arfé con un amareggiato Riccardo Lombardi, quando, in occasione della diffusione dei nomi degli affiliati alla P2, fu chiaro chi fosse uno dei suoi giovani più attivi (e commenta Arfé: Lombardi era troppo fiducioso verso i giovani). Ne derivò un memorabile schiaffo da parte di Lombardi. Potenza simbolica: un capo del CLNAI che schiaffeggia un rampante affiliato alla P2, la Resistenza contro la Propaganda Due. Ahimé, uno schiaffo non bastava per salvare un partito dalla “mutazione antropologica”, che proprio i giovani rampanti di allora fiutarono, avallarono, tradussero in quotidiana prassi. Si tratta di un tema che va ripreso, anche perché è lì che si forma uno dei percorsi dell’attuale (ma ormai permanente) anomalia etico-politica in Italia.
Come ogni discorso istituzionale – ma ormai occorre sottintendere, un istituzionale degradato, direi “sputtanato” – quello tenuto dall’on. Cicchetto va letto anche per le assenze, per l’implicito. Ciò che non dice e ciò che falsifica in modo strumentale, certo; ma anche e soprattutto in relazione a quelle forze – politiche e culturali – che costui non avuto la bontà di citare fra i cospiratori. Per chi non lo avesse notato, brillano le assenze dei quotidiani e degli organi di informazione della sinistra, in primis il manifesto. Mancano i partiti e le associazioni della sinistra, espulse dal Parlamento, dall’informazione nazionale e da molti enti locali. Mancano i movimenti dissidenti che hanno rianimato l’opposizione alle destre negli ultimi anni, in primis i social forum, in cui il respiro politico-culturale andava ben oltre i (discutibili) V[affa]-day e i (pur lodevoli) NoB-day.
Insomma, l’attuale compagine governativa dimostra di non limitarsi più al predominio ma di far prove (inconsapevolmente?) di egemonia, almeno in uno dei suoi aspetti: si è scelta da sola e per proprio conto la propria opposizione, radicalizzando contro di essa i toni dello scontro politico e così catalizzando su questa parte rilevante dell’opinione politica. Quella estrerna, estranea e avversa a sé.
Le altre opposizioni – quelle della sinistra, quelle suicidatesi nel corso degli ultimi quattro anni di oscillazioni, lacerazioni e incertezze – devono tornare a combattere la lotta per il proprio riconoscimento. Siamo tornati a prima di Crispi, l’ex garibaldino che rappresentò ai massimi livelli istituzionali l’involuzione degli ideali risorgimentali nell’Italia post-unitaria. Un salto nel passato nient’affatto invidiabile. E una lettura solo occasionale di Salvemini già ci mette in guardia dal ricorrente crispismo dei riformisti nostrani.
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Gaetano Colantuono
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