Sinistra e libertà
Un primo passo
di Riccardo Nencini
Lungo il percorso della crisi della prima repubblica, ben prima di approdare ad una Repubblica dai caratteri nuovi e stabili che ancora non si vede, si è persa la sinistra italiana. L'erosione del consenso elettorale, la mancanza di visione della società e delle sue trasformazioni, il vuoto valoriale, culturale e programmatico, confermano senza tema di smentita questa affermazione. Molte le ragioni di questo stato di cose. Anche solo elencarle richiederebbe uno spazio ben maggiore di quello che ci è concesso. Mi limito dunque ad afferrare un filo del ragionamento, indicando poi quello che a mio avviso può essere proposto.
La sinistra italiana non è mai stata maggioritaria elettoralmente. PSI, PCI e formazioni minori non hanno mai superata, insieme, la soglia del 44 - 45 % dei voti, peraltro distribuiti in maniera ineguale territorialmente. Non è mai stata unita politicamente né ha condiviso, salvo brevi periodi, programmi d'azione. Ad una prima rottura realizzatasi negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, ne è seguita una ancora più rilevante negli anni Ottanta quando il PSI, sotto la leadership di Craxi, si affrancò da ogni tutela e portò la competizione sia alla sua sinistra che verso l'ormai immobile DC. L'azione craxiana fu senza dubbio un'azione per il potere ma si fondò su una visione dell'Italia e del suo cambiamento, della necessità di modernizzare il sistema politico-istituzionale, di rinnovare l'asse delle politiche pubbliche. L'Italia postindustriale e dei servizi, della crisi dei partiti e delle organizzazioni di massa, degli individui e non delle classi già si intravedeva e chiedeva modernità. Il riformismo socialista si scontrò allora con l'inerzia del partito-stato cattolico e del partito-chiesa comunista e, come spesso accade, le forze più conservatrici, di destra e di sinistra, legate alla difesa del proprio potere al centro come negli enti locali, limitarono in maniera sostanziale quelle del cambiamento.
L'inizio degli anni Novanta, con il mutamento del quadro internazionale e l'azione della magistratura, l'esplosione della DC, la diaspora socialista e la scomparsa dei partiti laici (oltre, ovviamente, tutto il resto), lasciò in campo un solo soggetto politico rilevante della sinistra: i post o ex comunisti del PDS, poi DS poi fondatori del PD, in fuga da sé stessi e dalla propria storia, alla ricerca del nuovo e dell'originale. Proprio in quella fuga e in quella ricerca, ma soprattutto nella mancanza di una seria revisione politico-culturale, nel rifiuto della tradizione riformista del socialismo italiano, si situa l'attuale difficoltà della sinistra italiana, non credibile nella sfida per il governo del paese e ai minimi storici sul piano del consenso elettorale.
La questione non è di rilevanza storiografica. Nel solco dell'esperienza e della cultura socialista si trovano la capacità di leggere la realtà sociale ed economica del paese, l'approccio pragmatico alla definizione degli obiettivi di governo, l'orientamento valoriale, la capacità di parlare ai diversi segmenti della società e di interagire con essi. Nel socialismo italiano ed europeo non ha mai albergato né la statolatria né la compromissione rispetto alla laicità dello Stato. Non ha mai albergato l'alterità della politica, del ceto politico e del partito, tipica della tradizione comunista. Nel socialismo italiano ed europeo non ha mai prevalso la tattica rispetto alla strategia e quando questo è successo si è andati incontro a stagioni di sconfitte e marginalità.
Nel socialismo italiano ed europeo la sinistra italiana deve trovare ispirazione e forza per ripartire tracciando un programma d'azione di grande respiro che immagini una democrazia economica, politico-istituzionale, dell'informazione migliore di quella di cui dispone oggi l'Italia. Un programma d'azione che parli di diritti e doveri, di merito e di bisogni, di libertà individuali e responsabilità collettive. Che parli di laicità come sinonimo di libertà, di democrazia e di nuove opportunità per tutti.
Sono consapevole che non sarà un percorso né breve né semplice. Sinistra e Libertà può essere una prima tappa di questo percorso. Ogni lunga marcia inizia con il primo passo. Essa rappresenta la risposta concreta di chi non vuole essere rinunciatario, di chi reagisce alla crisi. Una sinistra di governo forte dei propri valori. Se Sinistra e Libertà otterrà una risposta positiva dall'elettorato, se tutti insieme saremo capaci di oltrepassare il momento per immaginarci una nuova sinistra socialista e riformatrice, il secondo e il terzo passo saranno più lievi.
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