Da Aprile
Sinistra, a futura memoria
Franco Astengo, 03 giugno 2009, 11:13
Dibattito Non ci sono più eresie da coltivare tra noi: la nostra, comune, eresia è quella di pensare ancora alle idea di eguaglianza, solidarietà, libertà. Servirà guardare ai risultati del 6-7 Giugno per prendere atto della realtà politico - elettorale intorno a noi, ma anche per comprendere che si tratta di andare avanti: non sarà utile un atteggiamento "giansenista"; dovremo, invece, lavorare da subito attorno ai tre grandi nodi: programma economico; programma istituzionale, struttura politica
A FUTURA MEMORIA
Mancano pochi giorni alle elezioni europee e la sinistra italiana ha l'obbligo di interrogarsi in anticipo sulla prospettiva che la attende, al di là, dell'eventuale superamento del 4% da parte delle liste in cui risulta suddivisa, del perpetuarsi delle ambiguità interne al PD di cui non si riesce a scorgere l'idea della possibile reazione ad un risultato che dovesse confermare i sondaggi della vigilia.
A mio giudizio rimane, comunque ed in maniera imprescindibile, la necessità di lavorare per la costruzione di un nuovo soggetto politico, capace di rappresentare il meglio della storia, della tradizione, della realtà della sinistra italiana.
Abbiamo avuto, in Italia, una campagna elettorale schiacciata ancora una volta sul "privato" del Presidente del Consiglio: una scelta fortemente voluta da uno dei principali strumenti dell'opposizione parlamentare, il quotidiano "La Repubblica" e che ha portato, sicuramente, allo stremo elettrici ed elettori che ora vedremo come reagiranno davvero.
In Europa, o almeno, nella sue parti socialmente ed economicamente più avanzate, la realtà della crisi ha portato, invece, ad emergere nuove realtà di una sinistra di tendenza anticapitalista, in forme nuove come il NPA francese (che aggiorna, in versione movimentista, tradizionali tendenze "radicali" dell'estrema sinistra francese, ma si ventila anche una ripresa dello stesso PCF), ed in Germania, dove ci si fonda sull'intreccio più "classico" tra socialdemocrazia di sinistra, sindacalisti e "post-comunisti", in quella Linke di cui si pronostica l'approdo al 10%.
In entrambe le situazioni che con quella britannica (dove il Labour ma per ragioni anch'esse indipendenti dalla realtà della crisi, appare in declino: laddove potrebbe emergere la nuova realtà dei Green) sarà interessante verificare dove si assesteranno i partiti socialdemocratici: in forte crisi il PSF, data il calo l'SPD.
Nelle situazioni più importanti apparirebbe dunque importante la ricerca di una realtà politica nuova, di collegamento tra i settori più sensibili ad una idea di chiusura del ciclo neoliberista, in chiave di crisi complessiva del sistema e quelli maggiormente orientati a leggere, nella fase, i tratti di una ristrutturazione capitalistica che richiama la realtà di elementi di connessione tra una economia programmata dall'intervento dello Stato, la riqualificazione del welfare, una diversa cura del territorio e delle condizioni di vivibilità nelle metropoli, l'integrazione dei soggetti protagonisti della nuova immigrazione, il rilancio della produzione industriale solo strumento per arrestare il processo di una nuova disoccupazione di massa (naturalmente nella produzione industriali ci stanno innovazione tecnologica e ricerca scientifica), il progressivo spostamento di settori dell'economia dalla finanziarizzazione selvaggia alla produzione di beni e di servizi comuni, in modo da sconfiggere una idea di società fondata sull'individualismo consumistico, anche attraverso una grande battaglia di rilancio culturale.
Tralasciamo i grandi temi del quadro internazionale, a partire dalla situazione del Medio Oriente e degli equilibri tra gli USA e le potenze asiatiche, proprio per non disperdere troppo il discorso.
Limitiamo il raggio d'azione a quel quadro europeo cui ci stava riferendo e che, in questa campagna elettorale, ha avuto, invece, pochissimo se non alcuno spazio: ebbene, proprio in questo quadro, emerge la necessità di una nuova soggettività politica della sinistra capace di porre in connessione le diverse parti in cui adesso appare suddivisa, collegando chi pensa ancora possibile riallacciarsi alla tradizione della socialdemocrazia di sinistra a quanti provengono da storie diverse, in particolare da quella comunista (non crediamo, a differenza, di Alain Badiou che il comunismo sia, ormai, una idea che non ha bisogna di strutturazione nel rapporto con le masse).
E' possibile, non solo realizzare questa ipotesi come pura convivenza, ma come luogo di progettazione e di aggregazione reali, collocandoci fuori da un semplice richiamo all'unità della sinistra, così com'è, che rimane una opzione superata dai fatti.
In Italia questa necessità appare ancora più urgente per la situazione specifica della nostra democrazia e per la "torsione" in negativo che, nel corso di questi anni, ha subito la realtà dei partiti: ritornano qui i discorsi già usati sulla governabilità, sulla personalizzazione, sul Parlamento e sul ruolo dei consessi elettivi, sulla collocazione teorica del partito nella dimensione dell' "integrazione di massa". Esiste lo spazio politico reale per una operazione di questo genere, dotata di carattere assolutamente "non provincialistico"?
Se noi analizziamo seriamente una ipotesi di costruzione per un progetto di sbocco, a medio periodo, dalla crisi del ciclo capitalistico, lavorando per riaprire un processo di inclusione sociale, economica, politica, culturale per le grandi masse, a partire dall'Occidente europeo ma con un respiro effettivamente "globale", nel segno di un intreccio tra le grandi contraddizioni del nostro tempo e dell'affermazione dei diritti di cittadinanza, allora troviamo ragioni per comprendere come non servano divisioni tra una sinistra "di progetto" ed una sinistra "antagonista": perché, nei fatti dell'operare politico, per entrambe deve valere l'idea dell'alternativa di società.
Non ci sono più eresie da coltivare tra noi: la nostra, comune, eresia è quella di pensare ancora alle idea di eguaglianza, solidarietà, libertà.
Non è retorica, non lo crediamo proprio.
Servirà guardare ai risultati del 6-7 Giugno per prendere atto della realtà politico - elettorale intorno a noi, ma anche per comprendere che si tratta di andare avanti: non sarà utile un atteggiamento "giansenista" (prega e la fede verrà); dovremo, invece, lavorare da subito attorno ai tre grandi nodi: programma economico; programma istituzionale, struttura politica.
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