mercoledì 5 novembre 2008

melandri: in usa we can, in italia we can not

Confesso una mia asincronia con l’evento rappresentato dalla elezione di Barak Obama alla presidenza degli Stati Uniti d’America.



Mi accorgo cioè di provare una gioia molto più contenuta per la sua elezione di oggi, di quanto non sia stata sofferta la mia delusione per le sconfitte nel 2004; prima quella di Howard Dean, “l'uomo venuto dal web”, l’uomo di “MoveOn”, alle primarie democratiche, e poi, per quella atroce di Kerry, che perdendo in Ohio (49% vs. 51%) i 20 voti elettorali di quello stato, ri-consegnò a Bush la Casa Bianca (286 vs. 252).



Se John Kerry avesse vinto in Ohio (dove oggi Obama ha ribaltato il risultato del 2004 in un 51,2 vs. 47,2 a suo favore) la storia avrebbe preso un’altra direzione.



So bene che la storia non segue i se, la mia è solo una osservazione, un rilevare che la vittoria di Obama oggi, è anche figlia di un furto, quello perpetrato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America a danno di Al Gore nel 2000, e della sconfitta del pallido Kerry nel 2004.



Otto di G. W. Bush alla Casa Bianca non si potranno dimenticare facilmente; i disastri provocati nel mondo dall’amministrazione americana che ha agito mascherata con la sua faccia da “idiota”, non si potranno cancellare nemmeno con otto anni di cambiamenti promessi da Obama, e rimango convinto che se gli USA si liberano dopo otto anni di Bush, in Italia non ci libereremo di Berlusconi nemmeno dopo vent’anni dalla sua ascesa al potere, anche per il lascito di quegli otto anni.



Sintomatico il nostrano e dialogante “tremore” di Piero Fassino ministro degli Esteri (ombra) del Governo Ombra, che questa notte dall’insetto-bipartisan, si affrettava a riconoscere che la “valanga” annunciata per Obama non c’era, e che la cosa non lo sorprendeva.



A conti fatti, un divario di circa sette milioni nel voto popolare, di 80 voti elettorali quando ancora ne restano 42 da assegnare, la maggioranza nei due rami del congresso, anche se al Senato i Democratici sono rimasti sotto la soglia dei 60 voti, forse non si può ancora chiamare valanga, ma certo proietta Obama in direzione di quel “change” che nel nostro disgraziato paese stiamo aspettando da decenni, e sono numeri che hanno consentito al Presidente eletto di ripetere credibilmente, “Yes we can”, intanto che a noi cittadini italiani una cosa sola appare certa, con questa classe dirigente….. “We can not” …… “non possiamo”, non possiamo né vincere né cambiare.



A dimostrazione di ciò, ce ne fosse bisogno, basti ricordare che nel giorno in cui negli USA hanno scelto un Presidente nero, giovane e meticcio, in Italia, un bibliofilo ultra sessantenne, parlamentare dal 1994, condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per aver commesso il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, pregiudicato in quanto condannato per frode fiscale, con sentenza passata in giudicato, ha ribadito la sua stima per…..nell’ordine….. Benito Mussolini, Vittorio Mangano e la P2, e ha derubricato il “Valore Antifascismo” sui cui si fonda la Costituzione a “concetto obsoleto”.


Tal personaggio, un autorevole esponente dell’opposizione parlamentare*, Marco Minniti, anziché raggiungerlo con l’informazione che con un “mafioso nostalgico del fascismo” non può esserci dialogo, nemmeno volendolo, nemmeno incontrandolo per un caffé alla buvette di Montecitorio .......... lo accredita meritevole di un benevolo consiglio, e che consiglio….. dice il ministro (ombra) dell’Interno, del Governo ombra:


“suggerirei al senatore Dell’Utri di abbandonare le sue ‘tentazioni revisioniste’ e per quanto riguarda il fascismo, di fermarsi a riflettere sulle parole e sui giudizi, in qualche modo definitivi, di un autorevole esponente del suo schieramento politico, il presidente della Camera Gianfranco Fini”.


E stando così le cose, e purtroppo le cose stanno così, ci sono momenti in cui sembra proprio che non resti altro da fare che aggrapparsi a “speranze” e pure ad “illusioni”, anche quando le speranze e le illusioni vengono da tanto lontano, da un altro mondo, dove un extra comunitario diventa Presidente, intanto che da noi al massimo può diventare “stalliere”, sempre a patto che dimostri di saper stare agli ordini ovviamente e di mettersi da solo un “sasso in bocca”, ancor prima di morire.



Vittorio Melandri




*(L’opposizione parlamentare cui mi riferisco è la stessa capace di “rapire” una disperata opposizione di popolo, ormai chiaramente affetta dalla sindrome di Stoccolma, per cui, come si è recentemente visto al Circo Massimo, mostra affetto anziché rigetto, per chi l’ha turlupinata in ogni modo)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Causa neuroni che mi si chiudono, nella mia precedente, uno scarto di quasi 200 voti elettorali tra i due contendenti, l’ho trasformato in 80.

Colgo l’occasione per segnalare che il “dialogo” o il “confronto” che dir si voglia, fra maggioranza e opposizione italiana è alimentato in questi minuti dal Presidente dei “senatori di Berlusconi”.

Maurizio Gasparri ha sentenziato sulla vittoria di Obama..”sarà contenta Al Qaeda.....” ....teniamoci forte e aspettiamo le risposte vibrate delle .....ombre.....



V. M.

Anonimo ha detto...

E ti lamenti di Gasparri? Stamattina presto, facendo zapping tra le varie reti nazionali per capire meglio cosa era successo stanotte, mi è capitato di ascoltare una sconcertante intervista del TG4 a Martino (figlio di ben altro padre). Il quale, come si confà, elogiava McCain per non aver contestato "proprio come fece Nixon nel '60 con Kennedy" la vittoria di Obama, frutto evidente di brogli (!!!).

Chi abbia avvisato Martino del fatto che la vittoria di Obama sarebbe dovuta essenzialmente a brogli elettorali, se Padre Pio o i Marziani, proprio non riesco ad immaginarlo.

Comunque val la pena di fare alcune notazioni di costume - che vanno a nozze con le considerazioni da te sviluppate nel post precedente.

Per alcuni "liberali" d'accatto il voto popolare va bene solo se non vincono "le sinistre", perché in questo caso si tratta, ovviamente, di brogli

Sempre per i medesimi liberali d'accatto, è giusto comportarsi da veri signori lontano da Roma, quindi si elogiano Nixon e McCain (e perché non anche Gore, che magari ne avrebbe maggior titolo?) perché non hanno contestato il risultato delle elezioni. A Roma, invece, la signorilità nella sconfitta è un'optional, per cui è giusto, quando si perde, minacciare l'Aventino e denunciare le trame di chi vorrebbe instaurare la Repubblica dei Soviet, con un comportamento che ci induce a pensare di avere a che fare, più che con statisti di livello internazionale, con certi "bambini non cattivi, ma indisposti" di alcune pubblicità d'antan...

Quanto al dialogo con i compagni di merende di Gelli, che insieme a dell'Utri pontifica sul glorioso passato nazionale da reti più o meno nazionali, direi che questo è inutile, dannoso e inopportuno. Disciolto il patto sociale - come risulterà evidente nei mesi che verranno, quando si sentiranno tutte le conseguenze della crisi economica - perdere tempo per parlare con l'Italia del privilegio e delle furberie mi pare davvero demenziale.

Ma la cosiddetta sinistra (?) di governo ci farà vedere, ne sono certo, cose molto peggiori di questa.

Anonimo ha detto...

Allora è possibile? we can?


E' come se


Spartaco, bastardi, neri, barboni, rom, ebrei. nigeriane, buddisti, giordano
bruno, si affacciassero dalla finestra del Vaticano dicendo che un altro mondo
è possibile.


Attilio Mangano

Anonimo ha detto...

Ora.



Ci manda a dire Sandra Bonsanti da Long Island, e ci racconta del saluto scambiato “con una signora anziana con la treccia da figlia dei fiori” che le ha sorriso dicendo: “Ora o mai più”.



Ma noi qui, dell’America positiva, abbiamo da sempre solo i falsi, le imitazioni all’Alberto Sordi, senza però la sua ironia.



Penso per tutte a quella caricatura interpretata dal direttore del TG1 in camicia bianca, che per far tappezzeria nel salotto dell’insetto più untuoso della RAI si è messo anche la giacca, e che però si guarda bene dal dare in modo “americano” le notizie, da ultima quella dei fascisti che hanno fatto una passeggiata dentro la RAI.



Ma concediamoci per un momento la possibilità di godere anche noi di quanto sta succedendo negli Stati Uniti, come se fosse cosa che ci potrebbe riguardare direttamente (e non solo indirettamente come senz’altro potrà accadere).



È da poco uscito un ultimo cd, di Joan Baez, e ascoltarla cantare brani nuovi mi ha fatto venire la voglia di ri-ascoltarla cantare quella che è stata un pezzo della colonna sonora della mia gioventù, quando ancora credevo che le brutture italiche si potessero almeno un poco cambiare.



È un pezzo che ha citato anche Obama nel suo discorso della vittoria.



We Shall Overcome



Tempo addietro, riascoltandola mi era venuta voglia di approfondirne la conoscenza, ed ho cercato di saperne di più sulle sue origini, …….



We shall overcome/We shall overcome some day/….Noi ce la faremo.../Noi ce la faremo, un giorno./Oh, nel profondo del mio cuore/Io lo so,/Noi ce la faremo un giorno.





All’inizio di questa storia, ho così scoperto che ci stava una canzone religiosa, I’ll be all right, che esprimeva la capacità di durare e sopravvivere che non è solo sopportazione, ma è anche speranza e coscienza dell’ingiustizia – una coscienza e una speranza - che non rinviano solo all’aldilà.



Infatti questa canzone religiosa diventò una canzone di lotta dei braccianti delle piantagioni di tabacco del North Carolina, che l’adottarono, durante uno sciopero degli anni Quaranta, cambiandola in «I’ll overcome someday».



Molti anni dopo, quando a Highlander si tennero i workshop del nascente movimento dei diritti civili (ci andarono Martin Luther King, e anche Rosa Parks, quella persona nera di pelle, che rifiutando di sedersi nel fondo dell’autobus diede inizio al boicottaggio di Birmingham), un giovane musicista bianco californiano, Guy Carawan – che conduceva il settore culturale di Highlander – la ritirò fuori dall’archivio e la insegnò ai partecipanti.



Con un cambiamento: la prima persona singolare diventò una prima persona plurale. Qualche tempo dopo, l’ascoltò Pete Seeger, che la portò al Nord; e si ricorda ancora un suo memorabile concerto alla Carnegie Hall nel 1963.



Poi a Selma, a Birmingham, nella marcia su Washington, i militanti dei diritti civili (da Martin Luther King a Pete Seeger e Joan Baez) e forse insieme a loro c’era anche l’Ann Nixon Cooper ricordata da Obama cantarono We shall overcome, e la canzone spiccò il suo volo.



Per me l’immagine simbolo di questa notte a Chicago, rimane il volto rigato di lacrime di Jesse Louis Jackson, che scovato da una telecamera fra la folla, ha fatto dire al telecronista italiano di turno, che fra la folla appunto c’era anche chi piangeva…. già …… non lo aveva nemmeno riconosciuto, così come purtroppo nessuno di quelli che si stanno preparando a fiutare il vento riconoscerà che sarebbe ora …… che se ne andassero loro …..ed invece non saranno nemmeno sfiorati dall’idea.



Vittorio Melandri

Anonimo ha detto...

Per giocare al gioco dei “se”, io non sono affatto convinto che con la vittoria di Kerry la storia avrebbe preso un’altra direzione: quale?

Ma nemmeno con la vittoria (che probabilmente meritava) di Al Gore nel 2000.

Forse non ci sarebbe stata la guerra in Iraq?

Forse si sarebbe evitata l’attuale crisi finanziaria?

Per giocare a questo gioco basterebbe andare a rileggere le posizioni dei democratici durante le campagne elettorali e durante i famigerati otto anni di Bush.

Da quello che ricordo, non ho la sensazione di diversità così drastiche da far pensare addirittura a “altre direzioni della storia”, ma forse sbaglio.

Certo non è difficile prendersela con Bush, ma abbandonarsi alla costruzione di diavoli-capri-espiatori non aiuta a capire fenomeni complessi.

Detto questo io sono contento che abbia vinto un democratico (anche se preferivo la Clinton, più laica e più esperta).

Ho sempre preferito i democratici ai repubblicani soprattutto per il loro minore isolazionismo, perché se è vero che gli yankee spesso fanno casino (per usare un eufemismo, perché a volte fanno veramente cose vergognose), d’altra parte è oggettivamente una fortuna per noi che spesso (e soprattutto con presidenti democratici) si siano fatti gli affari degli europei, anziché lasciarci fare da soli (vedi prima guerra mondiale, seconda guerra mondiale, origine della crisi arabo-israeliana, conflitti civili yugoslavi degli anni ’90), perché quanto a casini (e cose vergognose) noi europei non siamo veramente secondi a nessuno.



Per continuare a giocare al gioco dei “se” in casa nostra, invece, la nostra piccola storia italiana sarebbe probabilmente stata molto diversa se nel 1996 avesse vinto Berlusconi, che si presentava sostanzialmente con l’euro-scetticismo e con la disastrosa proposta di togliere circa 16000 miliardi di lire dall’IRPEF già dal primo anno di governo.

Quella sì che sarebbe stata davvero un’altra storia.

(o no?)

Con tanti dubbi…



Stefano Bazzoli