martedì 18 novembre 2008

vittorio melandri: è fascismo o non è fascismo?

È fascismo o non è fascismo quello che ammorba l’aria?



Un moderato quale Eugenio Scalfari in una trasmissione televisiva di successo, non ha esitato a dire che, forte della sua esperienza, “sente puzza di fascismo”.



Credo sempre più, che la situazione attuale sia di molto peggio.



Ed in premessa delle ragioni che vado ad esporre a sostegno della mia convinzione pongo la citazione di una citazione.



“La memoria conta veramente - per gli individui, le collettività, le civiltà - solo se tiene insieme l’impronta del passato e il progetto del futuro, se permette di fare senza dimenticare quel che si voleva fare, di diventare senza smettere di essere, di essere senza smettere di diventare”.



Italo Calvino



Provo allora nel mio infinitamente piccolo, a cercare di ravvivare la memoria del passato, per confrontarla con il fresco ricordo del presente, per provare a buttare un granellino di sabbia utile, non dico ad un progetto futuro, ma almeno a futura memoria.



Or bene, agli albori del “Fascismo”, la storia colloca questo avvenimento.



Il 30 maggio 1924, Giacomo Matteotti, tenne il suo ultimo discorso alla Camera, il Presidente di quell’assemblea, a cui il giovane deputato socialista aveva chiesto di intervenire in difesa del suo diritto a parlare, lo rassicurò così:



“Onorevole Matteotti, se ella vuol parlare, ha facoltà di continuare, ma prudentemente”.



Matteotti interloquì: “Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente….” e pronunciò una documentata e durissima requisitoria sulle violenze fasciste contro i candidati socialisti, comunisti, repubblicani, liberali progressisti. In una parola smascherò i “brogli” che stavano alla base della vittoria fascista alle elezioni.



Sul giornale “Il popolo d’Italia” Mussolini scrisse che era necessario “dare una lezione al deputato del Polesine”.

Il 10 giugno 1924, a Roma, un quintetto fascista aggredì Matteotti in Lungotevere Arnaldo da Brescia. Caricato a forza su una macchina, venne ucciso a coltellate dopo ripetute percosse.



Le violate spoglie vennero trovate, occultate in un boschetto di Riano Flaminio, solo due mesi dopo, il 15 agosto, ma recentemente il 5 novembre 2008, si è potuto sentire un racconto radiofonico di Tano D'Amico che su radio 3 ha evocato la testimonianza di un suo vecchio amico (di cui ha fatto solo il nome, Sandro) che fu anche amico di Matteotti, il quale racconta che fu raggiunto la sera stessa della sparizione di Matteotti il 10 giugno 1924 da quello che sarebbe poi stato riconosciuto come il suo assassino, Amerigo Dumini, che gli brandì contro a mo di scherno un fazzoletto insanguinato che conteneva i “coglioni” del deputato socialista assassinato.



Tutto questo a dimostrare che nell’Italia del 1924 un “regime” ancora in fieri, dinnanzi ad un popolo largamente analfabeta e digiuno di pratiche democratiche, non poteva permettersi di lasciare a piede libero un fiero oppositore, come poi non poté permettersi di fare nei vent’anni successivi.



Per altro, nel Regno d’Italia non ancora completamente fascistizzato, gli assassini di Matteotti furono riconosciuti e processati a Chieti due anni dopo, anche se i fascisti omicidi confessi - difesi dal braccio destro di Mussolini, Roberto Farinacci - ebbero miti condanne, uscendo poco dopo di prigione.



Nella Repubblica democratica, accadde in seguito che il Dumini si iscrisse al “Movimento Sociale Italiano senza però entrare direttamente in politica. Trasferitosi a Roma, vi morì nel Natale del 1967, a 73 anni, presso l’ospedale San Camillo, per un banale incidente domestico.



Nella Repubblica iper democratica, senza nemmeno più l’impaccio di un PCI al soldo di Mosca, cosa accade invece...........accade che il “potere” non ha nessun bisogno di sopprimere chi ha smascherato i brogli legali e i brogli elettorali che hanno sconvolto la vita della Repubblica.



Referendum mandati al macero, prima di essere celebrati e dopo che hanno prodotto esiti solo formalmente recepiti; .... penso a quello sull’abolizione della residua quota proporzionale (1999) mancato per la mancanza (sulla carta) di 150.000 votanti, o a quelli che dopo aver abolito il finanziamento pubblico dei partiti o il ministero dell’Agricoltura, sono stati bellamente aggirati (senza voler qui entrare nel merito di torti e ragioni); ..... elezioni sostanzialmente capovolte nell’esito formatosi nelle urne (con l’opposizione tremacoda e tremebonda perchè collusa, a tenerci il dito) e penso a quelle del 2006.



Tutto documentato, tutto pubblico, con relativa documentazione reperibile con relativa facilità; senza soverchia difficoltà si trova modo di ascoltare testimoni ed interpreti accorti dei fatti, ma tutto scivola via senza sollevare il ben che minimo scandalo, senza che sia necessario far tacere nessuno, e da ultimo, accade nell'indifferenza generale che l’uomo che era il ministro dell’Interno nella notte delle schede bianche scomparse, e che invece di presidiare il Ministero si recò nella dimora privata di uno dei candidati, è stato appena nominato Presidente della Commissione bicamerale Antimafia.



È lo stesso Giuseppe Pisanu oggetto fra l’altro di una testimonianza alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, di Angelo Rizzoli:



«A proposito dell'Andino, Calvi disse a me e a Tassan Din che il discorso dell'onorevole Pisanu in Parlamento l'aveva fatto fare lui. Qualcuno mi ha detto che per quel discorso Pisanu aveva preso 800 milioni da Flavio Carboni ».



Dopo lo scandalo P2 e il crac Ambrosiano, nel gennaio 1983 Pisanu fu indotto a dimettersi da sottosegretario al Tesoro. «A causa di fatti incontrovertibili », secondo una dichiarazione del deputato radicale (allora, oggi vicino anche lui a Berlusconi) Massimo Teodori al Corriere della sera:



«I rapporti strettissimi e continuativi fra Pisanu e Carboni; i rapporti di Pisanu con Calvi tramite Carboni; i rapporti di Pisanu con Calvi e Carboni per la sistemazione del Corriere della sera; i rapporti di Pisanu con Calvi e Carboni quando, sottosegretario al Tesoro, il ministro prendeva importanti decisioni sull'Ambrosiano » ( Corriere della sera, 22 gennaio 1983).



Per chi se ne fosse dimenticato, il 18 luglio 1982 Calvi fu trovato impiccato sotto un ponte di Londra. Pisanu, dopo le sue dimissioni, scomparve per molto tempo dalla scena, per ricomparire nel 1994, quando tornò in Parlamento e divenne vicecapogruppo dei deputati di Forza Italia, il partito di Berlusconi, ex socio d'affari del suo protetto Carboni.



Ma, ripeto, tutto questo non provoca la ben che minima reazione della cosiddetta società civile, alfabetizzata e pasciuta, democratica e votante.



Non c’è nessun bisogno di mandare nessun sicario come accadeva al tempo del Fascismo, si può tranquillamente lasciare tornare in TV persino Travaglio Santoro e il “povero” Enzo Biagi, tutt’al più si è “dovuto” ri-segare Luttazzi, ma solo perché quello sconsiderato ha parlato male del Papa, pardon di Ferrara.



In un quadro siffatto, è evidente che la situazione, ancorché differente da quella esistente al tempo del fascio, e ancorché formalmente democratica, è........ in quanto caratterizzata dalla stabilità di un potere sempre uguale a sé stesso ed impermeabile a qualsiasi cambiamento……



una situazione decisamente peggiore di quella presa a riferimento.



Vittorio Melandri



P.S.

Esiste in Italia una sola sezione della società in cui si mandano ancora i sicari perché non è possibile fare diversamente, è quella sezione della società super protetta in cui boss della malavita organizzata e politici di rango, sono costretti loro malgrado ad incontrarsi e a baciarsi. Chi per dovere o per sbaglio, mette il naso in quella sezione della nostra società, non può essere lasciato in vita. Una reale pubblicizzazione di tali eventi, anche dalla nostra distratta società civile non sarebbe (forse) sopportata. Da ultimo vale il caso di Paolo Borsellino e della sua “agenda rossa”.



P.P.S.

Quanto esposto non ha la pretesa di essere una novità, è facilmente reperibile in rete, e il mio è solo un riassuntino, un breve promemoria senza altra pretesa che non sia quella di suggerire l’insorgere di qualche dubbio, in chi sia ancora convinto che la nostra “democrazia” sia in “salvo”.

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