sabato 29 novembre 2008

dino greco sulla crisi

da aprile

L'impacco caldo sulla gamba di legno
Marzia Bonacci, 27 novembre 2008, 15:55

Crisi economica. Le misure prese dal governo per rispondere alla difficile fase che il paese sta vivendo, sospeso sul baratro della recessione, sono inadeguate e in certi casi addirittura sbagliate. Ne abbiamo parlato con il segretario della Cgil di Brescia Dino Greco che ci ha spiegato perché


La crisi economica che avanza e le risposte confezionate dal governo che non convincono la Cgil, la quale rilancia lo sciopero generale del 12 dicembre per inviare un segnale chiaro all'esecutivo, e cioè che il piano messo a punto da Palazzo Chigi per rispondere ad una situazione d'emergenza mondiale qual è quella che anche il nostro paese sta vivendo, va rivisto perché insufficiente ed errato. Ne abbiamo parlato con il segretario della Cgil di Brescia Dino Greco, volto storico del sindacalismo.
Come valuti le misure anti-crisi prese dal governo?
Sono inadeguate e sbagliate. Le definirei come un impacco caldo su una gamba di legno. Si tratta di provvedimenti inefficaci per la quantità delle risorse messe a disposizione a sostegno del reddito perché 2 miliardi di euro sono troppo esigui. E' una cifra che rende scarsa la consistenza dell'aiuto ma anche la platea dei beneficiari. Il bonus familiare, riconosciuto ai nuclei familiari che hanno un reddito sotto i 20 mila euro, significa un aiuto occasionale di 150-800 euro ad una platea sociale fatalmente ristretta. Per esempio i lavoratori dipendenti o i cassa-integrati ne sono esclusi.

Per non parlare del fatto che indicare i 20 mila euro di reddito come discriminante per godere del bonus familaire significa coinvolgere anche possibili evasori fiscali...
Sì, c'è anche questo aspetto dovuto all'inquinamento fraudolento del nostro sistema fiscale, dove l'evasione permane altissima. Ma anche se non ci fosse tale elemento negativo, la scelta di indicare nei 20 mila euro la discriminante per godere del bonus familiare è comunque sbagliata: un piatto di lenticchie che verrà mangiato da pochi.

E la social card, questi 40 euro che per tre mesi saranno garantiti ad un milione e trecento mila italiani e che dovrebbero arrivare per Natale?
E' una compassionevole elargizione ai poveri. Come del resto il bonus familiare. Anche in questo caso, come per la misura precedente, vale la critica del troppo poco per troppo pochi. Non allevia, se non in modo risibile, le condizioni di vita dei lavoratori in affanno, non ha un impatto sul rilancio dei consumi interni, essenziale per una ripresa dell'occupazione e della produzione, due livelli su cui il governo non interviene ma che sono il terreno vero di risposta alla crisi. Se non si agisce su un rilancio dei consumi, attraverso il sostegno ai redditi e alle pensioni, per infondere forza alla produttività, che a sua volta garantisce posti di lavoro, non c'è via d'uscita a questo momento di crisi.

Ma c'è anche bisogno di misure più immediate che ridiano ossigeno da subito...
Sì, per questo si dovrebbe pensare alla detassazione della tredicesima, per rendere poi strutturali le detrazioni fiscali sul lavoro dipendente, garantendo che esse siano inversamente proporzionali al reddito percepito. E' nel rilancio dei consumi, attraverso un sostegno ai salari da lavoro dipendente e alle pensioni, che si può uscire dall'empasse, portando anche ad una ripresa della produzione industriale.

Altro fronte scoperto è quello degli ammortizzatori sociali che il governo si è impegnato a finanziare con un miliardo di euro e ad estendere anche ai precari, falcidiati da questa crisi. Che ne pensi?
E' una foglia di fico che non compre le nudità. Soprattutto per il futuro. L'ecatombe occupazionale è destinata a crescere, in particolare a gennaio, quando la cassa integrazione ordinaria (usata adesso come risposta tampone) si imporrà come forma permanente in seguito al rendersi più strutturale della crisi stessa. Le risorse stanziate sono largamente insufficienti, dureranno pochi mesi.

Il governo sarebbe portato, tra le altre misure, a mettere in campo anche quella della detassazione degli straordinari. Ti sembra una risposta saggia?
E' un cammino inverso a quello che abbiamo perseguito per decenni e che è consistito nel far costare di più il lavoro extra, anche perché l'allungamento dell'orario di occupazione è una delle principali cause degli infortuni sul lavoro. In tempi di crisi, quando vanno in fumo tantissimi posti di lavoro e si diffonde la cassa integrazione, non si può attuare la detassazione degli straordinari, cioè alleggerire il carico fiscale per l'attività lavorativa straordinaria. E' grottesco. Inoltre si tratta di una misura che non risponde alla necessità di garantire e favorire l'occupazione in un momento difficile: lo straordinario di lavoro infatti vanifica la creazione di nuova e altra occupazione. Si tratta anche in questo caso di un provvedimento che aiuta una platea ristretta di beneficiari.

Il governo sostiene che i fondi messi a disposizione non posso essere che quelli prospettati, perchè manca denaro. Sarebbe possibile reperirlo in altre forme? Come si può avere più risorse da investire nel piano anticrisi?
Un modo sarebbe usare il finanziamento per la detassazione degli straordinari in altre misure. Si potrebbe poi pensare ad introdurre una tassa patrimoniale sui grandi redditi. La storia economica recente ci dice che 10 punti del pil si sono spostati dal lavoro reale alle rendite e ai profitti, allora perchè questa classe sociale, che si è arricchita negli ultimi anni, non deve essere tassata per questo arricchimento? Perché non dovrebbe pagare una politica di redistribuzione della ricchezza, che è un'opera di giustizia sociale ma anche di risposta alla crisi, soprattutto se il denaro è ridistribuito a favore dei redditi da lavoro dipendente e pensioni? Sarebbe una tassa di scopo, una tassa contro la crisi. Il governo invece agisce in senso contrario: anziché colpire l'evasione fiscale, soprattutto la grande evasione, taglia i fondi alla lotta. Recuperare il denaro di coloro che fuggono al fisco, invece, consentirebbe di disporre di cifre non indifferenti da investire in questa congiuntura drammatica. Basti pensare che l'evasione annuale è pari a 100 miliardi.

Oltre a questo?
Pensare ad investimenti pubblici e di welfare: rilanciare, anzi promuovere una politica seria di edilizia popolare, di re-infrastrutturizzazione civile del paese (settore ferroviario, reti idriche, bonifica idrogeologica), di investimenti in attività e strutture che rispondano ad una rivoluzione verde. Un modo per promuovere e creare posti di lavoro, ma anche per garantire uno sviluppo di qualità che permane nel futuro. Loro, al contrario, propongono le grandi opere, come il ponte sullo Stretto o i trafori, portandoci anche su questo aspetto in controtendenza rispetto all'azione del resto dei governi europei. Che per altro investono una quantità di fondi maggiori.

Le banche e le imprese sembrano soddisfatte. Perché?
Perché il governo ha investito solo due miliardi per sostenere redditi e pensioni, mentre ha stornato molto (circa 20 miliardi di euro, ndr) per gli istituti di credito e le industrie. La maggiore liquidità alle banche è stata riconosciuta loro senza chiedere nulla in cambio, così come fatto anche per le imprese con il taglio dell' Irap.

Bisogna, in virtù della crisi in atto, rivedere la Finanziaria. Ma il ministro dell'Economia Tremonti è irremovibile sulla linea che essa non si tocca. Un atteggiamento discutibile, non trovi?
La Finanziaria andrebbe rivisitata a causa di ciò che sta accadendo economicamente. Bisogna poi liberarsi dell'ossessione del patto di Maastricht: una necessità che oggi ammette perfino un ex banchiere come Ciampi e che molti, come me, sostengono da tempo, cioè anche quando esistevano altri equilibri politici, come quello del precedente esecutivo, che con l'allora ministro dell'Economia Schioppa si rese sordo a questa richiesta. Si può invece lavorare a stabilizzare il debito per poter investire risorse. Il rapporto debito-pil, osservato dall'Europa, si può tenere sotto controllo aumentando il denominatore, cioè il pil, ma in modo qualificato, ovvero puntando su investimenti sociali che inaugurino un nuovo modello di sviluppo, evitando di perseguire genericamente la cosiddetta crescita, altro mito moderno che andrebbe superato.

In tante occasioni tu hai insistito sul rosario di misure scellerate che l'esecutivo ha preso in materia di economia e lavoro: reintroduzione delle dimissioni in bianco, taglio della pubblica amministrazione, abrogazione della legge del governo Prodi sulla stabilizzazione dei precari della Pa, l'attacco all'art.18, l'attacco al Ccnl e quan'altro. Si può dire che questa crisi arriva a destabilizzare un quadro già provato dalla politica del centrodestra?
Sì, perché attaccare il mondo del lavoro e il sindacato è un'operazione regressiva e reazionaria che non può che tradursi come tale anche sul piano sociale ed economico.

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