martedì 18 novembre 2008

vittorio melandri: socialista sì

Sinistra e Destra sono nomi, e i nomi vengono dopo le “cose” a cui si applicano per denominarle.



Sarà un parlare mutuato dal “Catalano, di -Quelli della notte-” ma è così.



In politica, le “cose” denominate Sinistra e Destra, da almeno duecento anni, non coincidono per altro con luoghi topografici e dimensioni spaziali, ma con categorie del pensiero e dell’agire, appunto politici, che a tutt’oggi sono vincolate a quel principio di non contraddizione per cui, se si pensa e si agisce rispettando idee di sinistra, non si può contemporaneamente pensare e agire rispettando idee di destra, e per logica conseguenza, non si può starsene con quelli che pensano e agiscono rispettando idee di destra.



Una contingente alleanza politica dettata da una situazione di emergenza fra esponenti politici di sinistra e di destra (sempre umanamente possibile), per le ragioni sopra esposte, dovrebbe, in omaggio ad un elementare e minimo grado di esercizio democratico, essere concepita e consumata sotto una maggiore (del normale) esposizione mediatica, in grado di garantire una maggiore (del normale) trasparenza; il tutto per evidenziare le differenze che permangono, anche se contingentemente alleate.



Perché la politica, quando è esercizio praticato in modo democratico, non è il “gioco delle tre carte”, in cui le differenze, nel rispetto delle regole del gioco, giustamente vengono occultate.



In Italia, l’opacità di sempre dell’esercizio politico; il degrado della classe dirigente nel suo complesso, degrado ormai giunto ad un infimo livello di capacità culturali, professionali ed etiche; e la genetica attitudine al servilismo; mescolato il tutto insieme …. danno luogo quotidianamente alla negazione dell’evidenza più evidente, e si arriva ormai a negare in radice che “Sinistra e Destra” abbiano senso, e laddove si ritiene di dover spendere ancora questi nomi, con la più grande naturalezza (da ultimo, ma proprio da ultimo, leggasi Brunetta Renato su la Repubblica di martedì 18 novembre 2008) ci si dichiara di sinistra stando a destra, pensando ed agendo, come pensano ed agiscono quelli che si dicono di destra.



Salvo naturalmente poi dire che Sinistra e Destra sono morti.

Nel gennaio del 2000, l’editore Donzelli diede alle stampe, nella collana “Interventi”, un testo (Interventi/49) dall’editore stesso definito un “documento politico ….proposto, in assoluta autonomia da ogni appartenenza di partito”.

Volendolo, sotto il titolo “Progetto per la sinistra del duemila”, si può ancora leggere nell’agile libretto, appunto il “documento politico congressuale dei Democratici di Sinistra” di allora, coordinato nella sua elaborazione sotto la responsabilità di Giorgio Ruffolo, di cui è proposta in postfazione una replica, ad un insieme di commenti critici, strappati meritoriamente dall’editore a Norberto Bobbio, Marcello de Cecco, Jacques Delors, Ilvo Diamanti e Bruno Trentin; tutti preceduti da una presentazione del Walter Veltroni, allora segretario senza vergogna, di un partito sedicente di sinistra, e sempre senza vergogna, aderente, allora, al Partito socialista europeo.

Eravamo come detto all’anno 2000, non al 1900.

Riporto di seguito come si concludeva l’intervento di Norberto Bobbio, convinto come sono che la diade “destra - sinistra”, non sia a tutt’oggi, per nulla superata.



“Ciò che ancora e sempre distingue e distinguerà la sinistra dalla destra sarà, da un lato l’affermazione dei limiti del mercato che sono limiti non solo economici ma anche etici, la contestazione della teoria e della ideologia delle mercificazione universale, dall’altro una più ponderata valutazione dell’importanza della sfera pubblica, in parole povere che non ci dovrebbero scandalizzare, dell’intervento dello Stato. La parola d’ordine di qualsiasi futuro governo sarà: privatizzare. Privatizzare quanto e come? Che lasciare alla sfera pubblica? Può la sinistra rinunciare a quella conquista civile che è il servizio sanitario nazionale? E che dire del servizio scolastico nazionale che oggi sempre più viene messo in discussione come se lo Stato detenesse un monopolio, mentre la stessa Costituzione prevede il diritto di istruire scuole non statali? Non salta agli occhi la differenza tra un vero e proprio monopolio statale che è quello dei tabacchi, in base al quale la vendita libera di sigarette è proibita e punita come un reato? Cosi è per quel che riguarda il riconoscimento del diritto alla salute previsto dalla Costituzione. Quale monopolio? A nessuno è vietato di aprire cliniche private, si intende, senza oneri per lo Stato. Non sono questi i temi da discutere? Personalmente non vedo nessuna difficoltà alla privatizzazione, ad esempio, del servizio postale, e magari delle ferrovie, se non avesse recentemente suscitato allarme quello che è accaduto in Inghilterra. La sinistra non può rinunciare all’esigenza di tutelare i diritti che solo attraverso l’intervento pubblico possono essere salvaguardati. E poi è proprio vero che l’intervento pubblico è sempre, per sua stessa natura, nefasto?

Scrive Amartya Sen: «Se guardiamo all’aumento della longevità, all’aumento della durata media della vita, per esempio, in Europa, vediamo che questa è strettamente connessa con l’intervento pubblico. Si commetterebbe un errore pensando che l’intervento pubblico sia destinato a non produrre nulla di buono».



Un’ultima mia considerazione.



Edmondo Berselli, sempre su la Repubblica di oggi martedì 18 novembre 2008, per “tappare la bocca” al sedicente di sinistra Brunetta, replica così:



“Una volta, ai tempi di Craxi, quando si incontrava un socialista, quello si premurava di precisare: «Socialista sì, ma lombardiano». Adesso, nel nome delle riforme, contro l´immobilismo progressista e la sinistra conservatrice abbiamo la categoria, codificata da Renato Brunetta, del "socialista in Forza Italia". Insomma, siamo passati dal socialismo lombardiano al socialismo berlusconiano. Scusi il ministro se insisto, ma nei sistemi non immaginari i socialisti stanno a sinistra, non fanno l´élite professionale della destra. (e.b.)”



A Berselli, che a Brunetta le manda a dire giuste, è scappato però a mio modesto parere, un “ma” di troppo, perché anche ai tempi di Craxi, come a tutt’oggi, chi si sa socialista, non se ne vergogna, anche se sa che nel partito ci sono stati dei ladri; chi si sa socialista, sa che essere socialista significa appunto essere di sinistra, e dirsi lombardiano, non è in alternativa al qualificarsi socialista, ma semmai ne è un rafforzativo.



Sono stati purtroppo i “compagni” comunisti ad introdurre per primi il vezzo di distinguere, fra “gli utili idioti compagni di strada”, quelli “ma anche”, che erano a loro esclusivo giudizio più idioti e quindi più utili degli altri, e guarda caso, i “lombardiani” non sono mai stati fra questi.



Oggi senza più uno straccio di partito socialista in campo, è ancora possibile dirsi…..



«Socialista sì (ovviamente di sinistra), anche lombardiano»….. senza sentirsi fuori del tempo.



Vittorio Melandri

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ogni volta che sento dire che destra e sinistra sono la stessa cosa, che non ci sono più differenze, mi viene in mente il detto, frutto di arguzia ebraica, “Se il Tuo rabbino è uguale al mio, perché non prendiamo il mio rabbino?”.

Cordialmente.

Felice Besostri