Le ragazze tra le zampe del lupo, il grande freddo, la paura di incrociare lo sguardo dell'altro
(P.M).
Queste ragazze … non possiamo lasciar correre le storie di oggi senza neppure provare a fare una riflessione, seppur piccola, un pensiero magari accennato. Queste ragazze di sedici-diciassette-diciotto anni caricate e portate nella villa del magnate, allettate da bracciali e collier di Damiani, che vengono comprati a chili, in attesa di essere distribuiti – e questa cosa è uno schifo nello schifo, ma è dichiarazione doc, dell’avvocato Ghedina – e avvinte da chissà quali promesse, illusioni, incanti. E quei padri e quelle madri che le gettano tra le zampe del lupo o che le lasciano in balia della tempesta marina, e chissà se ci sarà un cavaliere salvifico, altro che il cavaliere nanopapi: come definirli? La tragedia greca, che tante volte viene in aiuto, questa volta non dà risposte: Agamennone sacrificò sua figlia Ifigenia, ma Clitennestra, ah se gliela fece pagare … Anche le madri, qui, invece, sono complici. E non mi interessa ricorrere alla Magnani di Bellissima o ad altri paragoni nobili: è uno schifo. Vendere gioventù e futuro è uno schifo. Qual è lo sguardo di queste madri? a quale specchio rimanda? Il materno è potente, è fonte di amore, di senso, di genealogia, e sì, può anche impaurire, con il latte della madre si può bere anche ghiaccio, ma qui siamo fuori dal senso, qui non comprendo.
Non so, vorrei parlare con una di queste ragazze, capire… poi mi viene in mente Nick, il tossicodipendente amaro del “Grande freddo”: “parlare con lui? Perché, pensate di essere così salvifici, di fare così bene alla gente?”. Credo che, ancora una volta, il nodo sia nel rapporto tra modelli, individualità, conformismo, senso critico: ma c’è davvero, da anni, un grande freddo, un gelo che ci entra dentro e a cui resistiamo se abbiamo relazioni, cultura, amicizie, valori, magari pochi, a cui abbarbicarsi … muoviamo le braccia e le gambe, le dita dei piedi e delle mani, ma le sentiamo sempre meno articolate, l’infelicità pubblica cresce, il senso di inutilità e di disarticolazione, pure.
Sensazione di dispensare saggezza in pillole, riflessioni come quelle di Lucy, “The doctor is IN”. Ha scritto Umberto Garimberti che oggi: “Il conformismo è condizione di esistenza … le differenze, le specificità e la peculiarità individuale, oltre a non essere remunerative, destano persino qualche sospetto”. Sconsolato e vero. Così com’è vero che, nel grande freddo, siamo sempre meno disposti a rivelare qualcosa di noi, di vero, di forte, di profondo, e allora accade che magari non ci tenderemmo mai una mano, tra estranei, per un gesto di amicizia, e invece esprimiamo il bisogno – forse insopprimibile – di un rapporto qualsiasi, operando uno spostamento. Siete mai stati in un negozio dove vendono cibi e oggetti per animali? Io li frequento per via delle mie due gatte. Ci vorrebbe un Marc Augè per descrivere come in questi non-luoghi si esprima una massa di affetto, coccole, attenzione, carezze, interesse anche ai più minuti particolari, concentrata sulle bestiole che ognuno di noi si è portato dietro. Si formano capannelli, ed è tutto un chiedere come si chiamano, quanti anni hanno, cosa mangiano, se sono sorelle etc.etc.
Abbiamo paura dei rapporti umani. Preferiamo i rapporti felini, o canini. Perfino i furetti vanno bene. Basta non specchiarsi nello sguardo dell’altro.
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