lunedì 10 ottobre 2016

Franco Astengo: Territorio non governato

TERRITORIO NON GOVERNATO, GRANDI OPERE INUTILI E DANNOSE, CRISI INDUSTRIALE di Franco Astengo Infuria la battaglia sul referendum e dalla parte del SI ci si muove enfatizzando il tema della “riduzione delle poltrone e dei costi della politica”, un tema evidentemente strumentale se si vanno a vedere per davvero i conti nel merito; nello stesso tempo Renzi rilancia il Ponte sullo Stretto (preventivo del 2011: 8,5 miliardi di euro) e lo stesso governo si arrabatta sui decimali della previsione del PIL (1%, 0,8%, 0,9%) e sulla percentuale da strappare a Bruxelles al riguardo del rapporto deficit /PIL (2,4% inclusivo delle spese per migranti e terremotati?). Nel frattempo tutti gli indicatori economici guardano al rosso, la situazione delle banche appare complessivamente fortemente deficitaria e gli stratagemmi inventati per affrontarla sembrano proprio non funzionare, la bolla del job act appare proprio sgonfiata e l’insieme dei servizi e delle infrastrutture del Paese appaiono in forte ritardo per riuscire a sostenere un’ipotesi di svolta nella difficoltà di produzione industriale (alcuni dati contenuti nel rapporto dell'Unctad - la Conferenza dell'Onu su commercio e sviluppo - sull'andamento dell'economia mondiale, ha contratto di quasi un quarto (-22%) la produzione industriale italiana nel periodo 2007-2016). Intanto sotto i riflettori si colloca quello che è stato definito l’ingorgo delle grandi opere. Sono in ballo 90 miliardi, ma il giudizio è che si sceglie senza serie valutazioni ed emergono conflitti di competenza. Mentre la propaganda assicura che per la prima volta ci saranno certezze di risorse pluriennali per il riassetto idrogeologico, all’edilizia scolastica e alla manutenzione stradale e ferroviaria sorge una domanda: in che proporzione le risorse sono destinate alle diverse situazioni? Da Bruxelles, in questo senso sono stati autorizzati 4,3 miliardi (ne erano stati richiesti 5,1): andando al merito ben oltre 2 miliardi sono destinata alla banda ultralarga per velocizzare Internet (in effetti da questo punto di vista siamo alla coda di tutti i parametri internazionali) e solo il 5% va alla protezione ambientale. Se si va a vedere poi la situazione dei progetti effettivamente in corso, 2,6 miliardi, ci si accorge che quasi il 40% va alle reti trans europee con dentro i famosi corridoi ferroviari: nella sostanza alla giustamente contestatissima TAV Torino – Lione, con tutte le incognite tecniche, ambientali, di concreto utilizzo che ben conosciamo. Fonti giornalistiche autorevoli fanno presente come l’impegno dello Stato per il riassetto idrogeologico non ha mai superato i 400 milioni annui. Nella sostanza l’intervento pubblico in materia di prevenzione delle catastrofi è risultato di 1/9 rispetto ai costi dei danni provocati dalle catastrofi stesse. Nel frattempo, sempre rispetto a questa delicata materia, le Regioni indicano che sarebbe necessario investire almeno 2 miliardi l’anno per 10 anni, totale 20 miliardi soltanto per dare alla parola “prevenzione” un significato appena dignitoso. Intanto dal 2014 è stato messo in piedi un nuovo carrozzone con sede a Palazzo Chigi, Italiasicura, alla cui guida è stato collocato Erasmo De Angelis il cui principale titolo è stato quello di aver svolto il ruolo di direttore iperenziano dell’Unità. Italiasicura fa il paio, dal punto di vista delle agenzie dedicate a un presunto sviluppo con Invitalia cui è affidato il compito di intervenire nelle cosiddette aree di crisi complessa (come è nel caso della zona savonese). Si tratta di un accostamento non arbitrario quello tra Italiasicura e Invitalia. Ci troviamo infatti nel campo dei tanto invocati, ormai da tutti, investimenti pubblici. Abbiamo visto come, stiano le cose nel campo delle opere pubbliche e dell’assetto del territorio: sprechi, sovrapposizioni, priorità sbagliate. Ancor peggio nel campo dello sviluppo industriale: nessuna programmazione, nessuna analisi dei settori sui quali intervenire, situazione del tutto deficitaria nei campi decisivi: La siderurgia italiana . Nel primo semestre del 2016 la produzione di acciaio in Italia è risultata pari a 12,1 milioni di tonnellate. Rispetto al picco pre-crisi la produzione risulta ancora sotto di 27 punti percentuali (-8,5 milioni di tonnellate). Il tasso di utilizzo della capacità produttiva si è attestato intorno al 57%, 15 punti in meno rispetto alla media mondiale. Chimica: Dal 2005 a oggi l’industria chimica italiana ha perduto 20 mila posti di lavoro su 110 mila. Complessivamente : La manifattura italiana ha perso negli ultimi 6 anni ben 11,5 punti. Lo certifica l’ultima elaborazione di Eurostat, condotta sui Paesi dell’Unione Europea, da cui emerge che l’Italia, in termini di arretramento della produzione industriale, ha la quarta peggior performance, alle spalle di Portogallo (-12,8 punti), Spagna (-16,7), Grecia (-20,9). Nella sostanza emerge una doppia difficoltà: nella capacità pubblica di programmazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture e nell’intervento sui settori industriali ancora determinanti per la prospettiva di un Paese di 60 milioni di abitanti, con la disoccupazione all’ 11,3% (40% quella giovanile), con un indice di povertà assoluta al 6,1% , indice cresciuto in 12 mesi dello 0,4%. Sono questi gli esiti concreti della vigente attività di governo e della politica economica dell’Unione Europea, in un quadro internazionale caratterizzato soprattutto dalla ripresa bellica nelle aree più difficili del mondo e da un fenomeno imponente e drammatico di migrazione e in una situazione interna caratterizzata da un indice di corruzione così riassumibile : Anche nel 2015 l’Italia resta al penultimo posto nella classifica europea dei Paesi con il più basso grado di corruzione percepita. Oppure, leggendo la graduatoria al contrario, è seconda per inquinamento del malaffare nel settore pubblico. Sempre percepito, giacché il dato reale non è calcolabile. Peggio di noi sta solo la Bulgaria, mentre lo scorso anno era la Romania. E’ ciò che emerge dal rapporto 2016 stilato da Transparency International. Altro che riduzione dei costi della politica ! Intanto si invitano i pensionandi di 63 anni ad accendere mutui ventennali per riuscire ad arrivare alla quiescenza e, per finanziare banche e assicurazioni (come nel caso sopraesposto) si studiano piani di risparmio individuale (PIR) da investire in “minibond” che dovrebbero essere utilizzati come “finanziamenti” per la PMI senza alcuna precisazione di criteri, priorità, garanzie. Pasticci, viene da suggerire, nient’altro che pasticci. Assetto del territorio, infrastrutture, industria, corruzione: quattro pilastri che indicano tutta la negatività dello stato di cose concrete in questo disgraziato Paese, inserito in un’Europa dove sta aprendosi un conflitto dai contorni prevedibilmente drammatici tra Est e Ovest.

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