domenica 9 ottobre 2016

Franco Astengo: No nel referendum e progetto politico

NO NEL REFERENDUM E PROGETTO POLITICO DI SINISTRA di Franco Astengo Il commissario europeo (socialista francese) Pierre Moscovici è stato, assieme, offensivo e stimolante nella sua inopinata dichiarazione a favore del “SI” nel referendum italiano sulle deformazioni costituzionali. Offensivo perché quella tra populisti e anti – populisti (o europeisti) è falso e fuorviante: dalla parte del SI’, infatti, stanno quanti hanno contribuito, in questi anni, con una politica antipopolare d’impoverimento generale, di ulteriore precarizzazione del mondo del lavoro, di sottrazione di diritti attuata in nome dell’UE dei banchieri di Francoforte e dei reggitori della coda del capitalismo di Bruxelles, in un quadro di abbruttimento politico in atto in molti paesi della storditamente allargata in Unione. Abbruttimento politico che si realizza sul delicatissimo tema dei migranti e arriva a esiti para – fascisti. Dalla parte del NO si colloca sicuramente uno schieramento molto ampio e variegato, sia dal punto di vista politico sia nella rappresentatività culturale e sociale e diventa così naturale che ciascuno dei suoi componenti tenda a dimostrare le proprie ragioni evidenziando, quando possibile, un’identità. In quest’ambito è evidente che soffriamo tutti dell’assenza di soggettività organizzate, di partiti, all’altezza di proporre una campagna elettorale conseguente alle esigenze di visione complessiva e di organizzazione sul territorio come sarebbe necessario. Mi pare allora che sia il caso di raccogliere la provocazione dell’economista (sic) francese. E’ necessaria all’interno dello schieramento del NO una presenza chiaramente orientata sul terreno della sinistra di opposizione e di alternativa, sia nell’ambito UE sia in quello interno. Uno schieramento di sinistra che si raccolga e si confronti quale presupposto per un progetto compiutamente politico. Riprendo, quindi, ancora una volta una proposta che mi ero permesso di avanzare nelle settimane scorse. Sono molti i soggetti in campo all’interno di quest’area che definisco per brevità di “opposizione per l’alternativa”: sarebbe utile avviare subito un confronto di merito e fissare un appuntamento nazionale. Debbono emergere tre punti distintivi dai quali far partire il dibattito: 1) Nel merito del referendum: un “NO” motivato proprio dalla necessità di riaffermare con forza l’essenza parlamentare della Repubblica Italiana così come codificata dall’Assemblea Costituente nel testo della Costituzione con un nesso preciso, sotto quest’aspetto, tra prima e seconda parte con relativa ispirazione della non costituzionalizzata legge elettorale proporzionale; 2) Deve essere nuovamente introdotta, nella storia del complesso percorso della sinistra italiana, una concezione della soggettività politica intesa come collettivo e non come somma degli individualismi, puntando alla ricostruzione del “blocco storico” da realizzarsi proprio attraverso una riunificazione delle categorie d’uso della politica in relazione al complesso delle contraddizioni sociali. 3) L’obiettivo deve essere quello di costruire una soggettività politica capace di esprimersi attraverso la promozione di un processo storico reale inteso quale fondamento per una soluzione non semplicisticamente speculativa del rapporto d’implicazione tra economia, politica, storia e realizzando così un riferimento, anche organizzativo e istituzionale, propositivo di una concreta volontà egemonica. In tempi rapidi servirebbe allora un momento di confronto fra tutti i soggetti e le individualità politiche interessate a un progetto di questo tipo in modo da realizzare, già nel corso della campagna elettorale a favore del “NO” una presenza chiaramente riconoscibile quale espressione di un progetto politico. Appare evidente, infine, che non è sufficiente un’ipotesi di ricostituzione di un partito comunista posta esclusivamente in base al perseguimento di una tradizione storica e del modello del partito ad integrazione di massa, che rimane comunque di riferimento importante. L’ ipotesi di ricostruzione di un partito comunista abbisogna di una profonda riflessione spostata sulla ricerca di una maggiore intensità nella radicalità di progetto e di un più ampio spettro di coinvolgimento rivolto sia ai percorsi di soggettività politica, sia di movimento

2 commenti:

felice ha detto...

individuato in un specifico filone italiano del marxismo(Labriola, Mondolfo, Gramsci e Basso) una base teorica fondamentale non interessa di entrare in un partito comunista per quanto rinnovato. Immagino che ci siano le stesse difficoltà per un comunista democratico ad aderire ad un partito socialdemocratico. Guardo ad un panorama europeo dove dalla crisi dei partiti del PSE non traggono giovamento le formazioni alla loro sinistra. La strada è quella indicata da Edgar Morin in Ma Guche di riunificare i filoni ideali storici socialista, comunista l e libertario arricchiti dal pensiero ambientalista, femminista e dei diritti civili, sia collettivi che individuali. Ma senza una pratica di lotta non bastano le buone intenzioni teoriche, la prima è quella per il trionfo dei NO nel referendum per l'attuazione della Costituzione in nome dei suoi principi qualificanti di una democrazia fondata sul lavoro ( art. 1 c.1 Cost) e di uguaglianza sostanziale (E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.) dell' art 3 c.2 Cost.. ora vanificato dall'art. 81 Cost. sull'equilibrio di bilancio, con una formulazione più rigida di quella tedesca. Di questa deforma costituzionale non sono negativi soltanto gli articoli modificati, ma anche quelli non toccati in primis gli articoli 66 e 90, oltre che il già menzionato art. 81. Il 66 perché non consente il controllo giudiziale delle elezioni per il Parlamento, il secondo perché con l'intreccio dell'Italicum mette il Presidente della Repubblica sotto la sorveglianza del Presidente del Consiglio. Per indicare la prima in ordine temporale e dalla quale dipendono le altre, un fatto di cui la CGIL ha capito soltanto in ritardo, quasi con rassegnazione, l'importanza. La parte Prima della Costituzione e la Seconda sono tra loro strettamente legate, se la maggioranza e solo la maggioranza dei cittadini non può scegliere chi governa, i diritti fondamentali restano vuote enunciazioni

luigi ha detto...

Tutto condivisibile quando scritto dal compagno Felice Besostri.
Per me bussola orientativa utile tutti gli articoli della
Costituzione citati.
Però mi ripeto fino alla nausea, il modello economico di cui alla
prima parte rapporti economici, si cala alla perfezione come
riferimento, aggiungendo, riprendiamoci come bene pubblico la Banca
d'Italia e la possibilità che sia il governo a dettare la politica
monetaria alla Banca d'Italia e non la BCE a entrambi.
Ordunque la Costituzione: il manifeso per tutte le forze politiche e
i movimenti che vi si riconoscono per una larghissima alleanza che
spazzi via l'egemonia pidiina di Renzi eterodiretta da Napolitano
sodale della plutocrazia neoliberista Spectre sovranazionale.
Mi domando perchè mai ci sono silenzi che nascondono forti resistenza
a indicare nella Costituzione il nostro Manifesto per il prossimo
Risorgimento italiana del 21 secolo XIX. Forse in molti già al tempo
della prima republica non ci credevano e volevano di più molto di
più, tipo URSS. Ora perchè non prendono coscienza che le parole di
Paliro Togliatti, il vero e unico "migliore", eravo veritiere: "la
Costituzione via italiana al socialismo". Io penso che rispetto
all'attuale "costituzione economica neoliberista" il modello
economico della Costituzionale sia già una radicale alternativa di
cui tutti dovrebbero essere soddisfatti.
Partiamo con un NO corale al prossimo referendum del 4 dicembre 2016
Un dialogante saluto.
Luigi Fasce - Genova- CDC No Referendum - www.altraliguria.it