martedì 22 novembre 2011

Claudio Bellavita: oggi in Spagna...

I risultati delle elezioni spagnole dovrebbero farci aprire una seria riflessione sulle enormi insufficienze della cultura di sinistra a affrontare il mondo quale è adesso.
.
Quello che più impressiona, oggi in Spagna domani in Italia , sono i flussi da sinistra all'astensione, da sinistra ai movimenti populistici dell'antipolitica e dei regionalismi esasperati, che usano un linguaggio di sinistra per costruirsi dei comodi partiti personali. Che talvolta vengono anche ignorati nei sondaggi della ripetitiva casta giornalistica, ma non saranno ignorati dai giovani elettori indignati.

Non illudiamoci che il voto della Spagna abbia colpito chi era al governo e non era in grado di affrontare la crisi, e quindi un risultato analogo premierà la sinistra in Francia e forse in Germania: perché il problema è che in nessun paese la sinistra ha idee per affrontare questo tipo di crisi.
La cultura e l'informazione circolano molto velocemente nell'Europa dei giovani, unificata da Erasmus e da Internet molto di più di quel pensino quelli che hanno più di 40 anni. E l'informazione più diffusa è che in ogni paese la sinistra cui i giovani guarderebbero volentieri sopravvive con idee polverose e non aggiornate al salto in avanti della globalizzazione, realizzatasi a valanga senza che nessuno pensasse di vigilare sullo strapotere della finanza pura, slegata da qualunque attività produttiva non trasformabile in titoli finanziari sempre più eterei e difficili da capire e monitorare anche per i premi Nobel, figuriamoci per gli uomini della sinistra sprovveduta e retrodatata.

I ragazzi si chiedono come è possibile che le informazioni che si scambiano sui contratti di lavoro nei loro paesi siano ignote ai loro sindacalisti , che ripetono una trita demagogia non aggiornata alla realtà produttiva e del mercato del lavoro che dovrebbe essere europeo ma è ormai mondiale per l'assenza di coordinamento europeo della sinistra e dei sindacati, che sono così intimiditi dai funzionari europei e internazionali che non si pongono neanche il problema di mettere dei paletti europei alla globalizzazione.

Berlusconi farà ridere, ma i bonzi della sinistra e del sindacato sono prodotti scaduti. Come gli stati maggiori degli eserciti che perdono le guerre, studiano solo come avrebbero potuto vincere quelle che ci sono già state, e sono state perse.

Poi c'è il comportamento schizofrenico nella selezione dei quadri politici per il ricambio. La sinistra è pronta a buttarsi nelle braccia di una non meglio specificata "società civile", o dei tecnici, perchè pensa che abbiano le ricette che loro non hanno avuto il tempo di studiare, ma è altrettanto pronta a sparare addosso a chi chiede il ricambio dal suo interno. Per lo meno in Italia, dove l'attività più diffusa è misurare il tasso di sinistra di chi si affaccia alla scena. Senza che nessuno dei misuratori abbia la più vaga idea di cosa voglia dire, oggi, in Europa, essere di sinistra.

Ma insomma! abbiamo una crisi finanziaria che si vuole risolvere con misure di austerità sociale e non con misure finanziarie: e nessuno di sinistra si alza a dire che la testardaggine dei tedeschi, che prima non vogliono fare nulla, poi vogliono fare poco e tardi, ma non vogliono fare quel che hanno fatto USA e GB, stampare della moneta, sta portando alla catastrofe l'Europa intera , e sarebbe la terza volta che la catastrofe la provocano i tedeschi.

In Italia, la formazione del governo Monti farà si che nulla resti come prima, né il bipolarismo forzoso, nè la mancanza di un centro: quelli che si illudono di salvarsi con qualche manovra e il mantenimento del premio di maggioranza, reale o conseguente alla divisione in collegi uninominali, potrebbero battere il naso contro una imprevista maggioranza di centro.

Sarebbe perfino meglio: forse è arrivato il momento di mandare a casa una classe politica provinciale, che continua a inseguire vecchi miti (l'intesa coi cattolici, la società civile, le categoriche affermazioni dei testimoni di Geova dell'ultra sinistra) e non è capace di passare dall'Italia all'Europa e dall'Europa al mondo.

E' una strada lunga da percorrere, ma per fortuna siamo nel secolo veloce, e i giovani sanno correre, e fin dall'università imparano lo slalom intorno ai docenti ingessati. Per ora ci informano che sono indignados. Con noi.

2 commenti:

sergio ha detto...

Forse la risposta sta nella capacità di ritrovare una nuova Utopia che, come nell'ottocento, dia la via alla speranza prima ed alla risposta politica poi. Penso per esempio alle otto ore di lavoro che allora sembrava un sogno, se ne lavorava dodici e su sei giorni minimo. Oggi con un modello produttivo automatizzato come potrebbe essere il nostro è semplicemente criminale lavorare fino a 50 ore alla settimana (naturalmente nelle aziende dove ancora si produce).

Ripensiamo poi alla discussione sulla innovazione di processo e di prodotto del nostro apparato produttivo degli anni 90 e come si siano fatti errori macroscopici quali la sostituzione delle scorte con una valanga di autocarri in giro per le strade (il just in time), o la esternalizzazione di interi settori produttivi precedentemente interni alla filiera produttiva con una comunicazione adeguata fra i settori, mentre oggi i comparti interni ed esterni all'impresa non comunicano fra loro con un degrado dei processi produttivi pur nel risparmio relativo al costo del lavoro (sempre più flessibile).
Saremo capaci di nuove utopie o ci manca coraggio o incoscienza?

Sergio Tremolada (Nuova Società)

felice ha detto...

La conquista della fascia di età 20-.35 anni è essenziale per il ricambio e il rinovamento della classe politica. Non ci sono nella maggioranza dei partiti, con qualche eccezione qua e là in SEL, ma di più nel volontariato ed in organizzazioni religiose. Li troviamo in movimenti con le caratteristiche tipiche dell'intermittenza e dell'instabilità e per di più fuori dai luoghi di lavoro, perché non ce l'hanno ovvero si svolge i modo atomizzato. Si aggiunga che per fattori demografici in quella fascia di età è massiccia la presenza di non cittadini, sovente in condizioni di irregolarità. In ogni riunione mi guardo intorno alla ricerca di questa classe di età e di volti non italici: non ne vedo. Una sola eccezione quest'estate al TILT CAMP di Roseto degli Abruzzi. La c'erano i giovani ma a differenza di quando dice Bellavita totalmente assente la dimensione internazionale sia come relatori, che come approccio ai problemi. Mi ha poi colpito che non ci siastato nemmeno una parola per il massacro dei giovani socialisti norvegesi, anche loro radunati per discutere di politica d'estate. Provocatoriamente ho osservato quale sarebbe stato il can can se un integralista mussulmano avesse massacrato scout cattolici o un colono israeliano giovani palestinesi. Un cristiano fanatico che massacra giovani socialisti invece non crea emozioni durevoli. Eppure là c'era un futuro in preparazione . Un'organizzazione con 8.000 iscritti su un paese che ha tanti abitanti quanto la provincia di Milano dovrebbe invece essere un modello, come anche la percdntuale di dirigenti con nomi ed aspetto non norvegese.