mercoledì 23 novembre 2011

Peppe Giudice: Di quale socialismo (democratico) abbiamo bisogno

DI QUALE SOCIALISMO (DEMOCRATICO) ABBIAMO BISOGNO
pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno lunedì 21 novembre 2011 alle ore 20.34
DI QUALE SOCIALISMO (DEMOCRATICO) ABBIAMO BISOGNO







Con la sconfitta del PSOE sparisce dall’Europa uno degli ultimi residui del “blairismo” – l’ultimo-ultimo è paradossalmente il PD (o una sua componente).

Nella sinistra italiana (anche in quella “radicale”) c’è stato un entusiasmo del tutto ingiustificato nei confronti di Zapatero. Come d’altra parte coloro che in nome del trio “Zapatero-Blair-Fortuna” (che nulla c’entrano con Nenni-Lombardi-De Martino) hanno effettuato l’ennesimo travestimento della cooperativa di Boselli (travestimento durato solo pochi mesi).

Il socialismo spagnolo ha una lunga e gloriosa tradizione. Ma è anche un partito che (soprattutto a causa del lungo periodo di clandestinità e messa al bando nel quarantennio franchista) ha scontato un lungo ritardo di elaborazione sia rispetto alla socialdemocrazia tedesca che ai partiti socialisti latini (francese ed italiano). Era in larga parte un partito massimalista, fortemente intriso di anticlericalismo di stampo massonico. Felipe Gonzalez ed Alfonso Guerra, dopo il ritorno della democrazia in Spagna (nel 1975) hanno avuto il merito di aver legato questo vecchio partito al processo di rinnovamento del socialismo democratico con Brandt e Mitterand, di averlo radicato tra i lavoratori (non dimentichiamo che il PSOE prima del 1936 era comunque di gran lunga il principale partito della sinistra in Spagna) tramite la rivitalizzazione della vecchia centrale sindacale socialista UGT. Ed il Psoe ha saputo ben gestire la transizione dal franchismo ad una democrazia matura. I primi quattordici anni di governo socialista con Gonzalez hanno indubbiamente un segno positivo (tenuto conto delle condizioni di partenza della nostra “sorella latina”). La creazione di una pubblica amministrazione efficiente (certo più della nostra), un ottimo ed efficiente uso delle risorse europee, una crescita dell’economia costante. Certo lunghi anni di permanenza al potere hanno anche generato fenomeni di corruzione …ma questo non invalida il bilancio globalmente positivo.

Con Aznar il modello economico spagnolo si affianca a quello anglosassone. Nel senso di puntare ad una economia dell’indebitamento privato. Poca industria e molto mattone con la creazione di una grande bolla speculativa nell’edilizia (teniamo conto che la Spagna ha molto puntato sul turismo) ed una spinta molto poco latina all’indebitamento delle famiglie. Era il modello tanto esaltato (prima dalla crisi) dai pennivendoli liberisti italiani. Così come l’Irlanda e la Gran Bretagna. Costoro erano i paesi che crescevano di più, prima del 2007, ma la loro era una crescita drogata dall’indebitamento privato (favorito molto dalle banche tedesche, nel caso della Spagna).

Crescita forte fino al 2007, e mazzata ancora più forte dopo il 2009 (l’Irlanda ha mandato alle stelle il rapporto deficit-PIL per salvare le banche).

Ma torniamo a Zapatero. Egli diviene il capo del governo in pieno miracolo economico drogato. Cerca di immettere elementi di maggiore equità in un modello che genera di per sé forti diseguaglianze, ma non mette in discussione il meccanismo che le produce e non pensa alla costruzione di un modello diverso di sviluppo che possa meglio conciliarsi con una politica socialdemocratica. E quindi alla fine viene travolto dalla crisi strutturale che si abbatte come una mannaia sulla penisola iberica.

La crisi del Psoe è innanzi tutto una crisi di pigrizia intellettuale che ha pervaso quei socialismi che alle spalle non avevano una forte elaborazione. L’adesione al blairismo (dopo approfondiremo) è anche il frutto del disarmo ideologico. E dello scambiare il socialismo per la corretta gestione – quel “socialismo dei cittadini” (che non vuol dire nulla) che piace tanto a “Repubblica” ed a Scalfari.

Per cui il grosso della politica socialista si sposta su un terreno tutto liberale. Certo di quel liberalismo progressivo che in parte deve essere fatto proprio dal socialismo democratico. Il tema dei diritti civili, della libertà di scelta della persona. Ma tutto ciò è impropriamente stato immerso in una riedizione di un anticlericalismo di altri tempi (che Gonzalez non ha mai sposato) ed all’interno di una cultura relativista e post-moderna che se è certamente compatibile con l’ultra-individualismo di Pannella (che non a caso in economia sposa il darwinismo sociale) non è assolutamente conciliabile con i valori del socialismo democratico (si veda la polemica di Habermas contro il relativismo ed il post-moderno): quelli ad esempio espressi nel paragrafo iniziale di Bad Godesberg. Il Psoe è stato sommerso dalla confusione ideologica più marcata ed ha contribuito ad accrescere la confusione nella già iper-confusa sinistra italiana.

Insomma quel blairismo che il Labour di oggi rinnega (aveva già di fatto iniziato a rinnegarlo Gordon Brown che per primo propose la tassazione sulle transazioni finanziarie e portò l’aliquota fiscale al 50% sui più ricchi) Zapatero non riesce a supearare.

Il blairismo supportato dal pensiero di Giddens (il quale su Repubblica nel 2007 annunziò la morte del socialismo democratico), e cioè di un pensiero di risulta neoliberale tra i più mediocri (Giorgio Ruffolo diceva che Giddens si era convinto di una idea stupida: che potesse esistere un capitalismo senza proletari), ha avuto effetti deleteri sul socialismo europeo, proprio perché ha cercato di espellerne il suo nucleo vitale : la centralità della giustizia sociale nella emancipazione del lavoro e nel riequilibrio tra economia e società.

Mentre (faccio un esempio) il programma di Bad Godesberg parla di destinare una quota della crescita patrimoniale delle grandi imprese ad un fondo sociale gestito da lavoratori e cittadini per lo sviluppo di attività socialmente utili e produttive, Giddens diceva che non bisognava impedire l’arricchimento illimitato privato. Gli sfuggiva una cosa semplicissima: se non si pone un limite all’arricchimento privato, salta la democrazia stessa.

Il socialismo democratico vero è convinto che la contraddizione centrale del capitalismo sta nel carattere sociale della produzione e l’appropriazione privata del plusvalore (o surplus che dir si voglia). Solo che questa contraddizione non la ritiene risolvibile (anzi è aggravata) con il collettivismo burocratico (sovietico cinese cubano). Lenin diceva che il capitalismo di stato è l’anticamera del socialismo. Mai affermazione fu più gravemente contraddetta dalla storia. Kautsky diceva, invece, che il socialismo è insieme l’organizzazione sociale della produzione e l’organizzazione democratica della società. Che la storia abbia dato pienamente ragione a Kautsky e torto marcio a Lenin è solare. Qualche anchilosato se ne deve fare una ragione.

Infatti uno stato totalitario controllato da una nomenclatura di un partito unico crea una nuova classe dominante (sul proletariato e sull’intera società) che assume in se il monopolio del potere economico e politico. Non c’è appropriazione privata del plusvalore più devastante di questa.

Il socialismo democratico ad iniziare dagli anni 20 e trenta punta ad una economia mista e pluralista in cui coesistono intervento pubblico diretto (ma con forma di gestione democratica – aperto a lavoratori ed utenti) nei settori strategici , democrazia economica con la co-determinazione dei lavoratori nelle grandi imprese private (principio della responsabilità sociale dell’impresa); sviluppo di un settore di economia sociale e cooperativa, fondata su principi di mutualità e reciprocità (il settore dove meglio si dispiega l’ideale socialista); un welfare di qualità e di alto profilo; la programmazione democratica dello sviluppo che oggi implica il controllo della sua compatibilità ambientale. Ecco come appare la mappa del socialismo democratico fondendo insieme Bad Godesberg, il Piano Meidner dei socialdemocratici svedesi ed il Progetto Socialista del PSI del 1978.

Quindi uscire definitivamente dal blairismo (la SPD ed il Labour sono sulla buona strada, il PSF non è mai stato blairiano).

I “sinistristi” di ogni tipo non si facciano illusioni: non esiste socialismo e sinistra fuori dal socialismo democratico: Lenin e Trotzky sono pezzi da museo (ed hanno fatto troppi danni). Chavez è un pagliaccio. Del resto lo dimostra il fatto che quando vanno male i partiti socialisti il loro elettorato non va verso la sinistra neo-comunista ma verso l’astensione.

L’ultima roccaforte del blairismo è rimasto il PD in Europa. Fuori dalla storia. Io credo che l’inizio della riscossa della sinistra e del socialismo democratico in Italia sta nella fine del PD. In questo partito vi sono ormai anime che non possono convivere più insieme. La crisi economica e le risposte da dare ad essa accentuano drammaticamente tali contraddizioni. Prima vi sarà questo chiarimento, meglio sarà per tutti.

“Larga la foglia stretta è la via, dite la vostra che ho detto la mia.”







PEPPE GIUDICE

1 commento:

luigi ha detto...

Come sempre, quasi su tutto d'accordo con Peppe ...
in particolare su questo passaggio, il cuore del nostro manifesto

a cui mi pare, insisto, di dover sempre integrare qualche nota in
omaggio all'italico pensiero:
1) nel manifesto liberalsocialista del 1941 ci sono tutti i
sopracitati contenuti;
ma a parte questo doveroso ricordo mi sembra che ci sia soprattutto
da citare
2) la nostra Costituzione in cui si trovano tutti gli elementi sopra
indicati, tutti (meno questione ecologica e beni comuni) e non come
aspicio ma in via di principio giuridico assoluto su tutte le norme
giuridiche parlamentari e agire governativo ... Costituzione legale,
ahimè sostituita da quella altrettanto legale dei trattati
internazionali firmati dai nostri governi a partire da quello di
Craxi (il trattato di Maastricht è firmato da Demichelis-Carli nel
1992) senza avere la possibilità alcuna di essere sottoposto a
giudizio popolare mediante referundum abrogativo.
C'è in questo momento chi grida a sinistra che la BCE deve diventare
banca centrale effettiva dell'U.E., senza mettere mano alla revisione
radicale dei trattati da Maastricht, direttiva Bolkestein, Lisbona,
senza di che l'impianto giuridico liberista permane anche con bond
europei salva stati (?) o banche private ?
Riflettiamo riflettiamo riflettiamo compagne e compagni.
LUigi Fasce