dall'Opinione, 4 dicembre 2008
Oscurantismo all’Onu
Principi vaticani e diritti umani
di Alessandro Litta Modignani
Andiamo con ordine. Punto primo: la Francia, presidente di turno dell’Unione europea, propone una mozione all’Onu affinché nel mondo l’omosessualità non sia più considerata un reato. In molti paesi infatti tale inclinazione naturale è perseguibile, in alcuni casi con la pena di morte. Questa lodevole iniziativa rappresenta una tipica “battaglia di civiltà”, come la lotta alla pena di morte o alle mutilazioni generali femminili, e questo è un fatto, chiaro e incontrovertibile. Punto secondo: il Vaticano si oppone. Anche questo è un fatto, altrettanto incontrovertibile, che all’Onu spinge la Santa Sede a schierarsi dalla parte dei paesi totalitari, sia pure con motivazioni diverse. E’ giusto sottolineare - come ha fatto Davide Giacalone su L’Opinione di ieri - che le spiegazioni addotte dal Vaticano non sono quelle che alcuni, strumentalmente, hanno cercato di accreditare. Monsignor Migliore ha detto che l’omosessualità non deve essere considerata un modello di vita e che la mozione francese potrebbe spianare la strada ai matrimoni gay. (Cosa c’entra? Qui vi è un “salto logico”, come ha fatto notare il teologo cattolico Vito Mancuso sul Corriere della Sera). Ma il fatto principale resta che la presa di posizione vaticana, anche così motivata, è politicamente gravissima. Ciò che conta è la decisione, e non le motivazioni, peraltro risibili. Se davvero fosse contrario a tutte le discriminazioni, come sostiene, il Vaticano avrebbe ben potuto schierarsi A FAVORE della proposta francese, con le stesse precisazioni e gli stessi distinguo. E’ la decisione politica di opporsi, a inchiodare la Chiesa cattolica alle sue responsabilità, e rispetto a questo non c’è giustificazione che tenga. Dopo essersi schierati a fianco dell’Iran e dell’Arabia saudita, serve a poco precisare che il catechismo raccomanda di non discriminare nessuno: questa semmai è un’ipocrisia e un’aggravante.
Una nuova polemica è scoppiata ieri, a proposito della mancata firma del Vaticano alla Convenzione Onu sui diritti dei disabili. Poiché l’articolo 23 di questo testo parla di “pianificazione familiare” e di “educazione riproduttiva”, e l’articolo 25 garantisce l’accesso ai servizi sanitari “inclusi quelli dell’area della salute sessuale e riproduttiva”, la Chiesa cattolica ha ribadito il suo “non possumus”. “La Santa Sede si oppone a questa espressioni, perchè in alcuni paesi i servizi sanitari e riproduttivi comprendono l’aborto” ha spiegato ancora Migliore. Anche qui, non è giusto accusare il Vaticano di voler discriminare i disabili: ci mancherebbe altro. Ma negare l’appoggio a provvedimenti di questa natura resta una scelta politica dogmatica e insensata. Analogamente, la Chiesa fece mancare la sua firma nel 1994 alla Conferenza del Cairo sulla popolazione, perché prevedeva “politiche anti-nataliste”, così come l’anno dopo a Pechino, quando alla Conferenza internazionale sulla donna negò la sua adesione, ancora per la questione dell’aborto.
Da tutte queste vicende, emerge l’immagine di un Vaticano sempre concentrato sulla purezza ideologica dei suoi principi, assai più che sugli effetti – a volte devastanti - che questi stessi principi dispiegano nelle società e sugli individui. Quanta sofferenza deriva agli esseri umani dalla sovrappopolazione e dalla diffusione dell’Aids? Quanta sofferenza patiscono ogni giorno gli omosessuali in molte parti del mondo? Quanta sofferenza porta con sé una gravidanza indesiderata, magari proprio di un feto nel quale sono state accertate gravissime malformazioni? Non importa. La Chiesa continua a considerare la contraccezione un peccato, l’omosessualità una malattia e l’interruzione di gravidanza un omicidio. L’ideologia della sofferenza prevale sui diritti umani. Ciò nonostante, se tacciati di oscurantismo, questi signori si offendono.
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