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martedì 4 marzo 2025
Franco Astengo: Europa, uno spazio politico
EUROPA UNO SPAZIO POLITICO DI Franco Astengo
La partecipazione alla manifestazione sull'Europa organizzata da Repubblica per il 15 marzo va sottoposta, a sinistra, ad una seria riflessione.
Soprattutto bisognerebbe evitare di cadere nella trappola del riarmo della Germania.
Evitare la trappola non tanto per similitudini con fatti antichi ma, perché di questo si tratta nel momento contingente quando la Von der Layen lancia l'idea e spara cifre a centinaia di miliardi.
Prima di tutto l'ipotesi di un esercito europeo è tutta di là da venire.
In questa situazione la Germania è la sola a disporre di una siderurgia all'altezza di una produzione capace di soddisfare un'ipotesi di adeguato riarmo (torna qui il tema della capacità industriale di ogni singolo paese con particolare riferimento all'Italia).
La Rheinmetall produce già carri armati e Leonardo è junior partner mentre è noto che l'industria meccanica italiana è del tutto sussidiaria a quella tedesca.
Inoltre si tratterebbe di un riarmo "da combattimento sul terreno" perché la migliore tecnologia missilistica e dei droni sta da altre parti e questo è un altro elemento da considerare.
Quanto al nucleare la messa a disposizione del loro potenziale da parte di Francia e Gran Bretagna vale più o meno un decimo del potenziale russo (che rimane numericamente il più consistente) e americano, oltre al presentarsi del problema di a chi sarebbe assegnato il comando strategico (sempre con riferimento all'assenza di un esercito europeo).
Quindi le manifestazioni pro-Europa come quella indetta da Repubblica per il 15 marzo non possono considerarsi "neutre" da questo punto di vista e la presenze di bandiere di un solo colore e un solo simbolo farebbe perdere di vista l'obiettivo paradossalmente causando confusione e non chiarezza.
La sinistra dovrebbe aver l'obbligo di caratterizzarsi autonomamente elaborando un progetto di pace anche e soprattutto rispetto al proprio territorio.
Non c'è traccia di idee che un tempo pure circolavano a Est come a Ovest (penso al Piano Rapacki su di una zona smilitarizzata al centro del continente).
Ribadisco un giudizio di totale disarticolazione delle istituzioni sovranazionali, anche di quelle elette a suffragio universale come il Parlamento Europeo che non ha trovato la forza e la capacità di riunirsi in sessione straordinaria e andrà in sessione ordinaria il 10 marzo.
Nessuno tra l'altro valuta i tempi di un possibile riarmo in conseguenza di una riconversione industriale che comporta problemi di materiali, trasformazione di linee di montaggio, dimensione degli impianti, tecnologia .
In Italia l'operazione contraria, cioè di dismissione dell'industria bellica dopo la seconda guerra mondiale durò all'incirca quindici anni dal 1945 al 1960 cioè alla vigilia del boom quando una parte della siderurgia fu abbandonata e l'industria cominciò a lavorare sui prodotti del consumo individuale oltre l'auto gli elettrodomestici e la televisione per rendere il tutto accessibile al grande pubblico, più o meno in contemporanea con la nazionalizzazione dell'energia elettrica e lo sviluppo della telefonia che con la SIP cominciò ad entrare nelle case della piccola borghesia e della classe operaia con il telefono duplex.
Quanto tempo occorrerebbe oggi per una operazione all'inverso sia pure usufruendo di tecnologie ben diverse? Armarsi significa pensare alla guerra: è questo un inevitabile orizzonte ?
Anche e soprattutto per questo serve subito una proposta di pace considerando l'Europa uno spazio politico e non acriticamente come un bene in sè, e agendo di conseguenza a quel livello. Insomma è più realistica una proposta di pace che un'utopia di un armamento davvero difficile da realizzare.
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