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giovedì 6 marzo 2025
Roberto Biscardini: Per il momento siamo salvi
PER IL MOMENTO SIAMO SALVI
Per il momento siamo salvi, la cementificazione dell’intero Paese e a basso prezzo, sull’onda delle procedure anomale del comune di Milano, che si volevano sanare e consentire con una legge del parlamento, sembra bloccata.
Ci è voluto un provvedimento della Procura per fermare il delirio di onnipotenza dell’Amministrazione comunale di Milano e della sua giunta, nonostante i tanti pareri tecnici, che molti di noi avevano dato circa la non percorribilità di quel provvedimento. Ma soprattutto nonostante le prese di posizione politiche di alcuni partiti minori, e di tante associazioni contrarie all’approvazione di una legge ad personam, che avrebbe condonato lo scempio di Milano favorendo l’estensione dello scempio in tutto il Paese.
Per mesi noi e a tutti coloro che hanno contestato questo provvedimento ci avevano dati per pazzi, ora è bastato un intervento della Procura per mettere in evidenza che il Re è nudo. E così la (legge) “Salva Milano” è morta per voce dei suoi maggiori sostenitori. Per Sala e i suoi funzionari, che si sono dati da fare andando avanti e in dietro dal Parlamento, che si sono spesi cercando di far credere al mondo intero non solo la bontà di queto provvedimento, ma anche la correttezza dell’amministrazione comunale, questo tormentone è finito nel giro di qualche ora con una dichiarazione lapidaria “Non è più necessaria”. E il PD, che lo ha sostenuto sempre, ovunque e in consiglio comunale, fine nelle settimane scorse, a suon di dichiarazioni e ordini del giorno, e in Parlamento votando alla Camera in modo compatto con il centro destra, sembra aver chiuso la partita con una dichiarazione tardiva della segretaria Elly Schlein “E’ evidente che non ci sono le condizioni per andare avanti”. Che tradotto vuol dire che se non fossero arrivati ieri quei provvedimenti giudiziari, il PD sarebbe andato avanti. Imbarazzante. Non un cenno di ripensamento meditato, non un cenno di autocritica. Nessuna valutazione del significato politico di ciò che è stato fatto e di ciò che ci si apprestava a fare.
E ciò è gravissimo, perché né Sala, né la sua Giunta, né la sua maggioranza sostenuta in modo determinante dal PD, sembra che non si stiano ancora rendendo conto del danno che tutta questa brutta vicenda urbanistica ha arrecato a Milano e all’immagine della nostra città. E sul piano politico il PD, che porta la maggiore responsabilità nel sostegno di questa maggioranza, non ha voluto nemmeno in questo caso fare i conti con una realtà chiara e inquietante. Almeno da quando Sala (sull’onda del disastro di Expo gabellato anche dalla stampa come un grande successo) è stato scelto come candidato sindaco, da ambienti molto estranei alla politica, e molto lontani dagli interessi popolari che dovrebbe rappresentare il centrosinistra. La realtà inquietante di una amministrazione che non solo è stata evidentemente condizionata da interessi economici, finanziari e speculativi prevalenti, ma che per essere al servizio di questi stessi interessi ha dovuto togliere di mezzo ogni forma di coinvolgimento democratico dei cittadini e persino del consiglio comunale che in qualche modo dovrebbe rappresentarli. Una giunta che per governare, in nome dell’efficienza e della rapidità delle scelte, ha dovuto togliere di mezzo ogni forma di informazione. Ha dovuto nascondere i progetti persino al consiglio comunale, che non è stato messo nelle condizioni di svolgere il mandato per cui è stato eletto, e ha gestito la cosa pubblica, in molti settori solo in logica aziendale e padronale, e con molto arroganza.
Privatizzando e mortificando il valore fondamentale dell’interesse pubblico e generale per una città di tutti e non solo per i più ricchi. Una amministrazione che ha nascosto la grande questione sociale sotto lo splendore del business e della sua ricchezza.
Ciò che sta succedendo in queste ore fa emergere le grandi contraddizioni di una politica che ha abdicato al suo ruolo. Fa emerge la pochezza della politica e delle istituzioni milanesi.
Non sappiamo al momento se ci sarà tempo e volontà per cambiare rotta. Se ci sarà margine per un sussulto di dignità, da chi ancora non ha buttato il proprio cervello all’ammasso. Ma senza la disponibilità ad ammettere i propri errori con un confronto aperto con la città attonita, il destino è segnato.
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