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martedì 20 giugno 2017
Paolo Bagnoli: I fiori secchi del togliattismo
Da NonMollare
la biscondola
i fiori secchi
del togliattismo
paolo bagnoli
sempre la stessa innata convinzione della
propria diversità – sempre alla ricerca della
egemonia – il rifiuto del socialismo – francesco?
«La sinistra è un fiore di campo. Prima o poi possa
qualcuno e la prende. È un’idea ineliminabile di comune
dignità, come è ineliminabile l’idea di destra, basata
sulla gerarchia. Bisogna solo stare attenti che quel fiore
vada nel mazzo giusto».
Chi ha detto queste parole non è un politico
neogeorgico, ma un maturo leader, veterano dei
partiti e delle istituzioni. È Pier Luigi Bersani
che così ha chiuso una lunga intervista rilasciata
a “L’Espresso” (n. 23, 4 giugno 2017). Diciamo
subito che non si può, sulla frase in sé, che
concordare; tuttavia l’ammonimento fa un po’
sorridere, per non dire di peggio, se si pensa da
quale storia viene Bersani: quella di prima e
quella più recente; da una storia che ha liquidato
l’idea stessa di sinistra per dar vita al Partito
democratico che, a essa, è geneticamente
allergico, L’uscita – un po’ strascicata in vero –
che il gruppo di cui egli è il capofila ha ritenuto
di farla finita con la formazione di Matteo
Renzi. Il porre la questione in aura poetica nulla
toglie a tutta la cattiva prosa di un’esperienza
che di sinistra non ha mai avuto niente e di cui i
comunisti, che ne ha hanno scritto una buona
parte, sono responsabili e non assolvibili.
Sulle ragioni e la dinamica che hanno
portato al Pd si è scritto molto: esso è stato
l’approdo finale della linea togliattiana che,
qualunque sia stato il nome che via via
venivano assumendo, i comunisti hanno
pervicacemente perseguito dalla fine del loro
vecchio partito. Sempre la stessa linea, sempre
la stessa innata convinzione della propria
diversità accompagnata dal senso naturale che a
loro spettasse l’esercizio di una inscalfibile
egemonia che si sarebbe perpetrata nel nuovo
soggetto dell’incontro con una pezzo di
democrazia cristiana. Rimanendo alla bucolica
metafora di Bersani non si può non osservare
che, se la sinistra è un fiore di campo, quel fiore
sono stati loro per primi a reciderlo.
I fiori di campo – lo sanno tutti – nascono
spontanei, ma per la sinistra non è così. Essa è
il frutto storico delle lotte del lavoro per un
mondo migliore, più libero, più giusto, più
democratico. È il frutto di una scelta
consapevole di milioni di uomini per liberarsi
dallo sfruttamento, dal disconoscimento della
loro dignità, per avere, in quanto uomini, il
diritto riconosciuto a istruirsi, curarsi,
esprimersi, non essere socialmente ricattati,
improntare la vita sociale sulla pace e sui
principi della solidarietà. La sinistra,
politicamente, ha rappresentato l’umanesimo
forte che ha attraversato due secoli travagliati e
difficili alla conquista di quei doveri che oggi
talora sono minacciati quando non addirittura
misconosciuti.
Altro che fiore di campo!. È stata,
concretamente, un campo largo della storia
dell’uomo: socialisti, comunisti, radicali, liberali,
democratici aperti e avanzati al di là delle
rispettive culture, forme organizzative, fedi
religiose, ora in accordo, talora in disaccordo,
ma sempre schierati sul versante fermo della
democrazia e della sua nozione sociale. Un
grande movimento che ha permesso alle società
libere di costruire futuro dopo futuro anche a
prezzi altissimi; quel futuro che oggi non sta
nemmeno sull’orizzonte ampio del mondo
globalizzato. Quanto suona beffarda e vera, a
fronte di tutto ciò, la definizione stessa di
orizzonte quale linea che si allontana quanto più
credi di avvicinartici.
Chissà se a Bersani, che oggi teme che l’idea
di sinistra non finisca nel mazzo giusto, è mai
capitato di pensare quanto sarebbe stata diversa
la vicenda italiana se, non potendo più esistere il
partito comunista italiano, la sua forza si fosse
incamminata verso i lidi del socialismo. Erano
in tanti a sperarlo e quella speranza, considerato
il presente, presentiva il giusto e la verità. Si
riteneva quale evoluzione naturale, dato anche il
suicidio del partito socialista – non dei socialisti,
intendiamoci – che l’unica forza storica della
sinistra rimasta in piedi non ammainasse la
bandiera, ma ne alzasse una nuova per
riprendere il cammino delle conquiste
democratiche. Il campo, ricordiamocelo, nel
5
nonmollare quindicinale post azionista | 001 | 19 giugno 2017
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1994 lo aveva costituito l’insieme dei
progressisti. Le elezioni furono perse, ma il
risultato, ben consistente, dava egualmente
forza al disegno evolutivo dell’intesa elettorale.
Solo che il disegno non c’era ed è proprio il
caso di dire che il bambino fu buttato via con
l’acqua sporca. Quella coalizione aveva tutte le
caratteristiche, anche pluralistiche, per divenire
un soggetto politico. Tutto fu invece gettato alle
ortiche e di quanto era successo con le elezioni
del 1994 mai si è avuta un’analisi e
un’interpretazione da chi aveva il dovere di
darle. La sinistra, contravvenendo alle sue
tradizioni, non aprì nemmeno il dibattito. I
comunisti su cui gravava la responsabilità della
situazione aprirono un sanguinoso fronte
interno; fecero tra loro quei conti che fino ad
allora non avevano potuto fare e continuarono
da postcomunisti a muoversi secondo il canone
di sempre. Ma invertendo l’ordine dei fattori il
prodotto non cambia. Così, il nuovo che
avevano sempre perseguito, ha finito per
scomporli, triturarli, annientare pure il senso
della loro cultura storica; subalterni – quelli
rimasti – nel Pd aperti alla poesia bonaria quelli
usciti. Non c’è che dire: il fallimento non
avrebbe potuto essere più completo.
In tanti, crediamo, vorrebbero riunirsi
intorno a quel fiore di campo, ma esso, per
essere colto o meglio fatto crescere come di
deve,dovrebbe essere in un campo socialista
che non c’è e chissà ancora per quanto tempo
non ci sarà. Per onestà dobbiamo riconoscere
che quel fiore sembra essere stato raccolto dal
Papa se si pensa alle chiare prese di posizione
assunte da Francesco sullo sfruttamento
prodotto dal liberismo finanziario, a difesa della
dignità dell’uomo, alla condanna di ogni tipo di
sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Recentemente il Papato si è mosso, e con quale
autorevolezza, sul problema della corruzione.
Per ora quel fiore è lì. Il Papato, però, non è
un partito e la lotta politica per la democrazia
non si fa da San Pietro. Chissà se Bersani farà
una passeggiata lungo via della Conciliazione?
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