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giovedì 29 giugno 2017
Andrea Ermano: E il lanciere Palmiro...
Dall'ADL
E il lanciere Palmiro gli disse…
di Andrea Ermano
Ritirarsi dalla vita politica? Oramai, dopo la sequenza tattica di dimissioni, scissioni, primarie e congresso anticipato, chi è in pista dovrà ballare. Ma nessuno può farlo bene con tutto quell'acido lattico nei muscoli, dopo il lungo stress di una revisione costituzionale abrogata dal popolo e di una legge elettorale bocciata dalla Consulta.
Perciò, l'eventualità che l'uomo di Rignano ritorni a Palazzo Chigi appare remota. E persino difendere la poltrona del Nazareno sotto l'assedio di Romano, Walter e Dario non sarà impresa da poco.
La verità delle cose, però, è esemplificata da un altro episodio, un piccolo fatto avvenuto a margine della Corsa all'anello di Narni. D'Alema riferisce che, mentre assisteva alla manifestazione in costume medievale, un lanciere, uscito dalla schiera, gli si era avvicinato per comunicargli quanto segue: «Io mi chiamo Palmiro. E tu sai che significa questo. Che voi non siete più il nostro partito!». Detto ciò, Palmiro di Narni girò sui tacchi e rientrò tra le sue fila.
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E il lanciere Palmiro di Narni gli disse:
"Voi non siete più il nostro partito!"
L'ex lider Massimo, con onestà, osserva che a questo punto la rottura con il "popolo di sinistra" non può interpellare soltanto il job's act o la buona scuola o altre misure del genere, ma consiste piuttosto nel ripudio, ben più profondo, di un tradimento d'affetti, idee e solidarietà.
Ma, allora, il meno responsabile di tutti questi dirigenti pd è proprio Renzi. Sì, perché le schiere ipocrite di coloro che oggi osteggiano il Segretario sono quelle stesse schiere super-opportuniste che dieci anni fa vollero "l'amalgama non riuscito". Furono loro, e non Renzi, a spezzare la continuità politico-organizzativa del movimento operaio italiano – e ciò per le ambizioni di una sola stagione di potere, che per altro non gli venne mai. Furono loro, nel plauso dell'establishment e della sua stampa entusiasta, a dare compimento ultimo all'opera iniziata con la distruzione giudiziaria del Prima repubblica. Il Pci-Pds-Ds fu sciolto nel contenitore democrat di Veltroni, e questi negò ogni apparentamento tanto ai neo-socialisti di Enrico Boselli quanto ai neo-comunisti di Fausto Bertinotti al puro scopo di provocarne la scomparsa tramite un uso politicamente assassino del "Porcellum".
E fu così che, tolto al "popolo di sinistra" ogni punto di riferimento residuo, essi pensarono di proseguire nel consueto stile libero delle "due destre", dando per ovvia la fedeltà degli ex "ceti medi produttivi", proletarizzati. Mai avrebbero immaginato l'impennata astensionista e populista che ne è, invece, scaturita e che mette ora in oscillazione la presenza italiana in Europa, cioè gli equilibri stessi dell'UE e della geo-politica connessa.
Sicché adesso abbiamo i grandi commentatori che riscoprono la "sobrietà" di Corbyn «che ha prosciugato il populismo britannico restituendo alla plebe il diritto di sentirsi popolo». Belle parole! Ma negli anni scorsi che cosa sostenevano gli stessi apprendisti stregoni dell'opinionismo occidentale se e quando parlavano del leader laburista? C'è voluto il duplice crash suicida dei conservatori di David Cameron e Theresa May affinché costoro si svegliassero cadendo infine dal pero.
Ben tornati nella realtà. Dove ci sono, frattanto, quattro milioni e settecentomila italiani in condizioni di "povertà assoluta", esclusi dal paniere dei beni essenziali (cibo, vestiti, casa…). L'Italia detiene il non invidiabile record europeo della povertà giovanile. E insieme alla Spagna abbiamo il più elevato numero di giovani che non studiano né lavorano: milioni di ragazze e ragazzi condannati alla frustrazione.
Che fare? «Si fa un grande "Servizio Civile" nel quale, se non hai niente da fare, io ti do qualcosa da fare. E in cambio ti do un modesto salario. Modesto, d'accordo, ma intanto ti sottraggo a una condizione di marginalità ed esclusione. Ti immetto in un circuito di formazione, di riqualificazione, di socializzazione. Invece che lasciarti nelle mani della criminalità e della droga». Queste parole ha pronunciato a un'Assemblea di MDP (vai al video) Massimo D'Alema, il quale in altri tempi aveva pur rappresentato posizioni molto diverse.
Cambiare opinione sulla base di nuovi argomenti o nuove sensibilità è, certo, una vittoria del dibattito democratico di sinistra. Ma nel caso del "Servizio Civile" sussiste una vera e urgente necessità a fronte della rivoluzione tecno-scientifica «che, attraverso l'uso massiccio di intelligenza artificiale e della robotica, porterà alla cancellazione di milioni di posti di lavoro», ha aggiunto l'esponente di MDP, chiedendosi se la transizione storica in atto possa essere lasciata nelle mani di una ristretta oligarchia d'imprenditori privati: «E badate che un processo di questo tipo comporterà un'enorme concentrazione della ricchezza… Non può che essere gestito dalla mano pubblica».
Tramite la "mano pubblica" andranno introdotte drastiche riduzioni dell'orario di lavoro a parità di salario. E allora occorrerà «chiedere in cambio che una parte del "tempo di lavoro liberato" sia messo a disposizione della comunità, per assistere le persone, gli anziani… Perché una sinistra moderna deve rimettersi al lavoro per riprogettare la società», ha sottolineato l'ex premier diessino.
Importante qui ci pare la connessione tra "Servizio Civile" ed emergenza sociale, non meno che il collegamento con le prospettive del "tempo liberato" dalla tecno-scienza. A ciò va aggiunto il tema della co-decisione democratica quale requisito indispensabile di un futuro servizio civile nazionale ed europeo. Perché è sulla co-decisione democratica che può incardinarsi il tema di una governabilità pubblica rispetto alle grandi trasformazioni in atto, tema decisivo: «Altrimenti ci capiterà quel che ci è già capitato con la finanziarizzazione», di cui fa cenno D'Alema a conclusione del discorso.
Tutt'è bene quel che finisce bene, dunque? Be', a parte che per la costruzione di un "Servizio Civile" degno del nome e del compito si profilano scommesse ardue e impegnative quant'altre mai, resta non-detta un'emergenza drammaticamente attuale: quella di un "Servizio Civile Migranti".
Negli ultimi giorni sono state tratte dal mare circa dodicimila persone. La disponibilità dei sindaci all'accoglienza sul territorio scema a vista d'occhio: «La conferma che l'emergenza sia oramai esplosiva è il rientro immediato in Italia del ministro dell'Interno», riferiva ieri Grazia Longo sul sito della La Stampa. Il titolare del Viminale, in volo verso Washington per incontri istituzionali, ha preferito invertire la rotta e rientrare a Roma mercoledì mattina. Subito dopo l'atterraggio ha avuto un incontro con il presidente del Consiglio sui massicci sbarchi di queste ore, sulle preoccupazioni legate al traffico di esseri umani in Libia, sulle tensioni con i sindaci (in particolare se leghisti) e sui vari rischi di disordini: «La situazione è davvero al limite, finora sono sbarcati sulle nostre coste 70 mila migranti, (…) la stima entro la fine dell'anno si aggira intorno ai 230 mila», scrive Grazia Longo: «Ma la questione principale, al di là dei numeri, è la sempre maggiore complessità nella sistemazione degli extracomunitari sul nostro territorio nazionale».
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All'esame del ministro ci sarebbero due ipotesi: tendopoli di minori dimensioni e il ricorso alle caserme. Al di là della logistica di primo impatto e degli appelli a Bruxelles, però, occorrerà introdurre una leva civile obbligatoria per le persone migranti adulte e abili al servizio, in un quadro di coordinamento statale di tutto il settore.
Occorre coinvolgere le persone migranti in un processo di apprendimento linguistico, di auto-aiuto e di progressiva integrazione nel tessuto sociale. Il processo d'integrazione, per funzionare, deve potersi esprimere in forme visibilmente utili d'impegno civile. Perciò occorre portare a interagire un "Servizio Civile Nazionale" (ben più massiccio dell'attuale) con un "Servizio Civile Migranti", affinché I numerosi problemi possano semplificarsi ed elidersi a vicenda in una prospettiva di crescita comune, lungo la quale l'emergenza di oggi può divenire governabile. E produrre domani benefici per tutti.
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