sabato 31 ottobre 2015

Franco Astengo: Anticorpi

ANTICORPI TRA QUESTIONE POLITICA E QUESTIONE MORALE di Franco Astengo Adesso sono diventati di moda gli “anticorpi” usati per distinguere tra “Capitale morale” e “Capitale corrotta” (mai Cancogni è stato tanto citato in tempi recenti, a proposito e a sproposito). Ma non passa giorno che la notizia del mattino sia di un arresto, di una retata o una nutrita serie di perquisizioni: Nord e Sud, destra e sinistra, pubblico e privato. La sensazione molto concreta è quella di un paese marcio nel profondo, coinvolgendo in questo giudizio amministratori pubblici, funzionari dello Stato e degli Enti Locali, imprenditori, manager. Un quadro sconsolante che, assieme ad altri fenomeni ben presenti, alimenta un quadro di distacco tra la realtà del lavoro quotidiano e le dinamiche del potere, economico e politico. I risultati sono quelli di una fragilità, di un’incapacità nell’affrontare i grandi temi dello sviluppo, di una diffusa frustrazione sociale alla quale si cerca di rispondere attraverso una propaganda sbruffona e mistificatrice, capace soltanto di nascondere la polvere sotto il tappeto. In passato c’è capitato di analizzare, in molteplici occasioni, il collegamento – costante nel tempo- tra questione politica e questione morale, cercando di segnalare gli elementi di cambiamento che, via, via si presentavano nel dimostrarsi di questo negativo fenomeno che ha informato larghe parti della vita del sistema politico italiano. In principio, almeno dall'affermarsi del primo centrosinistra agli albori degli anni'60, i punti di principali da osservare erano due: quello del cosiddetto “stato duale”, dell'intreccio, cioè, tra poteri dello stato compresi quelli militari oggi apparentemente usciti del tutto di scena, istituzioni e poteri occulti (pensiamo al “caso Solo”, o al “Golpe Borghese” e successivamente alle deviazioni della massoneria, con il fenomeno P2 certificato dal lavoro della Commissione Anselmi e le deviazioni dei servizi in ordine alla “strategia della tensione”); quello delle “tangenti” innescate, in grande stile, da due operazioni concernenti la questione energetica (l'ENI di Mattei e la nazionalizzazione dell'energia elettrica, al riguardo della quale s’innestarono, come conseguenza ovviamente limitata a questo campo di indagine, operazioni rivolte prevalentemente all'industria chimica tali da causare una logica di scambio tra potere politico e potere economico tale da far fallire l'intero comparto: pensiamo ai casi Cefis e Rovelli, poi Gardini, ecc.). Ovviamente erano anche i tempi del finanziamento ai partiti attraverso canali esteri legati alla logica dei grandi blocchi internazionali. Successivamente il quadro dello scambio tra economia e politica si è allargato anche a livello e locale, allo scopo di costruire veri e propri sistemi di potere: pensiamo ai casi Biffi Gentili, a Torino e Teardo, in Liguria, che se analizzati opportunamente a tempo debito avrebbero consentito, probabilmente, di scoperchiare “Tangentopoli” con quindici anni di anticipo. “Tangentopoli”, ovviamente rappresenta il culmine del meccanismo del “rubare per il partito”, cui si era cercato di ovviare con il finanziamento pubblico (1974, promotore Ugo La Malfa, occasione: il primo scandalo dei petroli, tirato fuori da Brusco, Almerighi e Sansa genovesi “pretori d'assalto”). Lo stringersi del consociativismo, l'ingresso in campo della necessità di ricorrere ai grandi mezzi di comunicazione di massa (poniamo ancora una volta in rilievo il ruolo avuto dall'ingresso della televisione privata all'interno di questo meccanismo e del relativo affermarsi della pubblicità in quell'ambito, come maggior fonte di guadagno e di possibilità d'uso per il riciclaggio) rappresentarono le cause principali dell'estrinsecarsi di un fenomeno alla fine rivelatosi del tutto insopportabile. Il rimedio a quello stato di cose si è rivelato peggiore del male: la crescita del tasso di personalizzazione della politica, lo sfrangiamento dei partiti, il fenomeno della globalizzazione crescente in economia (andiamo di corsa, anche se si tratta di fenomeni che meriterebbero ben altri livelli di analisi) hanno portato la logica di scambio tra politica ed economia a livelli di esasperazione mai raggiunti (si vedano, a questo proposito, le statistiche internazionali, in particolare quelle di Trasparency International) e nel clima da “basso impero” affermatosi strada facendo, hanno trasformato il meccanismo della tangente da “rubare per il partito”a “rubare per il singolo politico”; in un Paese dove il contrasto alla criminalità organizzata, nel Sud, si è via, via affievolito, fino a far sì che intere zone siano appannaggio della malavita, ovviamente capace di accostarsi alla politica, eleggere propri deputati, sindaci, consiglieri comunali, regionali e provinciali come si legge dalle cronache di tutti i giorni (ecco un altro aspetto dello “stato duale” che non è preso, a nostro giudizio, nella giusta considerazione: mentre l'altro livello dello “stato occulto” quello del rapporto tra politico e poteri riservati è andato avanti con grande forza: dagli attentati del '92 in avanti. Quello che conta di più è il peso che il livello del rapporto tra istituzioni, potere politico, economia ha avuto nel momento della “grande crisi” determinando assetti, logiche di intervento, dinamiche di impresa, scegliendo collocazioni, esternalizzazioni, scelte determinanti a livello di modello di sviluppo). Adesso ci troviamo già in un terzo stadio. La nuova forma nell'intreccio tra questione morale e questione politica, che lo rende più insidioso, meno visibile e più difficilmente affrontabile risiede nell'insediamento stabile, a tutti i livelli, del “conflitto di interessi”. Fenomeno molto più esteso e complesso di come è stato indicato nel periodo del cosiddetto “ventennio berlusconiano”. Tentiamo ,allora, un’interpretazione possibile, anche se parziale, di questo nuovo sviluppo del tema, partendo dall'allargamento dei termini nelle incompatibilità, a tutti i livelli. Fino a qualche anno fa la possibilità di candidarsi era limitata dalla legge in una certa dimensione: adesso è praticamente saltato tutto, e sono possibili situazioni del tutto impensabili. Ministri che fanno l'assessore, Sindaci che fanno i deputati, Consiglieri Regionali che occupano seggi in Parlamento per mesi prima di sciogliere il nodo dell'opzione; ma è nel rapporto tra pubblico e privato che si notano i fenomeni di maggior peso, in particolare rispetto alle presenze nei consigli di Amministrazione creati dal regime privatistico assunto dalle ex-municipalizzate e soggetti limitrofi. Inoltre sembrano molto vaghe le indicazioni di professionalità richieste per ricoprire incarichi pubblici, di nomina ministeriale ad esempio su indicazione regionale, e sono sempre più frequenti i casi di evidente “familismo amorale”(per dirla con Banfield). “Mafia capitale” nasce utilizzando i varchi che questo tipo di situazione ha aperto: ma è soltanto un esempio, facile da farsi, anche perché adesso il fenomeno si sta evolvendo in una vera e propria farsa dal punto di vista istituzionale. Tornando però al filo più diretto del ragionamento. Nella sostanza ravvisiamo quattro aspetti : quello del rapporto tra politico e istituzionale (abbiamo casi a nostro giudizio di incompatibilità oggettiva, anche ad alto livello sul piano nazionale); quello del rapporto tra istituzionale e settore pubblico dell'economia ( eletti nelle istituzioni che siedono in consigli d'amministrazione di svariato tipo, in particolare di quelli -appunto – dell'ex-settore pubblico, oppure del sistema bancario a controllo e finalità pubblica); quello del rapporto tra istituzionale e settore privato dell'economia (anche qui si tratta di consigli d'amministrazione); quello del rapporto tra settore economico pubblico e settore economico privato (questi casi sono molto numerosi, in particolare in sede locale se pensiamo ad esempio al sistema bancario). Un fenomeno di conflitto d’interessi così ampio e diffuso che diventa una corruzione che si smaterializza, e risulta impalpabile. Perché nelle decisioni prese in conflitto d'interesse non c'è più uno scambio visibile tra corrotto e corruttore, non ci sono più tangenti che passano di tasca in tasca. E' come se corrotto e corruttore coincidessero nella medesima persona, dunque non è necessario alcun passaggio di denaro tra i due..”. In questo modo appare evidente il contributo della corruzione diffusa all’allargamento delle diseguaglianze sociali, all’affossamento dello Stato sociale, all’impossibilità di governare il territorio fuori dall’ambito speculativo. Proprio perché è l’ambito meramente speculativo insito nella logica di un conflitto d’interessi teso esclusivamente all’accaparramento da parte dei gruppi di potere quello nel quale la corruzione sviluppa il suo massimo impatto. Il quadro complessivo rimane comunque quello dello stato “duale” e del rapporto fra questo e l’imprenditoria “privata”: il tema è quello dei poteri occulti, della massoneria (denunciato senza risposta da De Bortoli nel momento del suo addio al “Corriere”) delle cordate P2, P3, fuori e dentro il Parlamento, fuori e dentro i consigli d’amministrazione (ritorna a questo punto il già più volte citato sistema bancario quasi funzionasse da anello di congiunzione). Affrontare di nuovo il rapporto tra questione politica e questione morale quale fondamento di una ridefinizione di modelli di comportamento, di costume, di limitazione del perimetro possibile d’intervento della corruzione, favorendo una rigida e severa distinzione di ruoli e una ripresa d’iniziativa pubblica sui temi dell’economia, potrebbe rappresentare una prima traccia di lavoro per la definizione di un progetto di alternativa. A questo quadro si intreccia anche quello riguardante la necessità di opporsi ai progetti di riforma elettorale e costituzionale dal cui malefico intreccio sortirà una repubblica presidenziale “de facto”posta in una condizione di eterna campagna elettorale attraverso la costruzione di cordate e “cerchi magici” facilmente infiltrabili dal malaffare arrivistico, come sempre avviene nei casi di esplicitazione governistica della personalizzazione delle politica, in assenza di soggetti politici collettivi operanti in una quadro realisticamente democratico. Quadro democratico ormai in via di totale estinzione. Non ci si può però arrendersi al considerare come esaustivo dell’opposizione il ruolo di supplenza spesso esercitato dalla Magistratura (sottoposta nel frattempo ad un furibondo attacco da parte di chi detiene poteri statuali in una concezione vieppiù totalitaristica). C’è molto da monitorare e da studiare sull’evoluzione dell’insieme dei rapporti politici, economici e sociali per far uscire, prima di tutto, la società italiana dalla spirale dell’individualismo consumistico e recuperare appieno un senso concretamente “morale” del collettivo, con la coscienza piena di comprendere la realtà drammatica dell’approfondirsi delle dinamiche di diseguaglianza intese come vera e propria “catastrofe sociale”,

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