martedì 20 ottobre 2015

Francesco Somaini: Sul caso De Luca

L'articolo 21 della Costituzione (la bistrattata Costituzione) sancisce il principio della libertà di espressione. Esso traduce in norma la nota massima, attribuita impropriamente a Voltaire, del "non condivido una parola di quello che dici, ma sono pronto a dare la vita perchè tu lo possa dire". D'altro canto l'articolo 414 del Codice Penale prevede, al comma 1, il reato di apologia di reato (o meglio di apologia di delitto), mentre al comma 2 prevede il reato di istigazione a delinquere. Nel caso De Luca si è evidentemente ritenuto che non vi fossero gli estremi per l'istigazione a delinquere. L'istigazione a delinquere si ha infatti quando uno induce (o addirittura determina) un comportamento delittuoso da parte di un terzo. Se durante una rissa, ad esempio, io incito uno dei partecipanti a colpire un altro ("Colpiscilo! Ammazzalo! Fallo secco!"), commetto istigazione a delinquere. Se in un comizio sobillo la folla a compiere un reato ("Andate dagli zingari e bruciate il campo nomadi!)", commetto istigazione a delinquere. E devo risponderne penalmente. Erri De Luca non avrebbe compiuto istigazione a delinquere (e io sono d'accordo), ma pare difficile sostenere che egli non abbia commesso apologia di reato. De Luca stesso ha infatti rivendicato, anche nel processo, il suo diritto di contestare radicalmente la TAV e di incitare e predicare il sabotaggio dei cantieri. AI sensi dell'articolo 414 comma 1 De Luca, dunque, secondo me doveva essere condannato. Personalmente io considero in realtà un abominio il concetto stesso di apologia di reato. Esso infatti (così come l'apologia di Fascismo, sancita da un'altra legge) assomiglia molto al reato di opinione. E come tale mi pare contrario alla lettera e allo spirito della Costituzione. La Costituzione è più importante del Codice Penale. Essa garantisce a tutti il diritto di pensare e dire quello che vogliono (per lo meno finché questo non si traduce in comportamenti illegittimi verso terzi, con il che si ricade però nell'istigazione a delinquere, o nel reato di diffamazione o in altre fattispecie delittuose). Uno, insomma, deve poter esprimere il proprio pensiero come meglio crede. Il comma 1 dell'art. 414 sull'apologia di reato cozza con questo principio, e per questo, secondo me, quel comma è incostituzionale. Esso dunque andrebbe abolito. Il punto però è che quella legge (ancorché ingiusta) c'è. E le leggi, finché sono in vigore, vanno applicate. La sentenza De Luca invece, mandando l'imputato assolto, ha di fatto, a mio avviso, disapplicato una legge : una legge, ho già detto, che io considero ingiusta e che andrebbe a mio avviso abrogata perché contraria alla Costituzione. Ma pur sempre una legge. Naturalmente bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza per capire cosa abbia ispirato la decisione dei giudici di Torino, ma se assumiamo questo punto (e cioè che una legge esistente non è stata applicata), non c'è da essere particolarmente fieri di quanto accaduto. Oggi infatti De Luca viene assolto. Ma domani un povero Cristo, magari meno famoso di lui, potrà essere condannato solo per aver espresso le proprie opinioni (per quanto sbagliate, o perfino aberranti, quelle opinioni possano magari apparire ai nostri occhi). Io intravedo in tutto questo il rischio di una democrazia di Pulcinella. E una democrazia di Pulcinella, a me pare, non è una democrazia di cui andare troppo fieri.

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