sabato 24 ottobre 2015

Franco Astengo: Spazi politici

SPAZI POLITICI di Franco Astengo Una nota firmata da Paolo Franchi e apparsa sul Corriere della Sera del 22 Ottobre affronta il tema del riallineamento in atto nel sistema politico italiano. I punti di fondo sostenuti in questo testo possono essere così sommariamente riassunti: prima di tutto si nota che, dal punto di vista politico, si può parlare nella situazione italiana di una fuoriuscita dal bipolarismo malato che ha resistito negli ultimi 20 anni. Ciò significa, almeno dal nostro punto di vista, che viene recitato il “de profundis” del centro – sinistra, definendo diversamente il ruolo del PD nel contesto dell’intero sistema e mandando in crisi i tentativi di giudicare caso per caso la prospettiva delle elezioni amministrative di primavera nel tentativo di resuscitare, come intenderebbe fare SeL, quel tipo di schieramento in alcune delle principali Città dove si voterà nella primavera del 2016. Sempre secondo Franchi (ed è questo il secondo punto di riferimento sostenuto nell’articolo) il confronto è ormai, auspice anche la prospettiva dell’Italikum con il ballottaggio di lista, tra il “populismo dall’alto” praticato dal PD o meglio dal “clan” di arrampicatori sociali che dirige quel partito, e il “populismo dal basso” gestito attraverso il web dal M5S. Il tutto realizzato attraverso l’esposizione di contenuti virtuali di tipo trasversale rispetto alla destra e alla sinistra tradizionale. Uno scenario del tutto plausibile quello disegnato da Franchi, se lo valutiamo rispetto alle stime correnti dell’opinione prevalente a livello di larghe masse, influenzate soprattutto dalla televisione (l’opinione politica dei cittadini si forma ancora all’80% attraverso quel mezzo di comunicazione). Uno scenario che, appunto, prevede nella trasversalità delle espressioni da parte dei contendenti la messa da parte, dal punto di vista della rappresentanza politica di tutti coloro che non lo condividono per ragioni di carattere ideologico, culturale, politico, di collocazione sociale. I fattori dell’ideologia, dell’appartenenza politica, dell’espressione culturale, della collocazione sociale appaiono ormai del tutto trascurati: anzi si pensa che i cittadini liberati da tutto questo ciarpame, da laccia lacciuoli sapranno esprimersi al meglio soprattutto nella capacità di interpretare il ruolo di ritorno di sudditi assolutamente consenzienti. Se questo è l’orientamento dei principali contendenti politici (trascurato completamente lo scenario internazionale che pare non interessare più di tanto entrambi, se non per essere utilizzato come fattore di propaganda, in particolare di tipo nazionalista – bellicista da parte del PD) appare evidente che le sacche complessive di disaffezione si allargheranno e che la conseguente “esclusione” dalla politica corrisponderà a un’esclusione di tipo sociale: a ciò si punta, da parte del potere trasversale ormai costituito in Regime, attraverso l’allargamento delle diseguaglianze (fattore escludente di per sé) e la resa impervia, quasi impossibile, dell’accesso alle principali forme d’inclusione sociale e culturale: scuola, sanità, ruolo delle comunità locali. Si evidenzia in questo modo l’esistenza di un vasto spazio a sinistra: un giudizio che si può esprimere senz’alcun ottimismo di facciata, considerando invece con attenzione le difficoltà che derivano nell’occupazione di questo spazio prima di tutto dall’assoluta marginalizzazione per tutti quelli che risultano “fuori dal coro” rispetto alla possibilità d’uso dei grandi mezzi di comunicazione di massa. Questa difficoltà però può essere affrontata (non certo automaticamente superata, ma almeno affrontata) cercando di rovesciare l’impostazione dominante dell’agire politico: si tratterebbe di ritornare a forme d’iniziativa politica radicate nella società, espressione di bisogni reali e di riconoscimento della condizione sociale dei diversi ceti da organizzarsi in un soggetto politico da dotare prima di tutto del gramsciano “senso della storia” e, assieme, di un’adeguata struttura organizzativa non fossilizzata sul recupero di gerarchie obsolete, ma forte di una capacità d’innovazione pur legata alla storia del movimento operaio. Si tratta di prendere i capisaldi del nuovo populismo, quello dall’alto e quello dal basso, e rovesciarli in una serie di punti progettuali legati assieme da un’idea fondativa di nuovo rapporto tra politica e destino, nella ricerca – sempre – di un orientamento di fondo, di una finalità decisiva non limitata all’oggi e alla governabilità spicciola da esercitarsi in maniera intercambiabile tra compari interni allo stesso sistema (che poi altro non è che quello che giudica la sopraffazione capitalistica ineludibile ed eterna). Ne deriverebbe un’originale qualità della “rappresentanza politica”. Perché è proprio l’abolizione del concetto di rappresentanza politica, e la sua sostituzione definitiva con le espressioni dell’individualismo di massa (altro punto davvero comune tra PD e M5S), l’obiettivo di questi sostenitori del definitivo superamento della finalità storica dell’agire politico. Può essere dunque lo spazio della rappresentanza l’area di intervento di una nuova sinistra, al riguardo della costruzione della quale andrebbe intrapresa la difficile strada di una ricostruzione (e non di una rifondazione) prima di tutto posta sul piano teorico. Si tratta di affrontare preparando un progetto organico quella che appare proprio essere la “società del caos”. Senza trascurare, ovviamente, l’iniziativa politica immediata: quella dell’opposizione all’aquila bicipite della conservazione capitalista.

3 commenti:

claudio ha detto...

certo che gli spazi ci sono, ma i potenziali occupanti e gestori sono assolutamente screditati da decenni di personalismi, e da una cultura verbosa , arretrata e lontanissima non solo da proposte praticabili ma anche dall’uso dei mezzi per avanzarle. Resta solo la speranza di un nuovo 68 con gli smartphone, e l’utilizzo della potenza dei nuovi mezzi di comunicazione come arma di combattimento sociale e politico. Ma con l’emergere di leader assolutamente nuovi. Tanto per fare un esempio, Torino non è più la città dei 120.000 dipendenti FIAT: non arrivano a 12.000 su cui continuano a fare inascoltata retorica sindacati e politici di estrema.E’ la città dei 120.000 studenti universitari, che con le tasse che pagano frequentano tutti, e di loro quasi 15.000 son stranieri: può nascere un nuovo internazionalismo dei clerici vagantes, perchè sono migliaia i giovani torinesi che studiano, insegnano e lavorano in Europa e USA. Ci sono i mezzi per comunicare e il nuovo latino, l’inglese: a economia e ingegneria ci sono corsi di laurea solo in inglese.

alberto ha detto...

caro Claudio , la ipotetica speranza di un nuovo ‘68 non appartiene solo al nostro paese, ma ad un , oggi improbabile, movimento che interessi tutto il mondo moderno perchè se interessasse solo il nostro paese non avrebbe rilevanza ne potere alcuno. Io credo pero, per restare al nostro paese, che esiste uno spazio, ma a condizione che si ritorni ad una sinistra positiva. Una sinistra di proposta politica e culturale che la smetta di guardare a situazioni che o sono marginali o che non esistono più. Una sinistra che non viva continuamente solo del giocare a rimpiattino sulle proposte altrui, ma che che ne abbia sue proprie capaci di attrarre consenso attorno a se. Insomma : l’entusiasmo di un Renzi con però una cultura e valori di sinistra.
Un caro saluto

salvatore ha detto...

OK, Claudio e Alberto, capisco ciò che dite e ne condivido lo spirito, però vi invito a non lasciar cadere nel vuoto quello che Franco diceva: proprio a partire dai comitati per il NO adesso si potrebbe tornare a parlare di contenuti concreti e valori per una nuova Sinistra.

Se la campagna sarà solo "cambiamento SI, cambiamento NO", allora saremo fregati: prevarrà l'idea che cambiare è sempre positivo e non cambiare è sempre negativo.

Siccome però io credo che ci siano cambiamenti positivi e cambiamenti negativi, così come ci sono cose da non cambiare e altre da cambiare, credo che i comitati per il NO saranno l'occasione per spiegare alle persone perché votare NO a questa proposta di riforma e nello stesso tempo che disegno di società c'è dietro la Costituzione del '48 (disegno da difendere!) e quali cambiamenti si possono introdurre nella Costituzione affinché si renda più concreto ed efficace quel disegno. Come nel 1981 fu detto per la prima volta da Craxi, la Costituzione non è un tabù, si può ragionare per migliorare alcuni aspetti di organizzazione dello stato, ad esempio il bicameralismo perfetto potrebbe benissimo essere eliminato, ma ciò non deve significare necessariamente gettar via il principio della forma repubblicana parlamentare o il principio della rappresentanza!

In Conclusione, credo che la Costituzione potrebbe essere il vessillo per parlare di "valori di sinistra" in un modo moderno e senza i personalismi dei soliti leader impresentabili!