giovedì 18 ottobre 2012

francesco somaini: dialogo tra socialisti sulle primarie

DIALOGO TRA 7 SOCIALISTI SULLE PRIMARIE DEL CENTRO-SINISTRA. Socialista 1: - “Un socialista! Candidiamo Spini o un altro nostro compagno! Che si veda, in ogni caso, che se nessuno osa apertamente pronunciarsi per il Socialismo Europeo, esiste almeno un’area socialista in grado di farsi sentire, fosse anche solo come testimonianza!” Socialista 2: - “No! Appoggiamo Bersani, e riportiamo una presenza socialista in Parlamento!”. Socialista 3: - “Vendola! Vendola! Così spostiamo a Sinistra l’asse della coalizione! Il suo outing socialista verrà poi!”. Socialista 4: - “Renzi! Così si sfascia il PD, e si rimette tutto in movimento!”. Socialista 5: - “Dialogare con quelli di ALBA e farli entrare nella coalizione!”. Socialista 6: - "La FED! Ferrero! Apriamo su Ferrero!!!" Socialista 7: - “Le primarie? Io pensavo di starmene a casa". Il frazionismo. Tara storica del Socialismo italiano. Un saluto, Francesco Somaini

34 commenti:

dani ha detto...

Genialmente veritiero!

lanfranco ha detto...

Francesco non è un problema di frazionismo. ma il fatto che la parola
socia lista nel senso in cui tu l'hai usata ha solo un riferimento
biografico privo di contenuti politici. La prova è nelle 7
proposizioni politiche che tu hai esemplificato, che superano le 2 o
3 che troveresti in un partito politico ,anche sfrangiato come sono
quelli di ora. Lanfranco

franco ha detto...

Quesito rivolto non soltanto ai socialisti, ovviamente: sarà possibile superare l'esaustivo riferimento alla propria biografia? Le primarie sembrano proprio lo strumento più adatto ad esaltarle, quelle dei candidati e quelle degli elettori. Grazie Franco Astengo

francesco ha detto...

Non sono d’accordo, caro Lanfranco.

Quei 7 socialisti immaginari non sono uniti solo dal passato
biografico. Anzi, dal dialoghetto non c’è nulla che ti dica che quei 7
personaggi di fantasia siano tutti stati iscritti al vecchio PSI.
Sono socialisti di oggi (non di ieri), e che hanno in definitiva
aspirazioni condivise (nel senso prima di tutto di provare un forte
disagio rispetto al fatto di vivere in un Paese in cui un grande
partito socialista, che esprima in modo forte e chiaro delle posizioni
e una progettualità politica di Sinistra ahimè, non ci sta).

Il problema, quindi, è proprio quello di fare uno sforzo perchè quei
7 socialisti immaginari, anziché parlare con 7 voci diverse, e
andarsene ognuno per conto proprio, perseguendo un suo piccolo disegno
politico (più o meno cervellotico) verso il Socialismo, riescano invece
a parlare con una voce sola (sia pure con accenti diversi, così da non
perdere quell’elemento di ricchezza che può derivare dall’essere in
grado di esprimere sensibilità differenti).

Questo infatti li metterebbe nella condizione di farsi meglio
sentire. Viceversa si condannano tutti e 7 all’irrilevanza.
Un saluto,
Francesco.

f. ha detto...

Caro Francesco allora bisogna ragionare più "in grande" e con lo "sguardo
lungo" proprio perché - organizzativamente, se si può dire – tanto piccoli.
Occorre uscire dalla mera riproposizione-rappresentazione-rappresentanza di
quanto era nel PSI più o meno a sinistra di Craxi. Oggi, anche – ma non solo –
perché non c'è più l'Unione sovietica, bisognerebbe "rifare Livorno" e – per
intenderci – "rimettere insieme Gramsci e Turati". Operazione, d'altra parte
già prospettata nel '68 da un grande intelletteutale marxista quale era Galvano
Della Volpe, che teorizzava la necessità storico-teorica di costruire, in
Italia e non solo, una grande «socialdemocrazia dinamica» (si noti tanto il
sostantivo quanto l'aggettivo – non meno importante) che superasse
definitivamente tanto la tradizione comunista terzinternazionalista ecc. quanto
quella "meramente" socialdemocratica allora prevalente in Germania e in Europa,
definita da lui «statica»: perché chiusa, pregiudizialmente e
programmaticamente, entro le colonne d'Ercole, entro il recinto, del
capitalismo, sia pure "democratizzato". E, si badi, allora eravamo alla fine di
un lungo ciclo economico-sociale di sviluppo e di crescita. Oggi, come è
evidente, lo scenario economico europeo e planetario è completamente cambiato e
pretende un "di più" di politiche complessive di socializzazione democratica,
di «socialdemocrazia dinamica» appunto. Un saluto f.

pier paolo ha detto...

Con amarezza, ti devo dire che il fallimento - che risale ormai a
qualche anno fa - della Costituente Socialista ha dimostrato che, per
dare all'Italia un partito socialista di stampo europeo, abbiamo bisogno
del famigerato "Papa straniero".
Io spero che l'occasione che consentirà alla sinistra italiana di
parlare con una voce unica siano le primarie del PSE per la designazione
del candidato socialista alla presidenza della Commissione Europea (di
cui temo molti di voi non abbiano mai sentito parlare).
Il processo delle primarie inizierà, con la presentazione delle
candidature, già nell'autunno del 2013, quindi ci siamo quasi.
E se non ce la si fa nemmeno quando si tratta di ragionare sul futuro
dell'Europa, temo che non ci si riuscirà mai.
La ragione mi dice che, quando l'albero dell'evoluzione inizia a
ramificarsi, quelle che emergono sono specie del tutto diverse tra loro...

Pierpaolo Pecchiari

Circolo Rosselli Milano ha detto...

Il "pse italiano" di d'alema:
tocca leggere una cosa così (redazionale di Pubblico) : è mai possibile???

http://pubblicogiornale.it/politica/massimo-dalema-se-vince-renzi-faccio-un-partito/

...<< Perché la strada, la sua strada, Massimo D’Alema l’ha già tracciata.
Se vince Bersani, come ha spiegato prima a Lilli Gruber su La7 e poi in un’intervista
all’Unità, si farà da parte e non chiederà la deroga per essere ricandidato.
Ma la traduzione di quello che può voler dire «la guerra in caso di vittoria
di Renzi» quella no, s’è limitato a disegnarla di fronte a un ristrettissimo
numero di amici e compagni. Con un ragionamento semplicissimo: «Se Renzi
vincesse le primarie, il Pd morirebbe un secondo dopo. Io, per esempio, me
ne andrei. E lavorerei alla costruzione di un’altra forza politica…». Quale
forza politica è evidente. La stessa che i dalemiani, sul territorio,
chiamano «il Pse italiano». Nessuno di quelli che hanno raccolto le sue
confidenze l’ha scambiato per uno sfogo estemporaneo.>> ....


ciao a tutti,
sandra d'alessandro

giovanni ha detto...

avevano bisogno di renzi, per pensarci?

luigi ha detto...

Ecco, ragionare più in grande e nell'ottica della ricomposizione
della sinistra, da intendere come .
Per quanto "rifare Livorno" abbiamo tentato di ripensaci e ci sono
gli atti del convegno che lo attestano.
Ma tutti i tentativi di "rimettere insieme Gramsci e Turati" sembrano
destinati al fallimento perché tanto i superstiti comunisti tanto i
socialisti sembrano intenzionati a cercare la soluzione all'interno
del recinto dei sopravissuti.
Personalmente non mi stanco di andare oltre questo steccato più che
altro psicologico, in cerca di rivincite, perché tutte le volte che
ho cercato di verificare il "profilo identitario" da cui partire
tutti assieme socialisti e sinistra anche comunista, non sono mai
riuscito a trovare coralità d'intenti, nemmeno a dire il vero un
minimo sufficiente di consensi. Vedi l'ultimo tentativo a Genova con
il mio librino "Il Lavoro stella polare della sinistra", con la
proposta di organizzare un movimento nazionale "Lavoro Giustizia e
Libertà inequivocabilmente socialista ma con possibilità di
includere anche compagne e compagni di sinistra ma anche tanti che
non vanno più a votare giovani e meno giovani. C'è in atto la
sindrome di Penelope che impedisce di finire la tela aspettando ...
Ulisse.
Anche io ho la mia sindrome quella di Diogene ... e continuo la
ricerca.
Un dialoganti fraterno socialista saluto.
Luigi

giovanni b. ha detto...

Forse l'errore che ha impedito uno sviluppo soddisfacente del GDV sta proprio nell'essersi rivolto ai socialisti "ovunque essi siano", anziché ai socialisti "che la pensano così", scrivendo documenti ancor più chiari e meglio motivati. Io a suo tempo chiesi solo chiarimenti relativamente ai ex socialisti ormai militanti nella destra, ma col passare del tempo mi sono convinto che quel genere di apertura sia stato un errore. Un'opzione politica, così come un movimento politico devono avere dei confini, nitidamente segnati, caparbiamente difesi e modificabili solo a seguito di valutazioni forti e approfondite. Questo non vuol dire essere chiusi alla valutazione di nuove opzioni e proposte, ma rendere esplicita e definita la propria identità. Cari saluti. Giovanni Baccalini

fabio ha detto...

E se Renzi non vince ma ottiene comunque un buon risultato ,quella esigenza
viene meno?

Se lui e tutto il resto dei suoi sostenitori interni ed esterni, rimarranno
comunque nel partito,

forse che riportare alla "normalità" il paese, renderlo cioè simile agli
altri paesi europei

dove sono forti e presenti partiti che si rifanno alla tradizione
socialista, diviene necessità meno impellente?

Perchè, visto che i DS erano iscritti al PSE ( se pur con scarsa
convinzione), si preferì scioglierli, anzichè,

come gruppo dirigente soprattutto, procedere con maggior convinzione, verso
la correzione,

la maturazione, in senso socialista, della cultura e della prassi politica
di quel partito?

Si preferì, D'Alema su tutti, confluire nel vuoto contenitore del PD,prima
di assumersi certe responsabilità.

Ricordo che proprio D'Alema nel 2007, all'ultimo consiglio nazionale dei DS
prima dello scioglimento al congresso di Firenze,

a chi gli fece notare che con tale atto si sarebbe comunque perso in Italia
un importante riferimento

del PSE in previsione della nascita del PD, rispose :" ...noi non siamo
riusciti a diventare socialisti o socialdemocratici ,

eravamo e siamo rimasti culturalmente dei comunisti, come possiamo chiedere
allora proprio noi a Rutelli e Marini di esserlo.."

Quest'uomo non è credibile( anche e soprattutto quando in nome e per conto
del PSE o dell'IS assume incarichi !!!!).

Fabio Mischi

roel ha detto...

A proposito di Martelloni.
personalmente ritengo che non sia questione di denominazioni, nè che sia
necessario il recupero di Della Volpe. Anch'io ho le mie preferenze, per cui
vedo bene parlare di "Socialismo libertario e umanitario" che, nella sua
sintetica espressione, pone al centro l'uomo con i suoi valori, i suoi diritti
e i suoi bisogni, da ricercare e realizzare nel rispetto della sua libertà, nei
confronti della quale sono molti gli autori cosiddetti marxisti-filostalinisti
che hanno nicchiato, in nome dell'onnipotente "realismo" che per vari decenni
ha dominato anche sull'arte, spesso per asservire anche la creatività al
"realismo politico", tanto in voga un tempo quanto il "socialismo reale"
totalitario e libertcida.
Per quanto riguarda l'accenno a candidature, ritengo che bisogna evitare di
riportare in auge vecchi arnesi che con Craxi portarono il PSI allo sfascio.
Questo vale ancora di più quando si tratta di "socialardi" che, dopo aver fatto
carriera e costruito posizioni enche economiche nel PSI, lo abbandonarono
reciclandosi come camaleonti presso altri partiti che li accolsero per
utilizzare i loro consensi clientelari. Un saluto, Roel.

giovanni b. ha detto...

Caro Fasce, io non sarei disponibile ad un'esperienza che tentasse di
"rimettere insieme Gramsci e Turati". Sono stato di recente ad un dibattito
per la presentazione a Milano di un libro di Giuseppe Averardi dal titolo
"Togliatti addio". Una rinascita della sinistra italiana non che può partire
da un altro titolo "Gramsci e Togliatti addio". E questo non solo perché
chi ha avuto storicamente torto non può essere messo sullo stesso piano di
chi ha avuto storicamente ragione, ma soprattutto perché io reputo Gramsci
il vero responsabile della tragedia della sinistra italiana. Togliatti ha
saputo compiere il miracolo di rendere il PCI egemone nella sinistra,
partendo da posizioni e tradizioni molto meno significative di quelle su cui
questi ultimi potevano contare. Tutto ciò è stato possibile a Togliatti per
gli errori dei socialisti, soprattutto per la scelta del fronte popolare
quando sarebbe stato intelligente e doveroso allinearsi alle scelte delle
socialdemocrazie europee, ma soprattutto grazie all'elaborazione gramsciana
della teoria e della pratica dell'egemonia, che la ha resa possibile e che
ha originato l'insofferenza verbalmente violenta di Gramsci e poi dei
militanti del PCI per i più prossimi concorrenti del PCI stesso. Si è
trattato di una vicenda storica che si risolverà con la scomparsa per merito
del tempo di coloro che hanno direttamente vissuto le esperienze dei due
partiti della sinistra italiana. Cari saluti. Giovanni Baccalini

guido ha detto...

Caro Giovanni, come sempre hai da insegnare. A me stringe molto il cuore
quando penso alle castronerie fatte dai socialisti per ragioni ideologiche.
Luciano Cavalli mi ricordava che subito dopo la guerra molti nel PSI
favorirono la vendita dei beni del partito certi che la rivoluzione fosse
imminente, mentre Togliatti che sapeva che non sarebbe potuto accadere per
gli accordi di Yalta (che peraltro tutti potevano leggere) ramazzava tutte
le ex Case del Fascio trasformate in Case del Popolo. Ma siamo stati tutti
ideologi sbagliati,qualche volta almeno; la lucidità è difficile. Quando ero
in USA gridavo con tutti nella sinistra dei campus, "hey hey LbJ how many
children did you kill today". JFK aveva abbagliato tutti e LBJ sembrava un
rozzo texano. Ma poi due anni fa sono andato a visitare il ranch vicino a
Austin, nell'area in cui LBJ era cresciuto e dove passava molto più tempo
che a Washington, e ho sentito alcune delle registrazioni (che LBJ ha donato
interamente, non come Nixon che le nascondeva) in cui da grande politicos
strizzava le palle ai suoi co-rappresentanti texani perché gli votassero le
leggi in favore delle scuole per neri e latini. Che Johnson, data l'ampiezza
delle riforme e l'impatto sia stato uno dei più grandi leader
socialdemocratici del xx secolo, si sapeva, ma mi mancava l'elemento umano
sepolto sotto il kennedysmo di un giovane adulto capitato nel 1962 in
America. Se i socialisti fossero stati più lucidi e meno arroganti, dopo
l'89 avrebbero ramazzato dal PCI in crisi tutti quei voti che gli servivano
per diventare un sostanzioso partito socialdemocratico (termine che
ricorderete era denigratorio) europeo. Invece no la leadership del PSI di
allora si sollazzò a mitragliare in mezzo al guado quelli che allora
cercavano di attraversare il fiume. E così ancora oggi troviamo le tracce di
questo scontro idiota, che come dici tu scomparirà solo con i protagonisti
generazionali (sperando che non sia già stato trasmesso). Sono rimasto
letteralmente senza fiato nel leggere che uno studioso raffinato come Beppe
Vacca, si può permettere tranquillamente di dire che se Renzi viene eletto
segretario verrà rigettato dall'apparato di partito. E' impressionante come
Vacca non si renda conto della gravità di quello che dice: solo in una
cultura permeata di stalinismo fino all'ultimo neurone si può minacciare la
volontà di elettori e simpatizzanti con le ragioni dell'apparato. Ma che
razza di sepolcri imbiancati sono, dal punto di vista del credo democratico,
costoro che prima lanciano le primarie e poi ne negano l'essenza? Non ce
l'ho particolarmente con Vacca che è un amico che stimo, anche se mi spiace
che abbia prestato la sua voce a questi pensieri, ma con la cultura che sta
dietro, la cultura di un apparato che si nutre delle proprie interiora e
vede il mondo attraverso il proprio ombelico e che poi rimane sempre con
l'occhio dello stupore quando crescono gli astenuti, i dipietristi, i
grillini e i renziani. G

Guido Martinotti

luigi ha detto...

Caro Giovanni,
tutto quello che avevo da dire di male di Gramsci l''ho detto in
occasione del convegno di Livorno del febbraio 2011, citando le su
stesse parole per l'occasione della scissione del '21 e ci sono gli
atti anche cartacei che lo tesimoniano.
Spiace che tu serio e coerente compagno non colga che i due
riferimenti vanno ben oltre alle rispettive toorizzazioni, l'uno
gradualista per il raggiungimento del mondo socialista (basta col
termine riformismo) l'altro rivoluzionario qui ed ora per il
socialismo (alla URSS). Ora siamo tutti nei guai, ha stravinto il
capitalismo mondializzato, quello che vuole fare diventare il 99%
delle persone di questo mondo proletari da sfruttare a piacimento.
Ha sbagliato il sistema comunista, ha tradito la socialdemocrazia
europea di fine novecento che al momento non ha ancora fatto
lnversione a u che dopo il 2008 era indispensabile per il ritorno al
modello economico "socialdemocratico" quello anche giuridicamente
sancito al supremo livello dalla nostra costituzione italiana.
Mi vuoi dire che i compagni di base del fù PCI in perfetta buona
buona rimasti irretiti nel liberismo-teocon, così come sono stati
irretiti i compagni socialisti in tutta Europa, non dovrebbero
ritrovarsi tutti quanti uniti quanto prima in uno stesso partito ?
E' ora di ricostruire il nuovo partito della sinistra socialista su
basi ideali comuni, a cominciare dalla Costituzione, per i beni
pubblici, ecologia, cooperazione internazionale, primato in
definitiva della politica di sinistra sul "finanzcapitalismo
plutocratico".
Però se l'oppressione del finanzcapitalismo persiste con le
devastanti conseguenze sociali (Grecia insegna ! ma nessun sostegno
nè politico nè economico arriva dal PSE) i moti di piazza si
ptrebbero trasformare in rivoluzione armata e non è detto che sia di
sinistra.
Prima però riproviamo ancora con il metodo democratico, prima con le
elezioni politiche nel 2013 e poi con le elezioni europee nel 2014.
Un fraterno dialogante socialista saluto.
Luigi Fasce

sergio ha detto...

Lo tentò perfino CRAXI che dichiarò che fra i personaggi del panteon
socialista vi erano entrambi!

Ciao
Sergio Tremolada

felice ha detto...

Tutto è possibile dopo le ultime vicende delle primarie.
. Quando la sinistra è convinta di vincere fa errori madornali, che
compromettono la vittoria. Questa competizione a 4 si sta polarizzando su 2.
Il
suo risultato non è il miglior candidato del centro sinistra, ma se ci sarà o
no un centro sinistra. Bersani e Renzi rappresentano 2 LINEE ALTERNATIVE.
Vendola è stato chiaro se vince Renzi l'accordo siglato non c'è più.
In questa situazione si dovevano fare delle primarie di solo PD e dopo della
coalizione proposta dal vincitore. Per Renzi già costringere al ballottaggio
è
una mezza vittoria e più sarà ristretto il margine più sarà negativo
l'effetto
politico. L'agenda è quella di Renzi: la rottamazione ha tenuto campo ed ora
saranno le Cayman e le regole delle primarie. Con la legge elettorale in
preparazione dal porcellum al vaccarellum per sintetizzare, PD-PSI- SEL non
hanno la maggioranza e non credo che basti l'UDC, ma di più, quanti saranno i
parlamentari renziani? E i margheriti/popolari che Bersani si deve caricare?
Mica sono stupidi da mettersi con Renzi, che li vuole rottamare, ma Bersani
PAGHERà UN PREZZO A CHI NON GLI PORTA VOTI. La presenza di Vendola al primo
turno aumenta una partecipazione di sinistra, non interessata a un duello
interno al PD, ma non porta voti a Bersani, quando lo scontro decisivo è
quello
tra Renzi e Bersani. Penso che sia chiaro a tutti che se Renzi arriva in
testa
e Bersani vince soltanto al secondo turno grazie al riporto dei voti
vendoliani, è quello che si chiama il bacio della morte. D'Alema si prepara
una via d'uscita, in fin dei conti arriva con un ritardo di \15 anni, perché
questo è il progetto annunciato agli Stati Generali della Sinistra nel
febbraio 1998. D'Alema si è anche ricordato di essere presidente della FEPS.
Quindi se non ora quando? Se non per lui, per chi dovrebbe suonare la
campana?
Non c'è da stare allegri.

felice ha detto...

non mi sembra che nel GdV siano arrivati socialisti dalla destra, che l'hanno
depotenziato. Nessun aderente al polo avrebbe potuto riconoscersi nel Manifesto
di Volpedo. Anzi uno dei fondatori del GdV se ne è andato con il polo e ha
lasciato il GdV. questi son fatti e non ipotesi

martelloni ha detto...

Cari compagni, tra il '21 e il '37 – come certo sapete – si danno, in 17 anni,
fascismo, nazismo, stalinismo, guerra di Spagna, e... i «quaderni del carcere».
Mi pare dunque che Fasce guardi, più utilmente, molto più lontano

marilena ha detto...

Concordo con Luigi e Felice. Se un tentativo bisogna fare, al di là dei se e
dei ma, è proprio questo. Uniti si può vincere, divisi mai. L'esperienza
delle primarie e della campagna elettorale per Pisapia a Milano mi ha insegnato
proprio questo, che sul campo e con un obiettivo comune (che era quello di
portare alla vittoria non un sindaco solo, ma un sindaco progressista con TUTTA
la cittadinanza finalmente) siamo riusciti a lavorare, e bene, fra socialisti,
ex comunisti, comunisti attuali, moderati cattolici e anche liberali, senza
beghe di appartenenza politica presente o passata.
Io non sono una fine intellettuale, nè una fine studiosa di storia o di
legislazione, ma sono stata coinvolta in prima persona in questo laboratorio
politico che viene ancora studiato non solo in Italia, ma addirittura
oltreoceano, e che ha già fatto pubblicare 6 libri sul tema, scritti anche da
fini intellettuali...

Marilena

luciano ha detto...

Sono d'accordo con Giovanni.
Mettere insieme Gramsci e Turati che significa ? A che serve ?
Se subissi il fascino della "notte in cui tutte le vacche sono nere" sarei
rimasto nei DS sciogliendomi anch'io nel Pd.
Turatiano, ma anche gramsciano. Laico, ma anche clericale. Socialista, ma
anche liberista.
Senza passato, ma anche - come si è visto - senza futuro.
L'impressione è che ci si stia avvitando in traiettorie circolari, in un
gioco dell'oca che riporta sempre al punto di partenza.
Con il passaggio dal Pci-Pds ai DS si era già approdati 15 anni fa in modo
solenne al riconoscimento che, sul piano storico, avevano avuto ragione i
socialisti.
Che il comunismo era stato un errore e la sua realizzazione una tragedia.
L'unità tra compagni ex-pci ed ex-psi era già stata fatta allora, su basi di
chiarezza.
Poi è arrivato Veltroni ...
Adesso D'Alema lascia intendere che potrebbe ritornare lì, al partito del
socialismo europeo, però come ritorsione.
Lo chiama PSE, ma è spudoratamente un piano B.
Ora è vero che i percorsi della politica sono spesso tortuosi e
contraddittori, ma io al piano B di D'Alema proprio non mi appassiono.
Abbiamo già dato !
Tuttavia, nonostante le delusioni patite, non sono convinto che l'unica via
di uscita da questo eterno ritorno del sempre uguale sia la scomparsa di una
generazione.
Anzi, devo dire che i migliori interlocutori che abbiamo trovato sul nostro
cammino sono gloriosi compagni del Pci della vecchia guardia. Giorgio
Napolitano, Emanuele Macaluso, Lanfranco Turci ...
Mille volte meglio dei cinici "Compagni di scuola" (Compagni di scuola -
Ascesa e declino dei postcomunisti: è il titolo dell'imperdibile pamphlet di
Andrea Romano, 2008 Mondadori) che sono venuti dopo: D'Alema, Fassino,
Veltroni e C..

Luciano Belli Paci



salvatore ha detto...

Io concordo pienamente con l'intervento di Luigi Fasce. Per quel che
può valere il mio punto di vista, gli errori di pretesa dell'egemonia
a sinistra del PCI ci sono stati e li stiamo tuttora pagando, ma li ha
pagati non solo il PSI, ma anche la nuova sinistra degli anni 70, e
adesso rischia di pagarli SEL, che firmando la carta di intenti
rischia di legarsi mani e piedi in un progetto che non è affatto detto
sia in linea con un progetto socialista democratico.

Tuttavia, come ha anche scritto in modo molto bello e diretto Guido
Martinotti, siamo stati tutti ideologi sbagliati, e spesso anche da
parte del PSI sono stati commessi errori di valutazione. Ad esempio,
nella contingenza del '21, e con il fascismo alle porte, sicuramente
fu sbagliato che Gramsci e Bordiga (e, non dimentichiamo, anche i
massimalisti, che contribuirono alla fuoriuscita di Turati, altra
scissione spesso dimenticata) frantumassero quello che poteva essere
un fronte valido per contrastare l'ascesa della dittatura, ma quale
alternativa veniva proposta?

Adesso, storicamente parlando, stiamo vivendo un momento storico che
presenta preoccupanti tratti in comune con il periodo successivo alla
prima guerra mondiale in Italia e in Germania, in termini di disagio
per le parti più povere della popolazione e di legittimazione e
credibilità delle forze politiche e delle istituzioni in genere.
Stando così le cose più che riflettere sulle ragioni delle divisioni e
sugli errori, pure gravissimi, del gruppo dirigente del PCI nel 1989
(personalmente ritengo la Bolognina un gravissimo errore politico)
sarebbe il caso di interrogarci su come dare una risposta socialista
alle istanze che da tutta europa provengono, e queste devono essere
coraggiose. Ci vuole veramente una inversione ad "U" rispetto
all'accettazione del liberismo e alle poliitiche, come quella di Tony
Blair ma anche dei DS in Italia, che di fatto ne furono subalterne.

Ma a voi non sembra che il fatto che un ex militante di estrema
sinistra, poi confluito nel PCI, come me, si trovi veramente a suo
agio a parlare con voi piuttosto che con i militanti del PD? Io, a
leggere i vostri discorsi, su cui magari non sempre sono d'accordo, mi
sento a casa. Allora questo significa che a sinistra esiste veramente
uno spazio unitario possibile. Perseguitelo, cercate anche con SEL e
con le altre forze a sinistra, in quella galassia frammentata, le
ragioni dell'unità, perchè, ne sono convinto, se un grande e moderno
partito "socialdemocratico dinamico" (mi è piaciuta molto questa
definizione di Martelloni) può ancora nascere in Italia, è dalle
radici del socialismo e non dal PD che può venire fuori

gabriele ha detto...

Caro Guido, per quanto ne so, Vacca è tuttora un fervente togliattiano.
Invece non conoscevo certi aspetti della politica di Lbj. Ai tempi di
suo circolava solo un "libretto rosso" con le raccomandazioni tipo
"spegnere la luce al termine del lavoro" per non consumare troppa
elettricità negli uffici della Casa Bianca. Grazie per il contributo, di
imparare come è noto non si finisce mai.
Quanto alle osservazioni di mio fratello Giovanni su Gramsci, è chiaro
che la sua teoria dell'egemonia è una variante sia pur meno cruenta
della teoria leninista. Osservo però che lo spessore delle cose che ha
scritto in carcere è ben diverso dalle follie ordinoviste torinesi, che
portarono alla occupazione delle fabbriche del 1920 (memorabile in
proposito il film di Monicelli "I compagni").
Il cinismo di Togliatti, che condivise per gran parte la respopnsabilità
dei crimini staliniani, spesso aveva i piedi per terra, come nel '48,
quando alla trionfale telefonata di Pajetta, che gli annunciava
l'avvenuta occupazione della Prefettura di Milano nella famosa "guerra
di Troilo", rispose gelidamente: "Bravi compagni, e adesso cosa ve ne fate?"
Sulla insipienza della politica socialista di quei tempi, il libro di
Giovanni Scirocco sulla politica estera del PSI nel dopoguerra è
esemplare, anche se si ferma troppo presto. Forse andare avanti fino al
1953, anno della morte di Stalin, lo farebbe morire di crepacuore.
Anch'io sono tra quelli che devono fare ammenda per il disprezzo del
temine "socialdemocratico", sia pure con l'attenuante che negli anni
Sessanta il suo partito di Saragat era dominato da Tanassi e dalla sua
"banda del buco", definizione non mia ma del socialdemocratico di destra
Luigi Preti. Putroppo, chi più chi meno, tutti i dirigenti del PSI hanno
qualcosa da farsi perdonare. Lo stesso Lombardi, a parte la presidenza
dei Partigiani della Pace, incorse in qualche sofisma come la
distinzione tra "riformista" e "riformatore". Ma altri, a partire da
Nenni, ebbero responsabilità ben più gravi, anche se ai loro tempi la
parola socialismo non era ancora stata gettata nel bidone del
turpiloquio politico.
A proposito della compravendita di beni alla vigilia del '48, non erano
solo i socialisti a credere nell'imminenza della rivoluzione. Un
ex-funzionario di zona del PCI mi raccontò che poco prima del 18 aprile
il proprietario della sede di partito, terrorizzato dalla prospettiva
della vittoria del Fronte, gli offrì per poche lire l'acquisto
dell'immobile, ma i dirigenti della federazione milanese del PCI gli
risposero: "Ma perché dovremmo spendere dei soldi, quando tutto questo
sarà nostro gratis tra pochi giorni?"
Saluti socialisti a tutti.
Gabriele Baccalini

giovanni s ha detto...

Nel frattempo, andrea Romano è andato ben oltre, diventando il portavoce
di Montezemolo...
Motivo per cui, se mi lasciano perplessi gli abbracci nel nome del PD (e
di Bersani: nell'appello per la sua candidatura troviamo insieme le firme
di Vacca e Tronti...), qualsiasi nuovismo mi fa mettere le mani alla
pistola.
Rileggo quindi sempre con piacere (e qualche profitto) Gramsci e Turati (e
anche Rodolfo Mondolfo: consiglio la lettura dei suoi articoli su Gramsci
del 1955 indovinate dove? Sulla Critica sociale...) e sono d'accordo con
Baccalini (Gabriele), che ringrazio per la citazione del mio libro, con
una precisazione: arriva fino al 1957 e tratta anche dei funerali di
Stalin, con florilegi di citazioni, nenniane e non...
Per il resto, forse dovremmo cominciare a fare qualche ragionamento sulle
prossime elezioni regionali, le uniche su cui possiamo dire qualcosa con
speranza di essere ascoltati...
Un caro saluto a tutti
Giovanni

gabriele ha detto...

Scusami Giovanni (Scirocco) per l'inspiegabile obnubilamento della mia
memoria. Mi ricordavo il finale 7 dell'anno al quale il tuo libro si ferma.
Per un momento, visto che si parlava degli anni '40, ho pensato al 1947,
quando il Premio Stalin a Nenni e la presidenza dei Partigiani della
Pace a Lombardi erano ancora da venire.
Riflettendo su questo banale lapsus, mi viene da pensare che gli errori
del decennio successivo al 1947 furono, se possibile, ancora più gravi.
Un abbraccio.
Gabriele.

lanfranco ha detto...

Eppure non c'è altra via che mettere insieme Gramsci e Turati, ossia
il meglio della tradizione comunista italiana e socialista in un
moderno partito di sinistra e socialista oggi in italia.L'egemonia di
Gramsci non è una perversa tecnica di potere ma una analisi delle
sofisticate vie della ricerca del consenso fuori dal determinismo di
struttura sovrastruttura e dalla brutalità della dittatura di partito.
Anche se credo che in Gramsci questo non abbia mai superato il limite
di una visione organicistica della società.
Caro Francesco quei tuoi immaginari 7 socialisti, cui tu attribuisci
il sentimento" di provare un forte
disagio rispetto al fatto di vivere in un Paese in cui un grande
partito socialista, che esprima in modo forte e chiaro delle
posizioni e una progettualità politica di Sinistra ahimè, non ci sta"
possono realizzare qualcosa solo se si incontrano con chi provenendo
dal Pci prova oggi lo stesso sentimento. E se lo fanno partendo
dall'oggi, unendosi o dividendosi prioritariamente sull'oggi, nel
senso della attuale crisi economica internazionale e delle
responsabilità del neoliberismo, non dal rispettivo "come eravamo".

guido ha detto...

Grazie Gabriele: le parole, le parole!! Ovviamente socialdemocratico era
veramente la banda del buco. Per ragioni di famiglia padrino di matrimonio
di mia moglie è stato Ivan Matteo Lombardo, gran signore con moglie ex
pasionaria socialista, ma quando si parlava di politica e di soldi e di
comunismo veniva fuori vagamente un panorama inquietante. Io credo che
l'anticomunismo sua stato usato per foraggiare un bel po' di persone (vedi
Beruconi) ma originariamente anche grazie al verbi aggio rivoluzionario da
parte di persone che non avevano abbastanza intelligenza da sapere che qui
la rivoluzione non si poteva fare G

luciano ha detto...


Dimenticavo:
"socialdemocrazia dinamica" è una mera tautologia, come muto silenzioso, ragazzo giovane, prostituta di facili costumi ...
La socialdemocrazia è per sua natura revisionista e gradualista.
E' priva di un corpus ideologico dogmatico ed è in perenne divenire: il fine è nulla, il movimento è tutto (Eduard Bernstein).
Nella sua costante opera di adattamento alle mutate condizioni della realtà è incorsa anche in errori e retromarce (Blair mi pare l'esempio più recente), ma non è mai rimasta ferma.
Che Galvano della Volpe attribuisse nel 1968 alla SPD un carattere statico la dice lunga sulla cecità dell'intellighenzia comunista di allora: la socialdemocrazia di Brandt era appena andata al governo nel 1966 in grosse koalition con la CDU, nel 1969 vincerà le elezioni e governerà con i liberali avviando profonde riforme sociali, poi lancerà la ostpolitik ...
Se avesse voluto vedere cosa vi era di incartapecorito nel mondo di allora, forse il buon della Volpe avrebbe potuto dare uno sguardo al di là del Muro ...
Per ciò che riguarda le "colonne d'Ercole del capitalismo", a me pare che persista un equivoco di fondo.
Una cosa è l'economia di mercato (la libera iniziativa) ed un'altra cosa è il dominio di un capitalismo senza regole (il liberismo, l'anarco-individualismo, la "società di mercato").
La socialdemocrazia ha accettato l'economia di mercato. Ed ha fatto bene, visto che l'economia pianificata alla prova dei fatti ha fallito sempre e dovunque.
Le libertà sono tutte solidali, come ammoniva Saragat, se rinunci a una prima o poi perderai anche le altre. Non c'è soppressione della libera iniziativa economica che non si sia portata dietro, con assoluta regolarità, la fine delle libertà civili e politiche.
Nel mondo attuale altri sono gli obiettivi di un socialista democratico.
Imporre regole al capitalismo, governare l'economia indirizzandola a fini sociali, far prevalere la politica sul mercato: questi mi sembrano oggi programmi di straordinaria modernità ed audacia. Molto più di parole d'ordine vacue come "fuoriuscire dal recinto del capitalismo". Per andare dove ?

Luciano Belli Paci

giovanni s ha detto...

Concordo con Lanfranco.
Come spesso ricordava Gaetano Arfè (che ricorderemo il 12 novembre al de
amicis - seguirà invito. Ne approfitto per inviarvi un suo articolo che
tratta, come al solito magistralmente, gli argoemnti di cui abbiamo discusso
in queste settimane), il teorico più coerente dell'egemonia, dopo Gramsci,
fu Giorgio Amendola, che così la definiva: la capacità di guidare gli
alleati e di intimidire gli avversari senza ricorrere al bastone, con la
forza delle idee e le armi della politica.
Quell'Amendola che è stato il maestro di Napolitano e di Macaluso, che così
piacciono a Luciano, e che contemporaneamente è stato uno dei più fedeli
custodi dell'ortodossia e della fedeltà all'Unione sovietica, sbizzarrendosi
anche lui (nel dopoguerra...) in insulti vari a GL... Questo solo per dire
che anche il mondo comunista è stato qualcosa di complesso, molto
complesso...
Un caro saluto
Giovanni

martelloni ha detto...

con buona pace di Belli Paci anche questo suo intervento dimostra come – dal
mio punto di vista – Della Volpe avesse bellamente ragione. Infatti, si parla
di due socialdemocrazie significativamente diverse nella prospettiva storico-
politica e teorica. L'oggi e il domani credo riaprano e terranno aperta la
questione di un socialismo democratico e libertario che sia per davvero
socialismo. Altrimenti si parla di un capitalismo con un tasso più o meno altro
di Welfare – peraltro da anni sempre più problematico. Nessuna argomentazione
"causidica" può mettere le braghe alla storia, o almeno alla grande storia.

lanfranco ha detto...

Scusa , Luciano, ma la fai troppo facile. "Una cosa è l'economia di
mercato (la libera iniziativa) ed un'altra cosa è il dominio di un
capitalismo senza regole (il liberismo, l'anarco-individualismo, la
"società di mercato". L'economia di mercato oggi è il capitalismo, non
conosco economie di mercato nell'età moderna che non siano il
capitalismo, che oggi si esprime col massimo di libertà e anarchismo.
il socialismo può affermarsi solo ponendo dei limiti alla libertà di
mercato, altro che libertà tutte solidali! questo non comporta
necessariamente la soppressione del mercato tout court, ma certo la
assunzione di un ruolo forte dello strumento pubblico nazionale e
internazionale e diversi rapporti di forza fra le classi. Insomma
acquisire l'indirizzo dello sviluppo alla responsabilità politica e
battersi perchè altri interessi sociali informino quella volontà
politica. quanto alla socialdemocrazia dinamica confesso di aver
letto solo ora un ottimo saggio di Nicolao Merker del 1996 sulla
socialdemocrazia tedesca e austriaca fino al nazismo:" Il socialismo
vietato". MI permetto di segnalarlo per chi non lo conoscesse.Utile
anche per capire i limiti di bernstein e dell'austromarxismo, oltre
che naturalmente dei comunisti cui questo libro non indulge per
niente.

felice ha detto...

bisogna distinguere tra l'eredità di un pensiero politico e l'agire politico.
Gramsci in galera non ero lo stesso di Torino e dell'ocupazione delle
fabbriche. Ed anche secondo Mondolfo l'uso di filosofia della prassi per
parlare del marxismo non era solo un espediente per sfuggire alla censura
fascista. In ogni pensiro ci sono parti vive e parti morte e della stessa
egemonia sono possibili diverse letture e tra i suoi discepoli ne sono state
date, p.es. C. Mouffe, una democratica radicale. L'altro ieri mi ha
impressionato più di tanti discorsi di intellettuali una AFFERMAZIONE DI
STAINO, UNO CHE DEL COMUNISTA PCI-PDS-DS-PD è il prototipo. Quando si definisce
usa l'espressione socialdemocratico, una parola che anche socialisti di
sinistra usano in senso negativo. non solo si dice di riconoscersi nella
socialdemocrazia ma di proclamarlo pubblicamente. Staino era in origine un
marxista-leninista gruppettaro.
La nostra sinistra deve essere capace di ricomporre i suoi filoni ideali
storici socialista, comunista e libertario da coniugare con l'ambientalismo, il
femminismoe i movimenti dei diritti civili in genere.
La versione sovietica del comunismo è fallita e ha lasciato, grazie anche alla
nomenklatura che è rimasta la stessa di prima come monopolio del potere e
dell'economia, una società più diseguale che mai. La socialdemocrazia è in
affanno, ma giustamente come ricorda Alaine Turaine se usiamo socialdemocratico
o comunista come insulti, il primo gronda di meno sangue.. Non ha raggiunto
tutti i suoi obiettivi ma è ancora l'unica risposta possibile ed auspicabile.
Vale sempre più l'alternativa SOCIALISMO o BARBARIE.Di questo vorrei convincere
tuttin e non solo quelli che erano socialisti daall'origine. Se non si è
socialisti si può diventarlo. Se si è stati socialisti si può cessare di
esserlo. Non ci fosse questa speranza missionaria sarebbe meglio chiudere
baracca e burattini, per dignità prima che ci pensi la grande livellatrice

felice ha detto...

Anch'io son per bersani e contro Renzi, ma ho sempre in mente due masime di
scrittori1 ) Elias Canetti " Il nemico del mio nemico non è mio amico" 2 Maksim
Gorki " Proprio perché sono dalla parte del popolo non gli posso perdonare
tuuto quello che fa" che parafrasato si trasforma in " proprio perché sono
dalla parte di Bersani non posso perdonare tutto quello che fanno i suoi
sostenitori". Con questo ho fatto outing per BErsani fin dal primo turno una
decisione maturata dopo l'effetto Serra

felice ha detto...

Una discusiine socialdemocratica dovrebbe entrare nel merito dei problemi e non
contrapporre formule alternative che a ben guardare, alternative non sono. Per
esperienza familiare conosco un mercato quello generale di Milano, che non sono
lesHalles di Parigi( Le nomino perché dal suo funzionamento è stata tratta una
teoria economica quella dell'hallesismo). Un mercato concreto e non quello
astratto degli economisti, è un luogo fisico dove gli operatori sono soggetti
autorizzati e soggetti ad un regolamento di mercato( non sempre rispettato, ma
questo è altro problema) e i prezzi variano in continuazione. Persino la Borsa
è un mercato regolamentato. L'accettazione del mercato è esclusivamente il
rifiuto di un'economia pianificata. Il capitalismo agisce in un'economia di
mercato ma non è lo stesso se ci sono controlli o non ci sono, se si consente
la formazione di monopoli od oligopoli, che sono la negazione del mercato. Una
programmazione non è incompatibile con il mercato, anzi lo aiuta. Se ci sono
programmi decennali di investimento pubblico in settori come la ricerca e
l'istruzione piuttosto che in altri consente il sorgere di iniziative private
La programmazione delle foreste finlandesi è addirittura di 100 anni e dettata
da organi pubblici e con controlli severi, l'industria della cellulosa e di
bioenergia possono essere private e in concorrenza tra loro. I poteri pubblici
possono ance sottrarre al mercato, ma non a criteri di efficienza ed efficacia
alcuni beni o attività. E' una scelta politica stabilire che chiunque possa
accedere ad un pronto soccorso, che esista un scuola pubblica gratuita. Con la
tassazione si possono fare politiche redistributive fino a decidere che un
certo numero di cittadini sia a carico integrale della pubblica
amministrazione. Geremek ha illustrato come fosse stato un fattore di sviluppo
dell'Europa la creazione di ospizi per i poveri, rispetto ad impiegarli in
corvé. Il controllo è relativamente facile quando l'economia è territoriale. LA
GLOBALIZZAZIONE E LA FINANZIARIZZAZIONE DELL'ECONOMIA RENDONO IL CONTROLLO
PROBLEMATICO SE NON IMPOSSIBILE IN QUEL MONDO SONO SORTI STRUMENTI AL DI FUORI
DI OGNI REGOLA COME I DERIVATI DOVE NON C'E' UN MERCATO SOGGETTO A REGOLE.,
ABBIAMO APPRESO CHE UN GRUPPO DI SOGGETTI DETERMINAVA IL LIBOR AL DI FUORI DI
OGNI MERCATO