venerdì 3 agosto 2012

Vittorio Melandri: Il capitalismo che ci sta umiliando

“Il capitalismo che ci sta umiliando non è eterno”



Lo sostiene con ragione Valentino Parlato, e a supporto, semmai ce ne possa essere necessità, chiamo a testimoniare Hans Magnus Enzensberger, che subito all’inizio del suo saggio “Zig zag” (Einaudi 1999) fra l’altro scrive:



“Nessuna conquista dell’età moderna è esente dal pericolo di potere, improvvisamente, dissolversi nel nulla; vi sono territori nei quali è scomparso addirittura lo Stato quale quintessenza dell’ordine.”



Poiché però in natura, almeno quella abitata dalla nostra specie, il vuoto non esiste, e tanto meno in “politica”, se anche il “capitalismo” sparisse improvvisamente, qualcosa al suo posto si instaurerebbe, e senza una “sorta di rivoluzione culturale e sociale” ancora invocata dal compagno Parlato, è difficile poter credere che il “sostituto” rinuncerebbe alla conveniente “prerogativa” di umiliare il tanto osannato, a parole, scritte e parlate, popolo.



Nello stesso giorno in cui Parlato rispondeva ai Circoli e a noi lettori, il manifesto del 2 agosto ci offriva copia di una sua prima pagina del 3 agosto 1980, in cui Luigi Pintor, a conclusione del suo editoriale dettato dalla “strage di Bologna” del giorno prima, affermava:



“… qualcuno vuol cambiare in peggio: forse è tutto qui. E noi non ci interrogheremo mai abbastanza su quel che c’è invece da fare, e che a noi spetta di fare, per cambiare in meglio e possibilmente subito, presto, in fretta.”



Abbinando le parole di Parlato a quelle di Pintor, separate da 32 anni, si coglie amaramente quanto siano passati invano, per la “sinistra” italiana.



Una sinistra da un lato caratterizzata da chi ancora qualche mese or sono spiegava quanto sia ormai una parola senza significato, dall’altro da chi risolve fondamentali ragioni di identità appiccicando aggettivi qualificativi prima di qualificare alcunché, e trasformando a tutti gli effetti tutto ciò che può a ragione anche essere radicale, in velleitario.



Ultimo amarissimo tassello di tale vicenda, l’incontro fra Bersani e Vendola seguito dalla solita teoria di precisazioni e smentite, che non precisano e non smentiscono proprio niente, salvo ancora una volta esaltare una assenza, quella di una “sobria ragion laica” (rubo il lessico al prof. Cordero), capace di portare a sintesi diversità che anziché essere motivo di orgoglio, costituiscono il pantano in cui la sinistra italiana da sempre si infogna.



Forse sarebbe il caso a sinistra di ripartire almeno da una onesta ammissione, ed usando le parole del “dirigente”, cui in “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” ha prestato magistralmente voce e volto Gian Maria Volonté, dichiarare apertamente al popolo: “sei minorenne”!



E noi classe dirigente della sinistra, “Noi (che) siamo da secoli/Calpesti, derisi,/Perché non siam popolo,/Perché siam divisi” siamo però la classe dirigente cui tu popolo ti puoi affidare, per cominciare finalmente a crescere, e chissà, prima che siano passati altri 32 anni, arrivare finalmente a scorgere la maggiore età.



Certo servirebbe una classe dirigente meno catafratta nelle proprie prerogative, meno affezionata alle proprie guarentigie, più umile e ad un tempo più orgogliosa delle proprie capacità, ben disposta a metterle in campo senza infingimenti e falsi pudori (alias false riservatezze), e forse proprio questa è la massima utopia immaginabile, perché una simile classe dirigente deve ancora nascere in Italia, e nel frattempo, il capitalismo che non è eterno continuerà ancora a lungo ad umiliarci, noi che siamo da secoli calpesti e derisi, perché siam divisi e perché se anche siam popolo … anche senza rima…. siamo ancora un popolo minorenne.

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